giovedì 16 maggio 2019

La mia risposta a Mauro Munari
Populismo, che fare? 
Studiare


Ieri  su Fb  l' amico lettore Mauro Munari (nella foto),  mi ha chiesto che cosa  fare? Come dire?  Caro Carlo  Gambescia,  okay analisi perfetta, sottoscrivo, ma dopo?  Il commento riguardava l’ articolo sul  populismo delle  fiction dalla parte dei criminali, da me giudicate   un “aiutino”  al decollo  del  populismo  diffuso (*).
Se si vuole metterla in termini sociologici, il cinema può influire  sui livelli collettivi  di   dissonanza cognitiva.  Detto altrimenti:  sulla percezione della contraddizione tra le cose come sono e come dovrebbero essere secondo le opinioni o credenze  sociali, politiche, economiche professate o prevalenti nell’universo sociale. 

Di conseguenza  una società, per autoconservarsi,   ha sempre necessità di ridurre i livelli di dissonanza cognitiva.  Serve un equilibrio, tra l’ essere e il  dover essere sociali. Un equilibrio non privo di contraddizioni, perché la dissonanza cognitiva, contrariamente a quel che ritengono i profeti sociali,   non può mai essere eliminata completamente, se non a rischio e pericolo della società stessa. Per quale ragione?  Perché è la fonte meravigliosa, sul piano individuale,  dei  processi di innovazione sociale,  politica, economica, eccetera.  Non è un bene assoluto, come non è un male assoluto. Parliamo di un processo sociale, come dire connaturato. Pertanto, dove c’è società, c’è dissonanza cognitiva. Si tratta solo di provare  a  temperarla , vista  impossibilità di rinunciarvi, pena l’autodistruzione sociale.
Faccio un esempio: se si crede che i partiti siano tutti composti di disonesti e corrotti, si cercherà di ridurre la dissonanza cognitiva, tra le nostre opinioni e  - attenzione -  la percezione della realtà partiti politici-corrotti. Come?  Favorendo la narrazione percettiva della realtà più vicina alle proprie opinioni. In qualche misura più confortante.  Narrazione, che, come ci si augura,  possa tradursi in implementazione politica, dunque in concreti provvedimenti, eccetera, eccetera.    
Però la vera questione  è se dal punto di vista dell’implementazione  politica  sia possibile o meno  cassare insieme alla soppressione dei partiti la  dissonanza cognitiva. Mi spiego meglio. 
La sociologia ritiene che non sia possibile. La politica, anzi certa politica,  per contro, ritiene che invece  sia possibile. Di qui però  il costruttivismo politico, ossia la  pretesa di “abolire” dall’alto, con un colpo di bacchetta magica, non solo i partiti, giudicati presuntivamente corrotti,  ma  la stessa dissonanza cognitiva.  L'idea insomma di poter  giungere alla creazione di una società perfetta,  senza alcuna dissonanza tra fatti e credenze.  

I movimenti populisti si propongono di eliminare qualsiasi dissonanza cognitiva. Come in passato  fascisti, nazisti e comunisti.  Qui non interessa il contenuto delle loro narrazioni politiche, ma solo l’approccio costruttivista e anticognitivista. Mi riferisco, per l'appunto,  alla pretesa eliminazione della dissonanza cognitiva. Scelta che però implica l’eliminazione della  cognizione stessa. Sotto questo profilo, il vecchio  termine “cervelli all’ammasso” acquisisce il suo reale significato: niente dissonanza, niente cognizione, niente cognizione, niente cervello. Encefalogramma sociale piatto =  totalitarismo: meccanica  e ripetitiva obbedienza al carismatico risolutore totale  della dissonanza cognitiva. Fine di ogni attività di pensiero.
Per tornare al  “che fare?”  di Mauro Munari, posso rispondere che, come studioso, weberianamente,  più che spiegare il funzionamento dei processi sociali non posso andare. Hic sunt leones
Però i politici  -  e anche i cineasti… -  potrebbero studiare, applicarsi,   per provare a  capire  fin dove può spingersi la critica politica dei livelli sociali  di dissonanza cognitiva,  per evitare di sfociare nell'utopia: l'idea folle  di riuscire a  eliminare  la dissonanza in quanto tale.  
Purtroppo i sistemi democratici tendono  a privilegiare  e drammatizzare per ragioni elettorali quelle narrazioni che influiscono, e negativamente, sulla percezione dei livelli  di dissonanza,  accrescendoli fino al punto di rottura.  Per contro chiunque sottolinei  l'impossibilità di eliminare la dissonanza viene dipinto come uno sgradevole nemico  di un  popolo che invece va confortato e protetto.  
Probabilmente però, al di là del periodico scivolamento e svuotamento  demagogico delle democrazie, c’è  qualcosa di più profondo che  rinvia alla natura fluttuante dei processi sociali.
Qualcosa che  riconduce  alle ragioni  stesse della dissonanza cognitiva, che,  come detto,  è fonte di progresso come di  regresso.  Sicché gli interventi o i non interventi umani, per rispondere alla domanda di Mauro Munari, possono solo anticipare o posticipare un inevitabile processo sociale segnato da alti e bassi. 
Negli ultimi settant’anni  abbiamo toccato il punto più alto della risalita,  ora invece sembra sia iniziata la discesa.

Carlo Gambescia 



(*)  Qui l'articolo: http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2019/05/gomorra-e-leffetto-inintenzionale-delle.html