mercoledì 7 maggio 2008

Alemanno 

(cinematograficamente) autarchico




La presa di posizione di Gianni Alemanno, neo-sindaco di Roma, sulla veltroniana “Mostra del Cinema” merita un riflessione.
Se ricordiamo bene a tale proposito esiste o esisteva anche una proposta di legge del Prc sull’introduzione di un tetto alle pellicole extraeuropee. Insomma, se ci si passa la battuta, rossi e neri continuano a pensarla in modo simile...
A grandi linee siamo davanti a un tentativo di mettere sotto controllo l’invadenza economica e culturale del cinema Usa. Dal momento che il pericolo, per ora, non viene assolutamente dalla cinematografia asiatica e africana. Ma - ecco il punto - l’ autarchia culturale che ruolo può giocare in un mondo dove basta connettersi a internet per trovarsi immersi nel brodo (per alcuni brodaglia) culturale hollywoodiano? Piuttosto ridotto.
Punto primo, va detto che la visione di Alemanno, tra l'altro venata di nazionalismo vecchio stile, è superficiale. Dal momento che sarebbe perfettamente inutile chiudere i “rubinetti” romani e italiani. Perché - se ci passa la rozza metafora - andrebbe prima messo a regime tutto l’intero apparato idrico, per scoprire le eventuali falle… Per farla breve: la cultura hollywoodiana non è solo cinema. Ma circola anche attraverso la televisione, la letteratura, la musica, i gadget, eccetera. E in tutto il mondo: Europa e Italia comprese.
Inoltre la resistenza a idee che non sentiamo nostre, può sorgere solo per contrasto: vedendo un film, leggendo un libro, eccetera. Di qui l’importanza di credere nelle capacità critiche dell’individuo. Infatti il rapporto tra idee e società si svolge su due piani: quello della recezione (nel senso di accogliere: vedere semplicemente il film), e quello successivo del recepimento (condividerlo e meno criticamente). Insomma, non poi è così scontato, che lo spettatore di una pellicola americana, possa “roboticamente” trasformarsi in un sostenitore del sistema di vita americano. Inoltre, come i cinefili riconoscono, esiste negli Stati Uniti un cinema indipendente e molto critico verso l’establishment e il sistema di vita americano. In conclusione, la soluzione del problema non può essere concepita, come sembra ritenere Alemanno, nei termini di una meccanica imposizione dall'alto: "Da domani, via il "tappeto rosso", eccetera"...
Punto secondo, ammesso e non concesso, che Alemanno abbia ragione, resterebbe la questione dei valori socioculturali sostitutivi. Di qui la fondamentale domanda: esiste una cinematografia italiana, e come vedremo più avanti europea, capace di contrapporsi a livello di massa e in chiave di cultura critica, a quella americana? Dal momento che il cinema, di regola, deve parlare a tutti.
E qui è difficile rispondere in senso affermativo. Infatti è vero che i film di autore italiani veicolano valori critici, ma si tratta di un cinema per pochi eletti. Mentre il resto della produzione cinematografica imita nei contenuti e stilemi quella Usa. Insomma il cinema italiano risulta già da tempo impregnato di valori edonistici e consumistici. Per non parlare della spettacolarizzazione della violenza, così come impone il canone hollywoodiano-americano.
Perciò, ammesso e non concesso, il recupero del cinema italiano grazie alla scelta autarchica, all’inizio, potrebbe essere molto dura. Per quale ragione? Il cinema perderebbe spettatori (quelli assuefatti al canone hollywoodiano, che sono tanti, forse troppi…). Mentre gli stessi valori combattuti continuerebbero a circolare in altri settori mediatici. E la crisi del cinema nazionale, già evidente da anni, potrebbe avvitarsi su stessa a causa della protesta di produttori e distributori e del possibile scontento di un pubblico in larga parte "ipnotizzato". Che fare allora? Le scelte autarchiche, soprattutto se nazionali o addirittura soltanto romane, sono inutili.
In ogni caso - ecco il vero punto della questione - la “battaglia” contro il cinema Usa, andrebbe condotta in sede europea, disponendo controlli più generali (continentali) sulla domanda e offerta di cinema Usa. Non è - ripetiamo - un problema, come ritiene in neo-sindaco di Roma, di “tappeti rossi” romani… O comunque non solo.
Andrebbero perciò sviluppate politiche di sostegno diretto alle produzioni europee. Ma sul piano europeo esiste unità di intenti sotto questo profilo? Per il momento pare di no (a parte, sembra, l’eccezione francese).
Infine resta il problema della cultura “alternativa” di massa. Una cultura da creare di sana pianta. E sulla base di valori europei, capaci di risvegliare, dal basso in senso critico degli "spettatori". Ma quali? Ed eventualmente come veicolarli in un’economia dove conta solo il profitto e ogni intervento pubblico viene condannato?

Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento