sabato 31 ottobre 2015

Guai ai profeti disarmati
La caduta di Marino: 
il virtuismo non basta


Di caduta, nel senso di  perdere ogni potere  politico su Roma, è  giusto parlare. Terminologicamente, giusto. Diciamo però che  Marino è caduto in piedi. Ci spieghiamo: per fare un esempio tratto dal mondo del lavoro, il Sindaco si è fatto licenziare, non si  è dimesso. Quindi, potrà sempre rimproverare ai suoi avversari, di essere caduto, lui eletto dai romani  con quasi il settanta per cento dei voti,  senza un regolare voto di sfiducia e così additarli come nemici della democrazia agli occhi dei virtuisti politici (che a sinistra sono un piccolo ma potente gruppo di  opinione).  Ciò però significa che se sul piano morale il vincitore della  partita è Marino,  su quello del potere la vittoria  va  a  Renzi. Insomma,  la famigerata  pugnalata c'è tutta.
Naturalmente,  non sappiamo ancora come Marino sfrutterà questo suo successo morale che, attenzione, serve a  coprire, per ora, le magagne di una pessima amministrazione della città, o comunque  gradita solo a una parte della gentry acculturata di sinistra.  E quest’ultimo fatto ha oggettivamente favorito l’isolamento dell'ex Sindaco. Neppure sappiamo, come Renzi, sfrutterà la sua  vittoria politica che però, sempre per la pugnalata di cui sopra,  lascia il Pd romano diviso e i suoi  elettori  disorientati. Tuttavia, Renzi  ha mostrato di non  fermarsi davanti a nulla. Risolutezza, di cui i suoi avversari politici dovrebbero adeguatamente tener conto (Renzi, appartiene alla dura  razza dei Craxi non dei mollaccioni alla Berlusconi).  Probabilmente, avendo ereditato Marino dalla precedente gestione, Renzi, desiderava liberarsi dell' ex Sindaco fin dall’inizio: prima  ha  cercato di  trattare, promettendo incarichi alternativi, poi  Marino, al quale l’ambizione non difetta, a sua volta, avrà  avanzato  richieste, forse politicamente esose ( a tutela del suo futuro politico), andate  non esaudite. Sicché,  vedendo, intorno a sé moltiplicarsi gli attacchi, anche della magistratura, Marino ha deciso di puntare i piedi, per  farsi “licenziare” e così vincere  sul piano morale. Insomma, Marino  sapeva benissimo della "pugnalata annunciata". Ha deciso, visto il buco nero in cui si era cacciato, di correre il rischio,  facendo, per così dire, di necessità virtù (magari elettorale, come poi vedremo).   
Tuttavia, nelle democrazie in particolare, le vittorie morali, così amate dai virtuisti di destra e sinistra (la "nobiltà della sconfittà"), devono sempre trasformarsi in voti.  E i voti sono legati al consenso, che dipende dalle scelte  politiche  di chi sia al potere (opzioni soprattutto economiche, capaci di creare ampie coalizioni sociali ed elettorali), nonché dagli apparati politici e dalla capacità, o meglio abilità, di condizionamento organizzativo, mascherato o meno,  delle  élites dirigenti.
Perciò, ecco la lezione politica: al virtuismo, ottimo da sbandierare in pubblico,   deve però  sempre accompagnarsi una accorta gestione del potere, tesa a far crescere il consenso: un vero  politico (non solo nei regimi democratici) deve saper intercettare tutti i segmenti sociali: il che però non significa promettere tutto a tutti. È una questione di equilibrio: di saper prendere, per provvedimenti successivi, le decisioni giuste, accontentando, per quando possibile, ora gli uni, ora gli altri (parliamo di interessi legittimi e leciti, ovviamente). Contro qualcuno o qualcosa, governano solo i Comitati di Salute Pubblica…    Del resto le pessime condizioni  in cui versa  Roma sono sotto gli occhi di tutti. Tranne che per una minoranza di “illuminati” pro Marino.
Certo, alle prossime comunali, l’ex Sindaco potrebbe presentarsi con una lista propria, anche di solo disturbo.  Pertanto, in qualche misura la partita  non  è ancora chiusa in modo definitivo. Però Renzi è Presidente del Consiglio, Segretario del Pd e ora, per via indiretta, Prefetto di Roma, pardon Commissario Straordinario.  E, piaccia o meno,  parla a tutti. Mentre Marino  è fuori dai giochi politici e parla solo a quattro gatti.
Riassumendo: il virtuismo, da solo non basta, guai ai profeti disarmati. 

Carlo Gambescia
                   


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