Berlusconi
Il "Bau Bau " del
golpe
Ci risiamo con la teoria del complotto. Questa volta è toccato a Berlusconi ricorrervi. Il quale senza mezzi termini ha parlato addirittura di un pericoloso tentativo di golpe contro di lui.
Non possiamo perciò non dire la nostra. La prendiamo però
da lontano. Perché al di là di qualsiasi ragionamento sul “complottismo” di Berlusconi,
sul quale torneremo nelle conclusioni, riteniamo importante proporre una
riflessione generale sulla questione.
In primo luogo, l’idea cospirativa, in quanto compiuta o totale (nel senso che la sua vaghezza la rende inconfutabile) colpisce l’immaginazione collettiva perché indica il nemico ( l’opposizione, i comunisti, i fascisti, i massoni, eccetera). E’ un esempio classico di idea-forza. Che accresce la coesione intorno alla persona (o al gruppo sociale) vittima del presunto complotto. E per contro rafforza pure la compattezza di coloro che ne siano eventualmente ritenuti autori. La teoria cospirativa è conflittuale per eccellenza: unisce e divide a un tempo.
In secondo luogo, l’idea di complotto, ha una funzione, in qualche modo, socialmente esplicativa: rende chiaro quel che a prima vista appare incomprensibile e rassicura, "attribuendo" le eventuali colpe. Basti ricordare che le interpretazioni complottistiche della rivoluzione francese, furono dovute al fatto che molti monarchici continuarono per anni a ritenere inaudito il crollo improvviso di un antico regno europeo: non credevano ai loro occhi. Cosicché l’attribuzione della caduta alle trame massoniche svolse una funzione esplicativa e, tutto sommato, di rassicurazione emotiva e politica nei riguardi del mondo aristocratico. Che poteva auto-assolversi e così puntare sul suo riscatto sociale e storico.
Il complottismo, in certo qual modo, è una scorciatoia emotiva. Semplificando: è il "Bau Bau", entità senza una definizione ed un contorno immaginabili, che serve a tenere buono un "popolo bambino".
In primo luogo, l’idea cospirativa, in quanto compiuta o totale (nel senso che la sua vaghezza la rende inconfutabile) colpisce l’immaginazione collettiva perché indica il nemico ( l’opposizione, i comunisti, i fascisti, i massoni, eccetera). E’ un esempio classico di idea-forza. Che accresce la coesione intorno alla persona (o al gruppo sociale) vittima del presunto complotto. E per contro rafforza pure la compattezza di coloro che ne siano eventualmente ritenuti autori. La teoria cospirativa è conflittuale per eccellenza: unisce e divide a un tempo.
In secondo luogo, l’idea di complotto, ha una funzione, in qualche modo, socialmente esplicativa: rende chiaro quel che a prima vista appare incomprensibile e rassicura, "attribuendo" le eventuali colpe. Basti ricordare che le interpretazioni complottistiche della rivoluzione francese, furono dovute al fatto che molti monarchici continuarono per anni a ritenere inaudito il crollo improvviso di un antico regno europeo: non credevano ai loro occhi. Cosicché l’attribuzione della caduta alle trame massoniche svolse una funzione esplicativa e, tutto sommato, di rassicurazione emotiva e politica nei riguardi del mondo aristocratico. Che poteva auto-assolversi e così puntare sul suo riscatto sociale e storico.
Il complottismo, in certo qual modo, è una scorciatoia emotiva. Semplificando: è il "Bau Bau", entità senza una definizione ed un contorno immaginabili, che serve a tenere buono un "popolo bambino".
Sul piano personale non escludiamo che gruppi di persone
possano "complottare", eccetera... Ma ci limitiamo a constatare
empiricamente la presenza, fra gli uomini, del cosiddetto istinto delle combinazioni
(per dirla con il vecchio Pareto), che implica, nel caso, due tipi di azioni
sociali : “fare complotti” e “scorgere complotti”. Sulla predominanza dell'una
o dell'altra azione sociale decide la “concezione del mondo” degli attori
sociali e degli osservatori. E quindi il modo di concepire il senso delle
azioni umane.
Da buoni lettori di Guerra e Pace, crediamo che
in ultima istanza, come capitava ai generali di Tolstoj, sia facile organizzare
una strategia, ma difficile condurla a termine. Perché una battaglia si svolge
spesso in modo casuale. il che non significa che non si possa vincerla. E lo
stesso vale – crediamo – per i complotti: l'uomo propone, il caso dispone... Di
qui, il nostro ripiegamento sull'analisi, empiricamente più appagante, del perché
si “scorgono complotti". E, in questo caso, di rispondere alla domanda
perché Berlusconi “scorge complotti”.
A questo punto dovrebbe perciò essere chiaro come il perché sia nella volontà
berlusconiana di ricompattare la maggioranza, discreditare l’opposizione e
rassicurare gli elettori. E probabilmente anche se stesso.
Ma si tratta di una scelta - una specie di "richiamo della foresta" - che fa male alla democrazia, soprattutto se intesa come appello alla ragionevolezza, al rispetto dell’avversario e delle regole.
Rispetto che non è il forte del Cavaliere. Di qui il suo complottismo. E visto che vi si presta anche l’opposizione (si pensi all’intervista “sulle scosse” di D’Alema), si tratta di un "vizio" collettivo, tipico di una democrazia immatura. Ancora bambina, purtroppo.
Ma si tratta di una scelta - una specie di "richiamo della foresta" - che fa male alla democrazia, soprattutto se intesa come appello alla ragionevolezza, al rispetto dell’avversario e delle regole.
Rispetto che non è il forte del Cavaliere. Di qui il suo complottismo. E visto che vi si presta anche l’opposizione (si pensi all’intervista “sulle scosse” di D’Alema), si tratta di un "vizio" collettivo, tipico di una democrazia immatura. Ancora bambina, purtroppo.
Carlo Gambescia
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