Razzismo/ Belpietro colpisce ancora (il bersaglio sbagliato)
I liberali “bianchi” di Libero
Il
razzismo è merce molto pericolosa, scatena gli istinti brutali latenti negli
esseri umani, alimenta l’odio sociale,
puntando sulle capacità reattive dei peggiori tra gli uomini. Esiste, in
particolare negli Stati Uniti, un vasta letteratura sociologica sulla figura
del "bianco povero", spesso alcolizzato o quasi, violento, socialmente fallito, residente
negli stati del Sud, come facile preda dell’odio razziale, ovviamente veicolato e sfruttato da gruppi più attrezzati culturalmente ed economicamente. Da noi si parla più volgarmente
di “guerra tra poveri”.
Insomma, andrebbe sempre evitato, soprattutto in ambito giornalistico, quando si affrontano le questioni razziali o con retroscena razziale come a proposito degli immigrati, soprattutto extracomunitari, di pigiare
sul pedale dei confronti
economici per veicolare invidia sociale
e accrescere i livelli di ostilità tra gruppi etnici. E invece capita sempre più spesso di registrare non reazioni spontanee che partono dal basso ( cosa che può capitare), ma incendi artatamente alimentati dall'alto, all'insegna del politicamente scorretto a comando.
Cosa pensare, ad esempio, del titolo di “Libero” oggi in edicola? Che contiene un chiaro
invito all’odio sociale verso ogni immigrato, dietro il quale, come si evince, potrebbe
nascondersi un terrorista islamico che vive alle spalle dello stato italiano,
privando, ecco il pendant per il “bianco povero”, i non abbienti italiani di fondi preziosi. Si potrebbe parlare di razzismo, anche sociale.
Pur
non escludendo che il welfare italiano sia fin troppo generoso, ma con
tutti, diciamo che per un quotidiano che
ama definirsi liberale uscire con una prima pagina del genere è una vergogna. Probabilmente, molti dei presunti liberali, a questo punto “bianchi” ("poveri", proprio non crediamo), del quotidiano diretto da Belpietro, si rifiutano di capire che l’immigrazione per l’ Italia, per l’Europa, per l’Occidente
rappresenta una grande sfida culturale e sociale: un tentativo indiretto, che deve essere frutto
di una routine quotidiana condivisa (non minata dall'odio reciproco), rivolto a modernizzare, per gradi, attraverso l’acculturazione,
chiunque provenga da una società arcaica. Innescando, fin dove possibile, un circolo virtuoso di ritorno (o rimbalzo) dei valori occidentali, anche nel mondo islamico.
È
ovvio che i flussi migratori debbano essere regolamentati, rapportati al ciclo demografico ed economico, nonché alle
prospettive militari del conflitto in atto con l’Islam fondamentalista. Ciò
che invece non si deve fare è alimentare guerre tra poveri e soprattutto
guerre sante. Più volte abbiamo scritto
della necessità di intervenire in Medio Oriente, ma, come dire, in modo laico,
duro, rapido, efficace, quindi indolore ( o quasi) per gli immigrati che risiedono in Italia.
Ci appelliamo, insomma, alla classica tecnica, amata da ogni buon liberale realista, del bastone e della carota. Nulla di nuovo in fondo. E qui invece si alimenta il fai da te interno, procrastinando ogni fare militare esterno. Un disastro annunciato? Se la musica non cambia, di sicuro.
Inoltre, si
legge, non solo su “Libero”, che la cellula islamista sgominata voleva
colpire San Pietro come “luogo del pellegrinaggio cristiano”. Ora, sarebbe
grave, che si rispondesse, da “bianchi poveri”, invocando, a nostra volta, la christian supremacy. Sarebbe un errore gravissimo. Non la guerra
ovviamente, bensì il recupero, magari in grande stile, dell’idea
di crociata: scelta sciagurata che cancellerebbe ogni differenza culturale tra
noi e loro, ponendo l’Occidente liberal-democratico sullo stesso piano ideologico dell’Islam
fondamentalista. Si farebbe solo il gioco propagandistico del nemico, che tra l'altro già
ci definisce crociati e che quindi non aspetta altro.
Ricapitolando,
toni soft, niente guerre interne tra poveri, controllo
dei flussi, “acculturazione” indiretta degli immigrati accolti, nessun accenno a mistiche crociate ma impiego esterno di una forza militare in grado di
sgominare il nemico, impedendogli di rialzare la testa almeno per i prossimi
cento anni. Insomma, Belpietro, spara, spara, ma non ne azzecca una.
Carlo Gambescia