domenica 12 aprile 2015

Lo “storico” incontro tra Barack Obama  e Raul Castro
La Guerra Fredda? E che m’importa, io non ero nato”. Così (più o meno) il Presidente Usa

“The United States will not be imprisoned by the past — we’re looking to the future,” Mr. Obama, 53, said of his approach to Cuba at the summit meeting’s first plenary session on Saturday. “I’m not interested in having battles that frankly started before I was born”.  “The Cold War,” he added, “has been over for a long time.”
http://www.nytimes.com/2015/04/12/world/americas/obama-cuba-summit-of-the-americas.html?hp&action=click&pgtype=Homepage&module=first-column-region&region=top-news&WT.nav=top-news&_r=0


Oggi i media  celebrano all’unisono  Obama.   Grande di qui, grande di là.   Diciamo che sarebbe più giusto parlarne come del vincitore di una lotteria storica,   grazie a un biglietto comprato da altri e finito misteriosamente nelle sue tasche.  Infatti,  per dirla francamente,  non sappiamo cosa pensare dell’ ennesima prova della sua  pochezza intellettuale, come rivela  la citazione riportata ad esergo. Asserire, proprio nel corso di un  incontro comunque storico,  che “io non sono assolutamente interessato a combattere battaglie che sono iniziate prima che nascessi”  dal momento che  “la Guerra Fredda è finita da un pezzo”,  lascia senza parole. 
Naturalmente, la dichiarazione ha risvolti di politica interna che lasciamo spiegare agli specialisti di  politica americana, ci mancherebbe altro. Quel che sorprende  è l’infelicità  cognitiva  di una frase che potrebbe essere tranquillamente messa in bocca a un ragazzino delle scuole elementari: “Signora Maestra, perché devo studiare come vivevano  gli Antichi Romani?  Se a quei tempi, la cicogna non mi aveva ancora portato?” .
Parliamo di un bambino di 6 anni  e non di un uomo di 53,  con studi universitari, dottorato, cattedra e responsabilità politiche mondiali. Disarmante.  Ma -  ecco il punto - ciò non depone neppure a favore dello staff che circonda il Presidente, perché rivela, ancora una volta,  il difficile rapporto – ad essere benevoli -   della cultura “alta”  americana con la storia:  giudicata,  spesso,   come una carica del Settimo Cavalleria, che dietro di sé, lascia polvere, cadaveri, fumo da spari, fatti  di cui  si disinteressa,  perché quel che conta è la vittoria (o il risultato, insomma) e non come si giunti, nel tempo, ad essa. Il che spiega, come dire a cascata,  disdicevoli, e per fortuna rare, sconfitte sulla falsariga di Little Bighorn.  
A dire il vero, non sempre i Presidenti degli Stati Uniti hanno mostrato mancanza di senso storico. Anzi. Da non specialisti di storia americana, possiamo comunque asserire che  la lista, come dire, dei tucididei, sarebbe abbastanza  lunga: Washington, Adams, Jefferson, Lincoln, “Teddy” Roosevelt, Wilson, Kennedy, Nixon, Reagan, i due Bush, Clinton.  E sicuramente  ne abbiamo  dimenticati alcuni. Inoltre, i Presidenti  sapevamo circondarsi di bravi consiglieri ed eccellenti Segretari di Stato ( alcuni poi divenuti, a loro volta, Presidenti): Madison,  Monroe,  Quincy Adams, Calhoun e via dicendo.  Tradizione - e  qui sarebbe interessante  l’ approfondimento storico -  che si è affievolita nel Novecento, soprattutto nella seconda metà, con alcune eccezioni: Dulles, Kissinger, Albright e pochi altri.
Con Obama ( e Kerry)  si è veramente toccato il fondo.  E si vede.

Carlo Gambescia

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