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mercoledì 29 settembre 2021
Incidenti sul lavoro. Perché seminare odio sociale?
È proprio vero come si legge che gli incidenti sul lavoro hanno raggiunto un numero di casi inquietante?
Alcuni titoli, dopo le morti degli ultimi giorni, parlano di stragi, contribuendo alla creazione di un clima di paura e di conflitto sociale.
Allora andiamo a vedere i dati.
L’Inail, ente preposto come si dice, fornisce dati dal 1951. Fino al 2010 sono basati sulle denunce accolte, diciamo andate a buon fine. Invece tra il 2010 e oggi, comprendono anche le denunce di morte per infortunio che hanno avuto definizioni amministrativa negativa. Ossia che non sono state ritenute tali.
Nel 1951, settore industria e servizi, furono denunciati all’Inail 540.037 casi, di cui 2.199 mortali. Nel 1954, quindi con un sistema già a regime, 793.349 di cui 2.645 mortali. Dieci anni dopo, 1964, il numero di casi denunciati è di 1.257.470, di cui 3.094 mortali. Dieci anni più tardi, nel 1974, i casi denunciati sono 1.220.430, di cui 2.053 mortali. Ancora dieci anni dopo nel 1984, i casi denunciati sono 770.504, di cui 1.271 mortali.
Si noti, intanto, come tra il 1951 e il 1984 la mortalità si sia quasi dimezzata rispetto a un maggior numero di casi dichiarati. Dieci anni più tardi, nel 2004, i casi denunciati sono 869.439, di cui 1.137, mortali, sempre rispetto al maggior numero di casi dichiarati. Nel 2014, i casi denunciati sono 512.255, di cui 978 mortali (inclusi però, come si diceva, anche i casi non risarcibili) (1).
E nel 2020? Diamo, di nuovo, la parola all’Inail.
«Sono 554.340 – [dato, sorprendente, perché riferito a tutti i settori industria-servizi-agricoltura] gli infortuni sul lavoro denunciati all’Inail nel 2020, in calo del 13,6% rispetto ai 641.638 dell’anno precedente. 1.270 quelli con esito mortale, 181 in più rispetto ai 1.089 del 2019 (+16,6%) »(2)
Come si intuisce, rinunciando, per ora, a comparazioni con i dati europei, che, per quanto più dettagliati, sono consultabili a partire dal 2007-2008, e quindi inutilizzabili per confronti sul trend storico 1951-2020 (3). Dicevamo, come si può intuire, la mortalità sul lavoro, per i settori industria e servizi tra il 1951 e il 2020 si è ridotta della metà: è passata da 2.199 casi mortali a 1270, in presenza di un maggior numero di denunce (da 540.037 a 554.340 (inclusive, dal 2010 rispetto a quelle del 1951, dei casi di infortunio mortale con definizione negativa).
Va detto, per inciso, che il trend del settore agricolo ha più o meno le stesse caratteristiche, ma con un numero di addetti decrescente. Per contro, per industria e servizi, vale in contrario il numero, pur in fasi differenti, è crescente. Ecco alcuni dati occupazionali per settore, anno 2015, per farsi un’idea in termini di grandi numeri, tra il numero degli occupati per settori e numero degli infortuni mortali. I dati sono tratti da una sintesi Istat: agricoltura (843.000); industria (5.976) servizi (15.646) (4).
Ora, a fronte di questi numeri, e con il massimo rispetto per le vittime, perché parlare di stragi? Tra il 1951 e il 2020 la sicurezza sul lavoro è progredita in modo straordinario.
Certo, le cifre delle vittime non sono pari zero. E forse mai lo saranno, ma per inafferrabili ragioni legate alla natura umana, extrasociologiche, che riguardano imprenditori e lavoratori, come l’avventatezza e la temerarietà, la pigrizia e l’avidità.
Il che, ovviamente, non significa, che la legislazione sulla sicurezza sul lavoro sia inutile. Anzi, come abbiamo visto è utilissima.
Concludendo, se le cose stanno così, perché seminare l’odio sociale?
(Carlo Gambescia) P.S. Ci scusiamo per la formattazione. Ma purtroppo per il momento meglio di così...
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(1) Inail, pagina dedicata Tav. 2: https://www.inail.it/cs/internet/attivita/dati-e-statistiche/statistiche-storiche/casi-denunciati.html
***(2) Inail, pagina dedicata con tabelle all’interno:https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/news-ed-eventi/news/news-dati-inail-infortuni-malattie-professionali-2020.html
***(3) Inail, pagina dedicata, con tabelle: https://www.inail.it/cs/internet/attivita/dati-e-statistiche/statistiche-europee.html
***(4) Si veda qui, p. 27: https://www4.istat.it/it/files/2016/12/6-lavoro.pdf
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