martedì 1 settembre 2020

Maurizio Sbordoni e Stocazzo Editore
 Divagazioni sociologiche  sull’editoria a chilometro zero


Ieri ho chiesto l’amicizia a Maurizio Sbordoni, romano,  dottore in economia,  con un cognome importante nel settore delle costruzioni.  Perché  l’ho “aggiunto” (prontamente corrisposto: ancora grazie…)  ai miei amici Fb?  Per una ragione semplicissima: è il padre fondatore di Stocazzo Editore (*). Sì Stocazzo....  Ma il mio interesse, come vedremo,  non  è  di natura lessicale.   In me è invece scattata la curiosità del sociologo per il "progetto". 
Preciso, che  fino a ieri non  sapevo nulla di Maurizio Sbordoni, scrittore da almeno venticiquemila copie,  fattosi  editore,  così come ignoravo l'esistenza delle Edizioni Stocazzo.
Allora?  Al di là del bizzarro nome della casa editrice, che ha creato (e crea) alcuni problemi di registrazione con la Camera  di Commercio (sembra  che nella bacchettona Italia  non siano ammesse ragioni sociali con denominazioni contrarie alla pubblica decenza...), da quel che ho letto in giro (**) Sbordoni  ritiene che con l’editoria si possa guadagnare,   tagliando   o  riducendo la filiera.  Diciamo che egli teorizza il chilometro zero  tra autore e lettore. E probabilmente ha ragione.  Avendo anch’io qualche esperienza nel settore  non posso non  notare che accanto ai soliti colossi (nelle mani però  di banche, politica e cordate varie),  vivono, e spesso abbastanza bene, gli editori di nicchia, attenti agli  specialismi professionali e ideologici:   libri sul fisco,  sui  soldatini,  sui viaggi, su Mussolini e Stalin, eccetera. 

Perciò il ragionamento di Sbordoni, che nell’ "ipotesi  nicchia" (semplificando) ha investito coraggiosamente la sua  figura di scrittore, non è sbagliato.  Sicuramente prima o poi riuscirà ad  avere la meglio, economicamente parlando, come si legge,   sull’irridente  cugino,  protervo costruttore.  
Però, ecco il punto sociologico: la scelta di nicchia non risolve il problema di fondo. Per dirla in sociologhese, non affronta la questione dei quadri socioculturali  dell’azione sociale individuale.  Cosa voglio dire? Che  esiste  un contesto editoriale che si compone, come ogni contesto sociale, di relazioni cooperative e competitive, di istituzioni di vario genere, di gruppi sociali di pressione o meno.  Parlo di un sfondo sociologico, reale,  spesso duro, stratificato,  che ha i suoi protagonisti, i suoi riti, i suoi processi di legittimazione.  Un sottosistema,  fondato su meccanismi  che gestiscono l’autoriproduzione della vita sociale, a prescindere dai contenuti storici immessi.  Un sottosistema che  però  è parte integrante di un sistema sociale più ampio, che a sua volta si riproduce grazie agli stessi  meccanismi,  basati, come detto,  sulle  relazioni, sui riti, sui processi di legittimazione.  

Riassumendo, da un lato c’ è  la logica del  chilometro zero, rilanciata da Sbordoni,   dall’altro la durezza “fattuale” dell’autoriproduzione  che,  per usare un parolone,  è  immanente alla società.  
Detto altrimenti:  mentre  i contenuti storici e valoriali sono variabili,   le forme  che caratterizzano la riproduzione della vita sociale (relazioni, riti, processi di legittimazione) sono immutabili.  Insomma, si possono anche suonare musiche diverse, più o meno gradevoli,  ma gli strumenti da usare sono sempre gli stessi. Il che non significa che l’individuo non possa sfidare i meccanismi autoriproduttivi. La nobile  lezione della rivoluzione liberale dei  moderni  è lì a provarlo.           
Voglio soltanto dire  che non è  facile, sociologicamente facile, avere la meglio sul "sistema".  Si dirà, che ho scoperto l'acqua calda...  In realtà,  ho   cercato solo  di mettere in prosa sociologica ciò che spesso viene romanticamente  trattato in termini di   poesia politica e sociale.  
Insomma, se mi si perdona  la caduta di stile,  so' cazzi...   Il che, ovviamente,  non mi impedisce di fare i più sinceri auguri a  Maurizio Sbordoni per le sue attività di editore e scrittore.

Carlo Gambescia                            




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