martedì 29 novembre 2005


Il problema dell'acqua




In un interessante articolo apparso sul "Manifesto" del 25-11-05, a firma G.Ra (Guglielmo Ragozzino), si segnala il pericolo che anche in Italia la proprietà dell'acqua ufficalmente pubblica, si possa trasformare in privata, soprattutto in termini di gestione pratica.
Perché? Dal 1994, quindi da dieci anni, la "mappa" dell' acqua italiana è stata ridisegnata ( sono state create 91 zone, sulla base di una siglia tecnica denominata ATO - Ambito Territoriale Ottimale) , aprendo gradualmente ai privati, sul piano locale.
Al luglio 2004 risultava che su 38 ATO, fino a quel momento costituite: 24 erano pubblico-private e 13 interamente pubbliche. Il vero problema, è che con l'ingresso dei privati, si rischia di trasformare l'acqua in merce, per giunta rara, e di conseguenza, di considerarla non un bene comune, quale è da sempre , ma un prodotto da porre sul mercato a pagamento. E che quindi richiede investimenti, migliorie, e purtroppo, visto che gli investimenti "privati" vanno sempre recuperati, tariffe elevate che non tutti possono pagare.
Karl Polanyi, sociologo, economista, antropologo, ha scritto che nell'evoluzione del capitalismo c'è un punto di non ritorno, che una volta superato, implica la trasformazione degli uomini e della natura in merci.

Per quello che riguarda l'Occidente il punto di non ritorno è stato superato da tempo, e la commercializzazione dell'acqua, che è un fenomeno non solo italiano, non è che un ulteriore passo in avanti, piaccia o meno,  verso un mondo dove di gratuito e di comunitario non vi sarà più nulla. 

Carlo Gambescia

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