martedì 10 aprile 2012


.Critica delle ideologie 

e ciclo metapolitico



Da quanti anni si discute di crisi delle ideologie? Lasciamo stare… E diciamo pure secoli, perché si potrebbe tranquillamente risalire alla critica di Saint-Simon, tutta imperniata, già all’inizio dell’ Ottocento, sul rifiuto delle astrattezze politiche. Mentre sul piano filosofico si rischia di andare ancora più indietro

In realtà, le ideologie, non sono mai morte, vivono e lottano insieme a noi, anzi, visto che chi scrive è uno studioso, "intorno a noi". E probabilmente esisteranno sempre. Perché sono le stampelle grazie alle quali si sostengono a turno difensori e avversari del “mondo così com’è”. Intanto, possiamo distinguere tre grandi categorie: a) quelle sostenute dai difensori dello status quo; b) quelle impugnate dagli avversari dell'ordine esistente; c) quelle brandite da coloro che predicano il ritorno allo status quo ante. In breve, e nell'ordine: ideologie conservatrici, rivoluzionarie e reazionarie. Abbiamo usato il termine “a turno”. Per quale ragione? Perché resta difficile ricondurre le numerose e varie ideologie nell’alveo di una sola della tre categorie ricordate.
Ad esempio, un liberista, scontento della società attuale, perché ritenuta statalista, ne invoca il superamento. Così come auspica il marxista, per combattere, come dichiara, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Come però non definire il liberista e il marxista rivoluzionari? Il primo vuole instaurare una nuova società integralmente basata sul libero mercato. Il secondo una nuova società comunista libera da ogni iniquità. Due società che entrambi, se interrogati, definirebbero “libere”. Salvo poi, come notava l' amico Carlo Pompei, una volta agguantato il potere, trasformarsi da liberisti e rivoluzionari in conservatori dell'ordine esistente. Oppure, in caso di successiva sconfitta, e perdita del potere, in reazionari, ossia in coloro che rimpiangono il passato e sognano, alla prima occasione di restaurarlo, anche seguendo (e perché no?) modalità rivoluzionarie.
Ecco il punto: la “battaglia delle ideologie” rinvia a una precisa costante del politico, o meglio metapolitica: conservazione-rivoluzione-conservazione-rivoluzione. Ma esiste anche un ciclo "minore": conservazione-riforme-conservazione-riforme ; un sub-ciclo che si sviluppa grazie all'intelligente innesto di costumi nuovi su tradizioni antiche. In genere, il riformista è un ex: un rivoluzionario, un conservatore, talvolta addirittura un reazionario, che da "pentito" rifiuta gli eccessi. Per tornare al tema iniziale, la critica delle ideologie, di regola, riflette il momento della conservazione del potere (di qualunque origine), perché rivolta a demolire le posizioni ideologiche opposte, in quanto, come sempre si legge, astratte e lontane dal risolvere i problemi concreti della società esistente...
Ciò spiega perché chiunque si ostini a parlare di crisi delle ideologie finisca sempre per celebrare, in chiave conservatrice, il presente, sposando, suo malgrado (se in buona fede..), una posizione, comunque, ideologica... In genere, il critico delle ideologie ignora ( o finge di ignorare) il ciclo metapolitico conservazione-rivoluzione-conservazione-rivoluzione. Ma lo stesso si potrebbe dire delle tesi sostenute da reazionari e rivoluzionari. Il reazionario, dopo la vittoria, si trasforma in conservatore, come del resto accade al rivoluzionario e al riformista, entrambi attenti a celebrare e conservare le conquiste della rivoluzione e delle "stagioni riformiste". E così via… Per le stesse ragioni resta molto difficile credere nella romantica vittoria di rivoluzioni conservatrici, capaci di porre fine, magari con il ferro e con il fuoco, al ciclo metapolitico. Ciclo, la cui forza ricorda quella di gravità. Certo, l'uomo, da sempre, mostra di subire il fascino delle sfide... Di qui, l' umana volontà di vincere l'effetto di gravità, anche del ciclo metapolitico. Ma a quale prezzo?

Carlo Gambescia

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