giovedì 26 agosto 2010

Il libro della settimana: Antonio Gnoli, Franco Volpi, I filosofi e la vita, Bompiani, Milano 2010, pp. 214, euro 10,50.

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Leggendo libro di Antonio Gnoli e Franco Volpi ( I filosofi e la vita, Bompiani, Milano 2010, pp. 214, euro 10,50) ci è tornato in mente un passo della Recherche proustiana: “ La nostra memoria e il nostro cuore non sono abbastanza grandi da poter essere fedeli. Non abbiamo abbastanza spazio, nel nostro pensiero attuale, per custodirvi i morti accanto ai vivi”.
Perché? Franco Volpi è scomparso da circa un anno e francamente l’ omaggio postumo di Antonio Gnoli, che raccoglie scritti e interviste a quattro mani apparse in larga parte su “Repubblica”, se non può definirsi del tutto "infedele" risulta comunque deludente. Dispiace dirlo, ma nei testi riuniti sembra prevalere l'aneddotica: il Volpi curioso giornalista di occasione pare avere la meglio sul Volpi severo storico di mestiere.
Si badi: I filosofi e la vita resta un libro interessante. Si parla e si fanno parlare Georg Gadamer, Ernst Jünger, Armin Mohler, Ernst Nolte, Martin Heidegger, Carl Schmitt e altri protagonisti e comprimari di un infuocato Novecento. Ma si resta in superficie, cadendo talvolta nel pettegolezzo. Come ad esempio qui:

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“ La previsione di Elfride [ moglie di Heidegger, n.d.r.] appare esatta. Le pallide scuse di Martin [Heidegger, n.d.r.] non riescono a occultare minimamente la sua recidiva incontinenza erotico-sentimentale: si raggiunge il colmo nell’aprile del 1970. Ad Augusta, durate un incontro amoroso con un nuova amante, l’ormai ottantenne Martin è colto da un infarto che lo lascia semiparalitico. Con urgenza è trasportato in ambulanza a Friburgo, dove Elfride lo prenderà in cura” (p. 114).
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Oppure si nuota nel frivolo come in questo passo dell’intervista a Hermann Heidegger, figlio del filosofo:
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[Gnoli e Volpi:] ‘Si parlava all’inizio delle conversazioni a tavola del fatto che suo padre s’interessava dell’attività sportiva. E’ un lato della sua vita poco conosciuto. Può dire qualcosa di più?’ [Hermann Heidegger:] ‘Da giovane ha praticato molto sport: è stato un buon atleta, soprattutto ginnastica attrezzistica, ha giocato a calcio, ha remato e soprattutto sciato. Amava guardare le partite della nazionale di calcio, e quando c’erano incontri importanti li seguiva da una televisione di un vicino. Tifava molto per Beckenbauer.’ [Gnoli e Volpi:] ‘Chissà se ha visto Italia-Germania dei mondiali di calcio del ’70, quella che finì 4-3 per noi?’ [Hermann Heidegger:] ‘Non so, ma se l’ha vista non deve aver gioito per il risultato ‘ ”. (p. 103).
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Insomma, non si intravede il Volpi dotto studioso del linguaggio heideggeriano, ma solo un Volpi da “Processo del Lunedì”, più o meno filosofico. Come del resto non si scorge il brillante anatomo-patologo del nichilismo. Certo, qui è là si può cogliere qualche perla, come questo giudizio sui dinamitardi scritti politici di Ernst Jünger (Politische Publizistik 1919-1933, tradotti in Italia da Libreria Editrice Goriziana):
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“Insomma, questi saggi sono la migliore testimonianza storica della confusione che regnava in quegli anni (…). La storia non li aveva ancora riempiti di vita vissuta e di dolore (…). Lo scrittore eredita dal soldato la disciplina ascetica che gli consente di far sgorgare dall’intimo, in forma di energia pura, quel dono che Jünger possiede per natura che è la scrittura. Al di là del contenuto dei saggi, anzi proprio in considerazione del loro legame ai convulsi fatti del giorno, quindi del loro carattere istantaneo e della febbrile frenesia in cui furono stesi, colpisce la purezza olimpica dello stile: Uno stile che si impone anche contro le idee” (p. 75).
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Eccellente. Ecco, quel che manca ne I Filosofi e la vita è lo stile di Volpi. Non lo stile di scrittura, che comunque "si sente" anche nella raccolta. Bensì lo stile filosofico che ha distinto tutta la sua produzione scientifica. Quello stile grazie al quale, per dirla con Vico, la curiosità "partorisce la scienza". Peccato. 


Carlo Gambescia

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