mercoledì 9 ottobre 2024

Che c’ entra Fratelli d’Italia con Rosario Romeo e Adriano Olivetti?

 


Condividiamo la risposta di Giordano Bruno Guerri alla domanda di Corrado Augias (“Lei si sente fascista?): “Più studio il fascismo più mi sento libertario” (*).

Guerri non è un intellettuale banale o conformista. Può essere collocato a destra, ma con cautela. Innanzitutto, perché resta, al di là delle sue varie attività, uno storico indipendente, e per questo giustamente lontano dai birignao accademici. Va però anche detto che il libertarismo in Italia è merce rara, e soprattutto di importazione. E di confusione: Luciano Lanna, direttore responsabile del “Secolo d’Italia” negli anni Duemila, per spianare ideologicamente la strada a Gianfranco Fini, scrisse addirittura un libro sul “fascista libertario”, confondendo Marinetti e D’Annunzio con Bastiat e Spencer.

Perciò Guerri dovrebbe chiarire, spiegare meglio cosa sia per lui il libertarismo. Perché, per dirla alla buona, sembra in fissa per “D’Annunzio”. Libertario di lusso, diciamo, tra gli “stucchi”, per non infierire troppo. Di certo non un Thoreau italiano padre nobile della casetta prefabbricata il legno.

Comunque sia, il libertarismo, in qualche misura riporta al liberalismo. Il tronco è quello: la natura necessaria, come l’ossigeno nell’aria, della libertà individuale. Che il libertarismo rivendica a tutto tondo contro ogni tipo di istituzione, politica, sociale, economica. Però se si va a sfogliare il catalogo di Liberilibri, casa editrice benemerita diciamo, il libertarismo italiano latita, non per colpa dell’editore, il bravissimo Aldo Canovari, scomparso alcuni anni fa, ma per l’assenza di nomi autoctoni importanti, a parte forse Leoni e Ricossa. Purtroppo il problema è che i tardi epigoni, anche italiani, di questo o quel pensatore di area anglofona ( un mondo in cui il libertarismo ha invece salde radici), dal punto di vista della qualità, nulla tolgono nulla aggiungono.

Scriviamo queste cose, perché oggi, quasi fossero d’accordo, su “La Verità e su “Libero”, sono usciti due pezzi, rispettivamente di Marcello Veneziani e Annalisa Terranova:  una rilettura da destra delle figure di Rosario Romeo e Adriano Olivetti. Non siamo ancora all’appello dei caduti, tipo “Camerata Romeo: Presente!”, però…

Romeo fu un grandissimo storico di Cavour, al quale dedicò una biografia tuttora fondamentale. Ma fu anche l’ acuto studioso dell’Italia economica post-unitaria. Siamo davanti a un liberale archico, un realista politico alla Aron. Altissimo livello.

Olivetti, va invece ricordato come uno dei pochi veri imprenditori schumpeteriani, qui in Italia, attentissimo all’innovazione e alla ricaduta sociale e politica delle scelte economiche. Lo si potrebbe definire un liberal-socialista.

La prima cosa che ci siamo chiesti è molto semplice. Che c’entra una una destra, come quella di Fratelli d’Italia, che non ha mai fatto seriamente i conti con il fascismo, con Romeo e Olivetti? Nulla. Certo, possono essere usati, come da copione meloniano, per attaccare la sinistra, che li avrebbe isolati, eccetera, eccetera. Se ci si passa l’espressione, per buttarla in caciara.

Però, se ci atteniamo ai fatti, Romeo, con Croce, vide nel fascismo una incurabile malattia morale, e Olivetti, sulla scia del padre, Camillo, fondatore “della ditta” e socialista riformista, fu antifascista punto e basta

Non si può neppure parlare, sempre per Romeo e Olivetti, di nazionalismo, o sovranismo, parola di moda.

Romeo fu un severissimo giudice dell’avventurismo fascista e per contro un ammiratore della politica estera di raccoglimento politico ed economico dell’ Italia Liberale. Accettava il ruolo dell’interventismo pubblico ma solo nelle fasi iniziali dello sviluppo economico. In qualche misura fu un liberale alla Friedrich List, ma fermamente contrario all’autarchia e alle avventure imperialistiche e imperiali di Crispi e Mussolini.

Olivetti, teorizzò addirittura una specie di pacifica federazione mondiale, andando oltre il concetto di stato nazionale. Scorgeva nell’individuo la persona e riteneva giusto privilegiare l’uomo sociale, come sistema di relazioni (famiglia, comune, impresa, eccetera), rispetto all’uomo economico (votato, secondo alcuni, esclusivamente al profitto). E soprattutto non vedeva nello stato, a differenza del fascismo e di ogni altra forma di statalismo, anche comunista, un’ entità che doveva sempre precedere l’individuo, schiacciandolo.

Per farla breve, diffidenza verso lo stato (Olivetti) o fiducia a termine (Romeo). Quindi quali farfalle andiamo a cercare sotto l’Arco di Tito? (citazione d’autore…).

Concludendo, è vero che non esiste copyright sui pensatori, liberali o meno, perciò Guerri, Veneziani, Terranova, possono tranquillamente giocare alle figurine libertarie e liberali, però è altrettanto vero che il gioco è bello quando dura poco.

E per una semplice ragione, e non parliamo tanto dello smaliziato Guerri: il rischio di cadere nel ridicolo è sempre in agguato.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.la7.it/la-torre-di-babele/video/lei-si-sente-fascista-la-domanda-di-augias-a-giordano-bruno-guerri-30-09-2024-560267 . Nella foto di copertina, da sinistra a destra,  Rosario Romeo e  Adriano Olivetti.

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