lunedì 16 gennaio 2012

Oggi Roberto Buffagni   indossa le vesti di Tiresia, il mitologico indovino, per svelare a tutti noi cosa si nasconde sotto il naufragio della Concordia. In realtà, come il lettore scoprirà, lo scopo è un altro: cogliere l’occasione per evocare, e da par suo, un altro affondamento politico, quello dell’Italia. E Buffagni ne ha per tutti, a cominciare da Capitan Silvio, prontissimo, come abbiamo visto, ad abbandonare la nave Italia in caso di naufragio... Un Cavaliere, detto per inciso, che oggi a Palazzo Chigi, al cospetto di Monti tramite Alfano, "ufficializza" la maggioranza badogliana con Bersani e Casini. E attenzione, con una nota peggiorativa. Perché, se ci si passa la metafora storica, è come se Mussolini, Badoglio, De Gasperi e Togliatti si fossero messi tutti d'accordo per governare insieme... Esageriamo? Forse. Ma come definire questi tre traditori di tutti gli elettori ? In fondo, il Capitan Schettino che abbandona nave e passeggeri non è che l'ultima incarnazione, e in sedicesimo, di un' Italia da Otto Settembre permanente.
Ci auguriamo che Dante Alighieri ( autore di una miniserie che pare facesse gola a Mediaset…), possa riservare all’amico Tiresia-Roberto Buffagni, una volta trapassato (tra duecento anni), destino migliore di quello toccato a Tiresia e agli altri indovini… Buona lettura. (C.G.)



Naufragio della Concordia o dell’Italia?
La vera storia
di Tiresia-Roberto Buffagni





Caro Popolo Italiano,
se invece di dare retta alle gazzette, che ormai non servono neanche più a incartare il pesce perché l’inchiostro stinge e ti rovina il branzino, leggessi regolarmente il metacoso, il blog di Carlo Gambescia, non crederesti a tutte le panzane che ti spacciano, tipo quelle che vanno per la maggiore sul naufragio della Concordia.
Va bè: per stavolta ti perdono e ti scodello, calda calda e gratis, la verità sul naufragio della Concordia così come me la trasmettono a mezzo visione certificata le mie fonti al Santuario di Delfi. La prossima volta, però, mi bonifichi un centinaio di buoi, che qua le ecatombi mi costano un occhio della testa.
E via con la vera storia del naufragio della Concordia.
Dunque, intanto la Concordia non è una nave italiana ma americana, perché nel 1997 gli armatori Costa si sono venduti per 445 miliarduzzi di lire alla Carnival Corporation che di navi da crociera ne ha cento, e in crociera ci sono andati loro perché erano stanchi, poverini. Però visto che gli americani sono persone gentili e il marchio Italia, Gondola & Mandolino tira ancora, nel settore entertainment per il popolino, hanno tutti fatto finta di niente, così sembra che sia ancora roba vostra e ci fate più bella figura.
E’/era un bel bestione, la Concordia: tredici ponti, intitolati ciascuno a uno Stato dell’Unione Europea: Olanda, Svezia, Belgio, Greica, Italia, Gran Bretagna, Irlanda, Portogallo, Francia, Germania, Spagna, Austria e Polonia. Ospita (va) il più grande Centro Benessere galleggiante del mondo, il Samsara Spa. Samsara è il nome del ciclo interminabile delle reincarnazioni nella religione indù, vale a dire la pesantissima catena di colpe e illusioni che impedisce agli umani di riunirsi a Dio, per chi ci crede cioè forse gli indiani, qua pochini. Spa non vuole dire società per azioni ma stabilimento termale in tedesco. L’ha battezzata nel 2005 nei cantieri di Sestri Ponente la modella Eva Herzigova, badante slava niente male però scema, perché il proverbiale magnum di champagne non si è rotto contro la fiancata, cosa che notoriamente porta male.
Insomma: la Concordia sarebbe quella garantita fra gli Stati europei, la bandiera sarebbe quella italiana, i padroni non “sarebbero” ma sono gli americani, e tutto sto’ baraccone di allegoria da discount è andato a sbattere. Vedi un po’ tu, popolo italiano, se il megasimbolo in saldo postnatalizio ti interessa. Io per me dico che non solo non c’è più religione, ma anche i segni del Fato sono scaduti a un livello da Lumpen e che ci rovinano la piazza, a noi indovini. Alle nostre proteste, Delfi replica con ciance sulla liberalizzazione delle professioni, sulle caste, sulla democrazia, sulla libera concorrenza e altri Misteri Eleusini, però intanto si fa pagare in franchi svizzeri, quando propongo gli euro cade la linea.
Andiamo avanti. La Concordia sarebbe naufragata all’Isola del Giglio. Balla clamorosa e anche sfacciata, perché con l’allusione botanica anche un deficiente mangia (è proprio il caso di dirlo) la foglia. Giglio, macché giglio! No, bimbi, guardate le cartine: quella lì è l’Isola dei Lotofagi, celeberrima nei giri più elitari del jet set mondiale.
Perché celeberrima, chiedete voi che nel jet set non ci state? Perché all’Isola dei Lotofagi non solo la droga è legale, ma è gratis e non fa male. Cioè, tu vai lì, entri al bar, dici, “Mario, oggi cosa mi consigli?” e Mario il barman ti serve uno dei mille cocktail da lui sapientemente ricavati dal principio attivo del Loto, pianta di esemplare modestia che fa spuntare dal fango (per non dire dalla emme) il suo fiore d’un bianco virginale, commovente come il vestito della prima comunione di tua figlia. Tu te lo bevi e sballi all’istante, ma stai bene, niente problemi di cuore, di naso, di niente! Mai stato meglio! Perché non solo non pensi più ai tuoi guai di adesso, ma ti dimentichi di botto tutti i tuoi guai di ieri, di ieri l’altro, di sempre! Cioè, non ti ricordi più un cavolo! Non ti ricordi più dell’ingiunzione di Equitalia, della lettera minatoria dell’avvocato della tua ex moglie, della tua ultima amante che ti ricatta coi filmini porno (tu protagonista), delle geremiadi lacrimose dei tuoi ex operai rimasti sul lastrico quando hai delocalizzato, degli anni che passano, del tuo urologo che scuote la testa, dei tuoi figli che telefonano solo quando gli bloccano la carta di credito, etc., etc. Zero ricordi, zero tituli, zero via zero! Capito adesso, popolo, perché il jet set non ti ci invita, all’Isola dei Lotofagi?
E andiamo avanti con ‘sto svelamento dell’enigma che mi aspettano al ristorante. Balla numero non mi ricordo più, il capitano della Concordia non si chiama Francesco Schettino, nome ridicolo ma anche qui pesantemente allusivo. “Schettino”, cioè un pattino a rotelle solo, ma dai! Mai visto uno che schettina sull’acqua? Ma neanche quell’ebreo, come si chiama…Gesù Cristo. Con uno schettino solo, poi, cascherebbe per terra o perlomeno zoppicherebbe, dai! E qui c’è il trucco, l’allusione sfacciata e arrogante degli inventori di questa megaballa. Perché dicono i filologi, e Delfo conferma, che c’è un altro, un ben altro capitano di mare che zoppica! Ci siete? Fuochino? No?! Sveglia, ragazzi! Lo conoscete anche voi! E’ Ulisse, no? Ulisse è un soprannome, come l’etrusco Clausus da cui deriva Claudio, e vuole dire zoppo.
Lo so che avete un attention span di tre minuti, ma resistete un altro po’ che ormai ci siamo, dopo voi potete andare alle pagine sportive e io a mangiare.
Allora: il capitano Ulisse Berlusconi, pardon, Bernasconi, il grande eroe, santo, poeta, navigatore, cantante confidenziale, oltretutto pieno di soldi, stava al timone della Concordia, guidandola in un periplo culturale del Mediterraneo, il Mare Nostrum cioè Vostrum, remember?
Nella quotidiana familiarità con l’umile gregge dei suoi passeggeri – trecento parrucchieri addetti al suo trapianto di capelli , pensionati ben forniti di Viagra, lavoratori autonomi ignoti al fisco ma non al suo cuore paterno, impiegate pubbliche assenteiste e sognatrici, insomma di italiani – il capitano Ulisse tanto si compenetrò dei meriti e bisogni del popolo a lui affidato, che un giorno, salito sulla tolda della Concordia, così arringò le plebi: “Je vous ai compris! Io vi ho capiti, poveri sfigati! Non siete fatti per viver come bruti, ma per cuccare un po’ di bella vita anche voi! Dov’è Italo, dov’è il Nocchiero? Ah, sei qua, che parrucchiera ti trombavi? O Italo! O Nocchiero! Fa’ rotta sull’Isola dei Lotofagi!” E zàn, la Concordia alza le vele (si fa per dire, cià dei diesel che ti spostano il Peloponneso) e fa rotta verso il paradiso. Artificiale, va bè: ma te cosa credi, popolo italiano, che c’è anche quello vero? Ah, ecco.
E la nave va. Avvistamento delle coste dell’Isola dei Lotofagi, piccola vedetta lombarda, “Terra, terra,” etc., solito can can. Sul più bello, ma porca boia, drin! Squilla il telefonino del capitano Ulisse, maledetto! Numero privato, numero sacro! Il capitano Ulisse risponde, e capirai se non è Afrodite. “Ve’, ciccio, qua le Ninfe mi fanno una testa così! Cosa gli vai a promettere l’Olimpo per due suonatine di flauto, cretino! Quella civetta di Atena è andata a spiattellare tutto a papà Zeus! Prendi su il libretto degli assegni e vieni qua subito, sennò te lo taglio!” Tenendosi una mano dove immaginate, il capitano salta sull’elicottero e sparisce all’orizzonte, salutando con l’altra manina.
“Belìn!” fa Italo il Nocchiero, “Capitano! Capitano Ulisse, dove va?! Io non la so mica la rotta! Sulle carte non c’è, porca Era! Qua è tutto uno sco…” E SBADABAM, detto fatto la Concordia va a sbattere sul mitico (s)coglione.
Casino tipo Titanic o Mai dire banzai, etc. Un po’ di vecchi ci lasciano la ghirba, dispiace ma tutto sommato li tiriamo giù dalle spese che l’INPS è contenta. Sbarco fortunoso di passeggeri ed equipaggio, saltiamo tutta la descrizione, OK? Che tanto l’avete già visto in TV, come in Lost solo con la nave invece che l’aereo.
I naufraghi arrancano, arrivano in piazzetta, gran bel posto, di classe, e si accalcano al bar. Per fortuna c’è Mario il barista, un grandissimo, che non fa una piega e signoreggia l’invasione barbarica da par suo. “I signori desiderano?” Mario raccoglie tremilacinquecento ordinazioni diverse senza prendere appunti, e senza sbagliarne una le serve con eleganza in dodici minuti netti. Il popolino dei naufraghi fa conoscenza con il prodotto locale, l’inimitabile Loto, e un istante dopo questa decisiva agnizione non gliene può fregare di meno del naufragio, della Concordia, dei dispersi, dei morti, della class action contro gli armatori di cui tutti hanno parlato fitto fitto durante i perigliosi frangenti appena trascorsi, insomma di tutto.
Da quel fatidico istante, (ex) passeggeri ed (ex) equipaggio della Concordia si sono piazzati negli alberghi circonvicini al bar di Mario (tanto mica pagano loro, ci penserà l’assicurazione degli americani) e trincano Loto dalla mattina alla sera, fatti come biglie e contenti come pasque.
L’unico che un po’ guasta la festa è Italo il Nocchiero, che ha l’inveterata abitudine di alzarsi prestissimo, prima che apra il bar di Mario. Intanto che ciondola lì davanti in attesa che Mario tiri su la serranda, parla da solo, Italo, il rude Nocchiero dal cuore di bambino.
“Belìn, dov’è che andavamo? Dove, dove, dove, per i peli di Poseidone?! Ce l’ho sulla punta della lingua!” Lunga pausa, con Italo che si accende una meditativa MS e fissa a bocca aperta l’eterno ipnotico moto delle onde, il volo dei gabbiani, etc. “Ma sì! Ma certo! Dovevamo tornare a casa, a I…a Ita…”
E lì, Italo butta la cicca e smadonna tutte le Nereidi. “Belìn, non mi ricordo più! Com’è che si chiamava? Ita…Ita…Itaca? No, no, no Itaca, porc… (bip)”
Poi per fortuna arriva Mario, tira su la serranda, fa entrare il povero Italo, lo mette seduto al tavolino a leggere il “Corriere dei Lotofagi”, e lo tiene in chiacchiera intanto che gli mixa un cocktail dei suoi, e glielo serve bello fresco nel cristallo scintillante.
“Bè? Com’è, Italo?” fa Mario mentre Italo centellina. “Mario, sei un mago!” (è una coincidenza, Italo non ha letto Thomas Mann) “mi fai passare tutti i magoni!” gli risponde il Nocchiero Italo, col suo faccione adusto che si distende in un sorriso beato. “Sai come diceva il mio nocchiero, quand’ero marò sulla Conte di Cavour? Gennarino Scardamocchia, che marinaio! Quando ci beccavamo il cazziatone del primo ufficiale, Gennarino diceva sempre: ‘Chi ha dato ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto ha avuto, scurdammoce o’ passato, simm’ ‘e Napule, paisà!’ Va là, Mario, fammene un altro e segna in conto, eh?”
Bon, popolo italiano, questa è la vera storia del naufragio della Concordia. Ci sarebbe un epilogo sul capitano Ulisse in grossi casini perché a casa sua ci sarebbero certi Proci che gli trombano la moglie e gli rubano tutto, cosa anche prevedibile avendole egli messo più corna che in un cesto di lumache, ma sono da un canto voci non confermate, dall’altro cavoli suoi. Fine vera storia del naufragio della Concordia.
Caro Popolo Italiano, io dixi, et salvavi animam meam. Tu vedi un po’ di salvare il culo tuo.
Saluti e baci, tuo

Tiresia-RobertoBuffagni.


 Roberto Buffagni è un autore teatrale. Il suo ultimo lavoro, attualmente in tournée, è Sorelle d’Italia – Avanspettacolo fondamentalista, musiche di Alessandro Nidi, regia di Cristina Pezzoli, con Veronica Pivetti e Isa Danieli. Come si vede anche dal titolo di questo spettacolo, ha un po’ la fissa del Risorgimento, dell’Italia… insomma, dell’oggettistica vintage..

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