Forma e sostanza
Fini e la Presidenza della Camera
In questa
Italia dove ci si fa eleggere con un partito, per poi (ri)fondarne un altro di
colore opposto o quasi, ci tocca pure indossare i panni curiali del
costituzionalista, noi modesti studiosi di sociologia. Ci spieghiamo meglio.
Se alla Presidenza della Camera al posto di Fini vi fosse un Rutelli, uscito,
mettiamo, dal Pd forza di governo, per creare un partito in pratica
fiancheggiatore dell’opposizione berlusconiana, Bersani, Di Pietro,
“Repubblica” & Company ne chiederebbero le dimissioni un giorno sì e l'
altro pure.
Apparentemente non c’è leva costituzionale che obblighi l’ex delfino di
Almirante alle dimissioni. In realtà però - questione sulla quale si è
glissato, ovviamente a sinistra - tutti i precedenti Presidenti della Camera
repubblicana non hanno mai ricoperto durante il loro incarico il ruolo di segretario
politico del partito di provenienza, inclusi gli ultimi due (Casini e
Bertinotti)… Mentre Fini addirittura ha (ri)fondato un partito (Futuro e
Libertà per l’Italia) di cui è il capo di fatto se non pure di diritto.
Certo, se sollecitato, Fini potrebbe trasferire l’incarico politico ad altri e
restare Presidente della Camera.
Rimane però un altro fatto importante. Nel 1994 (Primo Governo Berlusconi)
venne interrotta la prassi per cui uno dei due Presidenti doveva appartenere
alla maggioranza e l’altro al maggior gruppo di opposizione. Da allora fino ad
oggi, la coalizione prevalente alle elezioni ha nominato come Presidenti di
Camera e Senato esponenti della maggioranza stessa. Quindi Fini, dopo il salto
della quaglia, sarebbe fuori.
Certo, l’ex fascista del Duemila per ora, appoggia, così dice, il Governo
Berlusconi dall’esterno, e quindi nominalmente fa parte di questa maggioranza.
Di conseguenza la forma sarebbe salva.
Ma la sostanza no. E la democrazia pure.
Carlo Gambescia
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