martedì 27 maggio 2008

Alessandro Portelli e il Black Scare




Secondo Alessandro Portelli in Italia tirerebbe una brutta aria. Fascista. Sul manifesto parla di “fascismo del senso comune” (http://www.ilmanifesto.it/oggi/art1.html ). Ma così - e non è una battuta - non si rischia di fare di ogni erba un fascio?
Portelli è uno studioso intelligente e capace. Ma crediamo dia come scontato il collegamento, forse troppo facile, tra attitudine alla violenza e una specie di fascismo "universale". Costruendo - lui così abituato a decostruire il razzismo degli altri, usando gli strumenti dei post-colonial studies - un vero e proprio razzismo antifascista. E per giunta sociologicamente fondato: ogni manifestazione di violenza viene ricondotta a una sorta di riflesso socioculturale condizionato, di tipo fascista.
Infatti il suo editoriale prende spunto dagli ultimi eventi di Verona, Ponticelli, Roma, inclusi, addirittura, i due ragazzi in motorino uccisi sulla via Nomentana. Episodi, a suo avviso, dove proprio l’ “assenza di matrice politica” indicherebbe che “il fascismo non è più politica, è senso comune”…
Ci sembra una tesi molto pericolosa. Una specie di rabbioso sparare nel mucchio. Ora, non si tratta di negare il passato di Fini, Alemanno, eccetera. O la natura dittatoriale del fascismo storico. Ci mancherebbe altro.
Ma - ecco il punto - trasformare ogni singolo episodio di violenza urbana in violenza fascista, rischia di creare un clima da black scare. Un’ atmosfera da caccia alle streghe che non aiuta a capire, come nel caso del Pigneto, il reale malessere provato da molti cittadini. Un malessere che, ovviamente, non può essere invocato per giustificare le violenze commesse.
Insomma, caro Portelli, perché farsi del male da soli?

Carlo Gambescia

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