venerdì 1 febbraio 2008

La legalità secondo il "Corriere della Sera"



Decisamente sgradevole sotto l’aspetto ideologico, la copertina di ieri del Magazine del Corriere della Sera. Per quale ragione? Perché raffigura l’ex magistrato Gherardo Colombo nell’atto di tenere una “lezione di legalità” ai ragazzi di una scuola media milanese.
Chiaramente la copertina racchiude un minaccioso messaggio politico-editoriale per Berlusconi da parte di un Corriere della Sera pro-Marini e pro-Veltroni: “Attento a quel che fai, perché si ricomincia da capo con le campagne di stampa…”. Singolare, del resto, anche la coincidenza con l'attacco dell’ Economist, sempre di ieri, a Berlusconi...
Ma si tratta di bassa cucina politico-giornalistica. Sulla quale non desideriamo soffermarci. Del resto, e ci riferiamo a Berlusconi, alla fin fine ognuno ha gli avversari che merita.
Quel che invece infastidisce è il sottotesto "ideologico" racchiuso nella copertina. Quello di far passare l’idea che la legalità, come conformità e dunque rispetto e applicazione delle leggi vigenti, dipenda in ultima istanza dal magistrato. In breve, l’idea (in linea con il teorema della Procura milanese negli anni di Mani Pulite) che siano i giudici a poter decidere discrezionalmente, ciò che sia legale o meno. Sulla base, ovviamente, di una interpretazione spesso politicamente elusiva in un senso o nell'altro (il punto politico qui non ci interessa), della Costituzione e dei Codici. Situazione che riflette, di regola, un’ assoluta mancanza di autonomia della magistratura, che ha natura sociologica. Oggettiva, se si preferisce. Come abbiamo spiegato in un altro post, al quale rinviamo: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/2007/10/sull-indipendenza-della-magistratura.html).
Ora, basta avere una minima conoscenza di come in Italia funzioni la giustizia, anche a livello di piccolo contenzioso civile, per diffidare della discrezionalità (un tempo nelle università si parlava di equità), che molti giudici, spesso esercitano, ma - ecco il punto - nell’assoluta noncuranza del fatto che in ogni causa, anche minore, in realtà sono in gioco i beni e spesso anche le vite delle persone.
Avremmo potuto volare alto, citando il “tintinnio di manette” usato proprio dai giudici di “Mani Pulite, per “far parlare” gli inquisiti. Oppure l'opera di fiancheggiamento del totalitarismo da parte dei grandi tribunali “politici” moderni (dalla Rivoluzione Francese a quella Russa, per poi proseguire con le reazioni fasciste e nazionalsocialiste…). E invece no. Perché chiunque sia rimasto invischiato, almeno una volta nella vita anche in una causa civile, avrà sicuramente imparato, a sue spese, come funzioni ( e male) la giustizia in Italia.
Per questa ragione la copertina non c’è piaciuta. E, ovviamente, sia detto con tutto il rispetto dovuto alla degnissima persona di Gherardo Colombo. Oggi dimessosi da magistrato, e che ovviamente non è in alcun modo responsabile dei criteri di impaginazione di un Magazine...

Carlo Gambescia

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