Dai toni dei giornali, anche quando la sinistra sta zitta e subisce, diciamo quando mostra di essere sottotono, sembra che il povero Sergio Ramelli, sia stato ucciso ieri l’altro da Schlein, Conte, eccetera.
In Italia si assiste a qualcosa di veramente grave. Si chiama contraffazione della realtà. Anzi della verità. Che culmina nel brutto spettacolo di un governo, di estrema destra, che prende regolarmente a pugni l’opposizione. E quest’ultima, seduta al banco degli imputati, non reagisce. Come se la destra fosse all’opposizione e la sinistra a governo. Insomma va per la maggiore lo sport di dare addosso a una sinistra ormai inerme o quasi. Ovviamente dipigendola come complice degli assassini di Sergio Ramelli.
Singolare anche la posizione di Mattarella, che, pur proviene dalla sinistra democristiana. E che come gli è stato rimproverato, da fior di giuristi, avrebbe dovuto bocciare il decreto sicurezza perché incostituzionale. E invece è passato.
Non si vuole capire ( poi spiegheremo perché ) che ogni “vittoria” della destra, amplificata da un diabolico asse mediatico e social, spostatosi completamente a destra, significa renderla più forte, più sicura di sé. Il che spiega i quotidiani pugni sferrati contro l’opposizione. Ormai al tappeto.
Si rifletta. Quando la seconda carica dello stato, Ignazio La Russa, dedito ad ampliare la collezione paterna di busti del duce, dichiara pubblicamente, che i saluti romani non hanno alcuna importanza, e che invece è la sinistra a dover tuttora rendere conto della morte di Sergio Ramelli, significa che si è ben oltre la linea rossa o meglio nera.
Anche perché polemisti e politici di destra replicano con durezza, persino alle critiche più timide. Come fosse cosa più normale del mondo chiedere conto alla sinistra della morte di Sergio Ramelli dopo cinquant’anni.
E quali ragioni evoca la destra? Che la sinistra, a sua volta, chiede conto (ma sarebbe meglio dire chiedeva) alla destra della dittatura fascista.
Di cose, come dichiarato dalla stessa Meloni, accadute addirittura cento anni fa. Quindi – ecco il veleno – perché la destra non deve chiedere, eccetera, eccetera?
Capito il “trucco”? La destra mette sullo stesso piano un regime politico catastrofico, che per vent’anni immobilizzò l’Italia in un busto di gesso, al quale Fratelli d’Italia, di fatto e di diritto guarda (l’impostazione del decreto sicurezza è più autoritaria che mai), e quattro delinquenti impolitici, già isolati cinquant’anni fa, che non hanno nulla in comune con il Partito democratico.
Dietro l’ approccio, che poi è quello “storiografico” (si fa per dire) del Movimento Sociale Italiano, si cela la tesi che tra i fascisti di Salò e gli uomini della Resistenza non c’ era e non c’è alcuna differenza etico-politica. Todos caballeros.
Si tratta di una pericolosa rilettura della storia d’Italia, diciamo pure buonista (perché la cattivista dichiara la superiorità morale delle brigate nere), un tempo ristretta alle sezioni del Movimento Sociale, oggi condivisa pubblicamente. Anzi sfacciatamente da Fratelli d’Italia. E che, paradossalmente, chi scrive, che ha sempre condannato il profilo leninista della sinistra, sia ora a costretto a spezzare una lancia in suo favore, indica la gravità del momento. Semplificando, qui abbiamo, un anticomunista, e da sempre, Carlo Gambescia, che scrive cose che la sinistra sembra abbia il timore di riaffermare
Lo spettacolo della sinistra “punching ball” è veramente deprimente.
Anche negli Stati Uniti, strapazzati da Trump, i Democratici sono accusati di eccessiva timidezza. Ora però sembra che la sfida sia stata raccolta, seppure in chiave populista, da Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez, nonno e nipote vista la grande differenza di età, lanciatisi a capofitto in un tour politico di manifestazioni, dal discreto seguito, contro il tentativo autoritario di Trump. Auguri sinceri.
In Italia invece si continua a registrare una passività preoccupante.
Da cosa dipende? Non è facile rispondere. Sembra però che la sinistra, per un verso abbia accettato la nuova vulgata storica “degli uni e gli altri pari sono”, e che per l’altro soffra di una specie di senso colpa verso i fascisti. Senso di colpa per che cosa? Di aver sparato ai fascisti? Probabilmente. Si chiama pacifismo retroattivo. Giudichi il lettore.
Piaccia o meno, le due cose sono però collegate, e in modo circolare: quanto più si svaluta la Resistenza, tanto più diminuisce il senso di colpa verso i fascisti, più diminuisce il senso di colpa più si svaluta la Resistenza.
Dicevamo della contraffazione della verità portata avanti sistematicamente dalla destra. E qui sorge spontanea la domanda: è normale, seppure in perfetta linea con i nostri brutti tempi, che i membri dell’Anpi e coloro che celebrano la Resistenza vengano definiti estremisti e nostalgici? Parliamo delle radici etiche e politiche della Repubblica. Sacre in quanto tali, a prescindere da ogni aspetto politicamente contingente. Non ci si comporti da stupidi. Si guardi la Luna della Resistenza e non il dito di quattro estremisti filopalestinesi.
Forse sbaglieremo, ma è nostra impressione che la sinistra abbia tirato i remi in barca. Che pensi alla pura sopravvivenza in attesa che la “nottata” passi. E quel che è peggio, molti tra i pochi liberali italiani, sono schierati dalla parte del governo Meloni.
Di qui le stesse divisioni del tempo di Mussolini, tra liberal-democratici e liberali fiancheggiatori se non addirittura liberal-fascisti. I famosi liberali del “Listone” del 1924. Insomma, si scambiano i nemici della liberal-democrazia, quindi del sistema, per avversari interni al sistema. Sotto c’è l’antica speranzella antropologica del civilizzare i barbari, da Teodorico a Mussolini e Hitler.
I liberali non hanno imparato nulla. Che malinconia.
Carlo Gambescia