Maurizio Sbordoni e Stocazzo Editore
Divagazioni sociologiche sull’editoria a chilometro zero
Ieri
ho chiesto l’amicizia a Maurizio Sbordoni, romano, dottore in economia, con un cognome importante nel settore delle
costruzioni. Perché l’ho “aggiunto” (prontamente corrisposto:
ancora grazie…) ai miei amici Fb? Per una ragione semplicissima: è il padre
fondatore di Stocazzo Editore (*). Sì Stocazzo.... Ma il mio interesse, come vedremo, non è di natura
lessicale. In me è invece scattata la curiosità del sociologo per il "progetto".
Preciso, che fino a ieri non sapevo nulla di Maurizio Sbordoni, scrittore da almeno venticiquemila copie, fattosi editore, così come ignoravo l'esistenza delle Edizioni Stocazzo.
Allora? Al
di là del bizzarro nome della casa editrice, che ha creato (e crea) alcuni problemi
di registrazione con la Camera di Commercio (sembra che nella bacchettona Italia non siano ammesse
ragioni sociali con denominazioni contrarie alla pubblica decenza...), da quel che ho letto in giro (**) Sbordoni
ritiene che con l’editoria si possa guadagnare, tagliando
o riducendo la filiera. Diciamo che egli teorizza il chilometro
zero tra autore e lettore. E probabilmente ha ragione. Avendo anch’io
qualche esperienza nel settore non posso
non notare che accanto ai soliti colossi
(nelle mani però di banche, politica e cordate varie), vivono, e spesso
abbastanza bene, gli editori di nicchia, attenti agli specialismi professionali e ideologici: libri sul fisco, sui
soldatini, sui viaggi, su
Mussolini e Stalin, eccetera.
Perciò
il ragionamento di Sbordoni, che nell’ "ipotesi
nicchia" (semplificando) ha investito coraggiosamente la sua figura di scrittore, non è sbagliato. Sicuramente prima o poi riuscirà ad avere la
meglio, economicamente parlando, come si legge, sull’irridente cugino, protervo costruttore.
Però,
ecco il punto sociologico: la scelta di
nicchia non risolve il problema di fondo. Per dirla in sociologhese, non affronta la questione dei quadri
socioculturali dell’azione sociale
individuale. Cosa voglio dire? Che esiste
un contesto editoriale che si compone, come ogni contesto sociale, di relazioni cooperative e competitive, di istituzioni
di vario genere, di gruppi sociali di pressione o meno. Parlo di un sfondo
sociologico, reale, spesso duro, stratificato, che ha i
suoi protagonisti, i suoi riti, i suoi processi di legittimazione. Un sottosistema, fondato su meccanismi che gestiscono l’autoriproduzione della vita sociale, a
prescindere dai contenuti storici immessi. Un sottosistema che però è
parte integrante di un sistema sociale più ampio, che a sua volta si riproduce
grazie agli stessi meccanismi, basati, come detto, sulle relazioni, sui riti, sui processi di
legittimazione.
Riassumendo,
da un lato c’ è la logica del chilometro zero, rilanciata da Sbordoni, dall’altro la durezza “fattuale” dell’autoriproduzione
che, per usare un parolone, è immanente alla società.
Detto altrimenti: mentre i
contenuti storici e valoriali sono variabili, le
forme che caratterizzano la riproduzione della vita sociale (relazioni, riti, processi di legittimazione) sono immutabili. Insomma, si possono anche suonare musiche
diverse, più o meno gradevoli, ma gli
strumenti da usare sono sempre gli
stessi. Il
che non significa che l’individuo non possa sfidare i meccanismi
autoriproduttivi. La nobile lezione
della rivoluzione liberale dei moderni è lì a provarlo.
Voglio
soltanto dire che non è facile, sociologicamente facile, avere la meglio sul "sistema". Si dirà, che ho scoperto l'acqua calda... In realtà, ho cercato solo di mettere in prosa sociologica ciò che spesso viene romanticamente trattato in termini di poesia politica e sociale.
Insomma, se mi si perdona la caduta di stile, so' cazzi... Il che, ovviamente, non mi impedisce di fare i più sinceri auguri a Maurizio
Sbordoni per le sue attività di editore e scrittore.
Carlo Gambescia
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