lunedì 2 marzo 2009

Ancora qualche chiarimento 
sul mio no 
all' Appello di Movimento Zero



Una discussione da mega-condominio "mediatico".

La mia presa di posizione pubblica sull'Appello di MZ ha suscitato numerosi interventi, di valore diseguale, qui e sul Forum di Comedonchisciotte. Ma ha evidenziato anche il deludente silenzio di alcune persone - tranne una - conosciute in Rete, che ritenevo sensibili e comunque vicine, al di là di episodici contrasti, per aver condiviso per un certo periodo un progetto comune. E purtroppo anche di altre persone conosciute e frequentate nella vita reale, ma presenti, e spesso in full position, anche nella blogosfera. Ne prendo atto.
Colgo l'occasione per ringraziare ancora una volta gli amici gestori di Comedonchisciotte, per la grande attenzione verso i miei scritti "blogosferici".
Volendo dare un giudizio complessivo sulla "resa" fin qui del dibattito, dispiace dirlo, ma se ne potrebbe parlare come di una gigantesca e confusionaria rissa, degna di una riunione da mega-condominio "mediatico". Dove a un certo punto, poiché tutti urlano e strepitano, non si capisce più nulla. E dove però - ecco la differenza, in peggio, con la vita reale - i partecipanti possono mantenere l'anonimato e insultare, anche ferocemente e senza alcuna apparente ragione, se non quella di offendere gli interlocutori. E violando così qualsiasi regola del più normale vivere civile . L'impressione, forse più banale, è quella di una guerra tra poveri. Poveri di dentro. Una sorta di Lumpenproletariat , ma nell'anima, blogosferico.
Perciò, come in qualsiasi altra riunione di condominio, sono venuti fuori anche in questa, ma moltiplicati per mille da un vile anonimato, rancori apparentemente inspiegabili. Ma è anche affiorato un composito insieme di figure umane virtuali che sarebbe un peccato non ricordare: il peronista all'Amatriciana; l'ultimo comunista marsicano, il nazista incorreggibile, che sembra appena uscito da The Producer; il Pippo Franco delle-tre-emme; quello che non ha mai letto un libro ma ha "tanto senso pratico"; quello che ne ha letto uno; quello che ne ha letto mezzo; il mazziere per natura; il mazziere per scelta; il mazziere di complemento; i Lexotan-dipendenti; i Prozac-dipendenti; quelli rapiti dagli alieni; il complottista a tempo pieno; quello che "odia l'umanità"; quello che un suo amico che lavora in banca gli ha detto che...; eccetera. Insomma, è la Rete bellezza... E mi ci metto anch'io, come metapolitico mai in ferie... O come si dice, un po' volgarmente, dalle mie parti, che non sputa mai... (qualche "malevolo", potrebbe aggiungere, "tra una sentenza e l'altra...").
Ma, per tornare al dibattito, si tratta di figure, figurine e di qualche potenziale figuro, che a riflettere bene, tutte insieme (livorosi inclusi), possono essere ricondotte in termini di causalità sociale al tipo di vita, culturalmente deprivata, che questa società sensista impone ingiustamente a tante, troppe persone. Il che spinge a perdonare e qualche volta sorridere, ma con rispetto, perché in fondo si tratta, soprattutto nei "casi più gravi" , io sono ancora curabile ;-), di persone socialmente deprivate - e qui non sto scherzando - che non sanno quello che fanno. Le stramberie di comportamento e argomentazione spesso nascondono richieste di aiuto da parte delle persone. E sarebbe grave errore voltare loro le spalle (o peggio riderne, e basta).
Entro i limiti dell' umana sopportazione, ovviamente. Mi chiamo Carlo, non San Carlo.
E, in effetti, sul piano verbale talvolta si è passato il segno (si vedano alcuni commenti apparsi tra sabato e domenica su questo blog e su Comedonchisciotte): chi scrive è stato liquidato con epiteti, in crescendo, come "intellettuale salottiero" "uomo inquietante" , "sionista", "sabotatore", "servo delle banche", per non parlare di altre espressioni irriferibili e comunque a dir poco disdicevoli per chi le ha pronunciate.
Insulti che proprio perché tali non vanno cancellati dai commenti. Ma devono comunque restare a futura (micro-)memoria di una grande verità: di come un sistema sociale ed economico come quello capitalistico-sensistico, pur avanzatissimo sotto il profilo tecnologico al punto di permettere (e questo è un suo merito) a persone socialmente e culturamente eterogenee di comunicarsi idee in tempo reale, al tempo stesso le deprivi (e questo è un suo demerito), nella vita quotidiana, socialmente e culturalmente, fino al punto di (ri-)attivarne, accrescendola e "patologizzandola", la naturale (o fisiologica) aggressività. Che, per fortuna, nel nostro caso è puramente verbale. Che però - attenzione - è sempre lì, pronta a tracimare, rischiando di trasformarsi in "fattuale", come mostra la terribile storia del Novecento: il secolo del capitale oligopolistico per eccellenza. Ma anche dei suoi nemici. Spesso altrettanto feroci. Ma quest'ultima è un'altra storia.
Il che significa, probabilmente, che la tecnica e la civiltà quale rispetto dell' Altro, sono due rette parallele destinate a non incontrarsi mai. Se non all'infinito, in un altro mondo.
Oggi si può avere una casa piena di gadget audiovisivi e telematici e al tempo stesso rispondere a quel richiamo animalesco della foresta capitalistica, che tanto ricorda le grida e i gesti convenzionali degli operatori di Wall Street. Una jungla, quella della società attuale, dove ci si deve inoltrare tutti i giorni indossando quella maschera, o meglio corazza, di cattiveria ed egoismo, che certo capitalismo quotidiano, fatto di sopraffazioni, piccole e grandi, a tutti i livelli, costringe ad indossare, volenti o nolenti, facendola apparire normale e socialmente accettabile. Ed è difficile levarsela una volta tornati tra le mura domestiche. Anche, o forse soprattutto, dopo che ci si sia seduti davanti allo schermo luminoso del computer, capace però di garantire quell'anonimia da uomo-folla, spesso in grado di coprire quella ferocia, tipica di certi fenomeni di folla, anche in Rete... E questa sarebbe una chiave interessante per studiare i fenomeni dei Forum politici su internet, come fenomeni di folla, secondo la lezione di Gustave Le Bon. Ma non è il momento.
Ma capire e spiegare un fenomeno sociale non significa giustificarlo o subirne le conseguenze passivamente (* cfr. nota in fondo alla pagina).
L'uso sistematico della violenza verbale, assai diffuso in Rete, mi ha spinto altre volte a fare considerazioni amare sulle potenzialità di dibattito (costruttivo) all'interno della Blogosfera. Inutile perciò ritornarvi sopra .

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Pubblico il mio intervento "ulteriore" apparso ieri su Comedonchisciotte: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5634 (** cfr. nota in fondo alla pagina).
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Qualche riflessione ulteriore per gli amici commentatori di Donchisciotte
Innanzitutto ringrazio gli amici di Comedonchisciotte per l’attenzione. In particolare Davide. E anche i commentatori. Grazie per il tempo che mi avete dedicato. Credo però, e dispiace dirlo, che pochi interlocutori abbiano capito il senso del mio post. Che non riguarda la critica teorica del signoraggio (che pur conosco e apprezzo) quanto le sue possibili articolazioni sociali e politiche.
Ma procediamo per gradi.
Tre premesse.
La prima è di “metodo (di discussione)”. E riguarda alcuni miei interlocutori. Ai quali consiglio, per il futuro, di evitare di ricorrere nelle argomentazioni a quel "Dire no a questo Appello significa essere servi, eccetera". Perché è una sottospecie dell'argumentum ad hominem. Tipico di una certa logica totalitaria. E francamente mi lascia perplesso, perché rivela in chi l'avanza, oltre a certo disprezzo verso l’ interlocutore, l'assoluta (e pericolosa) sicurezza sulla direzione (ovviamente giusta) della Storia Umana, con le iniziali maiuscole.
La seconda premessa concerne il mio sforzo (metapolitico non politico, la differenza è importante...). Che è appunto quello di far riflettere i lettori sulle questioni di fondo. E poi di ragionare pacatamente sui pro e i contro. Ovviamente dal mio punto di vista, sociologico. Io non sono un militante con la bava alla bocca… E neppure voglio che mi sia dia ragione per forza, ci mancherebbe altro. Ma chiedo semplicemente che si rifletta senza pregiudizi di sorta su quel che scrivo. Stare in Rete, per me, è una possibilità in più di libertà intellettuale. Se volete: un supplemento di intelligente dolcezza. Sarebbe perciò bello, sulla Rete, riuscire a ragionare, senza maschere, cercando per quanto umanamente possibile di avvicinarsi alla verità (con la minuscola s'intende).
La terza premessa, è che l'onestà e le capacità intellettuali del gruppo di MZ sono fuori discussione. Magari, oggi in Italia, ce ne fossero di uomini e donne così preparati e motivati come gli amici di MZ. Però proprio perché amici “pubblici” certe cose dobbiamo dircele in pubblico :-) . Per, e si chiude il cerchio, far ragionare e "crescere" le persone che ci leggono. E non spingerle verso l’avventurismo sociale o il leninismo da strapazzo.
E questo spiega perché ho accettato con piacere di collaborare a “La Voce del Ribelle”. Anche perché su argomenti come la necessità del predominio della politica sull’ economia c'è completa sintonia di fondo. E' su gli accenti, soprattutto sociologici, che invece si potrebbe ragionare di più con gli amici di MZ. Come, ad esempio, sul famoso problema dei tempi e modi della transizione sociale e politica dal “vecchio” al “nuovo” sistema economico-sociale... Certo, forse intellettualizzo troppo. Ma questo è il mio mestiere: sono metapolitico :-) Ma vengo al punto.
Come ho già detto, il problema che a me interessa, non è quello specifico della teoria del signoraggio (come per qualsiasi altra teoria economica) ma di come tradurre politicamente e socialmente la sua lezione. Possibilmente in modo indolore e rispettoso delle libertà di tutti. Ad esempio, gli amici di Comedonchisciotte credono che i "poteri forti”, rimarrebbero buoni davanti alla conquista del Nuovo Palazzo d'Inverno della Banca d'Italia da parte del popolo? Io credo di no.
Ecco, io ho trovato l'Appello di MZ debole sotto l'aspetto dello studio della transizione da una società usurocratica a un'altra non usurocratica (uso questi termini che forse piacciono di più...).Per portare a termine un processo di transizione non basta la bontà dell’idea in cui si crede, magari tradotta in una legge votata a maggioranza. Perché sullo sfondo resterebbero i quadri sociali organizzativi e culturali pre-esistenti. Capaci di suscitare crescenti conflitti politici, sul cui fuoco soffierebbero i “poteri forti”. Soprattutto quando sono in gioco fattori decisi come il controllo politico della moneta.
E queste cose bisogna dirle alla gente e soprattutto prevederle: ecco l'importanza di lavorare intorno a una teoria sociale e politica della transizione. Da tradurre in seguito, come alcuni ritengono, in programma politico per coloro che ci staranno. Ma questa per il momento è un’altra storia. Ripetiamo, non basta dire abbiamo ragione: “La nostra teoria è vera”, “La Storia è dalla nostra parte”. Perché il potere tende sempre a ricostituirsi: chi dice società, dice organizzazione, e chi dice organizzazione dice stratificazione sociale e soprattutto politica. E quanto più la lotta per la conquista del potere si fa dura, tanto più la libertà è a rischio. E tanto più il potere ricostituito dello Stato, grazie anche alla situazione di emergenza sociale, come mostra ad esempio l'iter delle rivoluzioni francese e russa, tende a monopolizzare tutto. Con il rischio, soprattutto per i più deboli, di passare dalla padella del privato nella brace del pubblico. Si sta meglio, si sta peggio? Mah, le guerre civili sono sempre brutte. E lunghe e feroci.
Perciò si deve prendere atto della necessità di collegare la teoria economica, ad esempio di un Auriti, a una teoria sociale e politica della transizione, capace di evitare l'inasprimento del conflitti e quelle possibili svolte autoritarie che segnano i processi rivoluzionari, o comunque di costruzione di nuove forme sociali. Come quelle rappresentate da una "società antiusurocratica”.
D'accordo, capisco pure che un Appello non possa avere la stessa "sostanza" del Capitale di Marx... E che debba rispondere a criteri di sinteticità.
Però - ecco il punto (ed è una cosa che alcuni miei interlocutori, soprattutto i più infervorati, mostrano di non capire, cercando di convincermi a tutti i costi della bontà della teoria del signoraggio, e quindi di sfondare una porta aperta: spesso da costoro mi separa il "metodo" di analisi...) - non basta, ripetiamo, che le idee siano giuste ed esposte in modo elegante e sintetico, serve una teoria sociale e politica capace di sostanziarle, cui magari far solo cenno nel documento per poi approfondirla, in altre sedi, nei termini di costruzione, scendendo dalle vette della metapolitica, di una pratica politica, frutto però di una conoscenza delle "costanti politiche e sociali". E dunque della metapolitica. E chi mi segue sul blog e in altri sedi conosce il mio impegno di approfondimento metapolitico e sociologico.
Del resto questo posso fare: il mio lavoro non è il rivoluzionario, o peggio l’arruffapopoli. E al sociologo, di e per mestiere, interessa soprattutto la ricaduta sociale delle idee (dalla metapolitica alla politica) e la connessione - semplificando - di queste idee con i quadri sociali organizzativi. E - cosa più importante - con la libertà di tutti. Il problema di questa società è certamente l'usurocrazia. Ma il problema più grande, che include il primo, per dirla con il vecchio Sorokin, è quello del sensismo, come forma di mentalità. Che a sua volta implica, valori, comportamenti e atteggiamenti. Duri da cambiare... Soprattutto in termini di regolazione e organizzazione sociali. “Roba” da sociologi appunto. E non ( o almeno non solo) da tecnici della moneta.
Insomma, la strada è in salita, e ridurre la questione solo ai suoi aspetti monetari, rischia di rendere tutto più difficile. Mi si dirà: la situazione è grave e bisogna pur cominciare da qualche parte. Certo, ma se insieme alle pance anche le teste sono vuote o non funzionano, si rischia di incappare in tempi veramente brutti. Probabilmente feroci. Buoni per i leoni e non per le pecorelle (che sono la maggioranza). E la forza bruta non è mai amica della giustizia.
Grazie per avermi seguito fin qui.
Carlo Gambescia
NOTE

(*) Come i lettori abituali sanno non rispondo ai commenti incivili (pur non cancellandoli) e a quelli anonimi. Ma d'ora in poi non risponderò più neppure a quelli siglati con nickname o con il solo nome di battesimo. E' una questione di lealtà: il fatto che l'amministratore si firmi regolarmente con nome e cognome, e che dunque sia legalmente individuabile, impone che per lealtà e reciprocità di comportamento, i commentatori si assumano la stessa responsabilità di firmarsi con nome e cognome, per divenire a loro volta individuabili dal punto di vista legale. Eventualmente, se proprio indispensabile, il commento verrà inserito dall'amministratore, cioè da me, con la dicitura " firmato", preceduta dal nickname o dal nome di battesimo. Ma questa esigenza di anonimato, dovrà essere esposta e giustificata inviando una e-mail a carlo.gambescia@yahoo.it . Sono esclusi, da questo iter, gli "amici di Nick", già conosciuti in privato e persino nella "vita reale", e ormai da anni frequentatori di questo blog. Tutte persone civili ed educate che con i loro commenti, anche critici e comunque mai cortigiani , impreziosiscono il blog.

(**) I lettori che siano interessati alle mie riflessioni sul denaro, per una anticipazione, possono leggere qui: http://209.85.129.132/search?q=cache:zIEM_fXHXSgJ:www.metabasis.it/3/reti/articologambescia.pdf+carlo+gambescia+%2B+denaro+%2B+metabasis&hl=it&ct=clnk&cd=1&gl=it . Mentre sul signoraggio qui: http://209.85.129.132/search?q=cache:EGLLPTIFru0J:www.passarealbosco.it/index.php%3Foption%3Dcom_content%26task%3Dview%26id%3D57%26Itemid%3D21+carlo+gambescia+%2B+signoraggio&hl=it&ct=clnk&cd=18&gl=it . Infine, vincendo, come i lettori affezionati ben sanno, la mia ritrosia verso l' autopromozione, invito alla lettura di questo: http://www.tilsafe.com/libit/LDO-890-SS/Dove+va+la+politica%3F.html , oppure qui http://www.lankelot.eu/index.php/2008/12/24/gambescia-carlo-dove-va-la-politica/. Testo, dove si parla anche di signoraggio. Grazie dell'attenzione.

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