martedì 23 aprile 2019

 Memoria e politica 
Le due destre che pari sono

Talvolta le immagini  la  dicono lunga sul  rapporto tra memoria e politica.   Due esempi.
Il primo. La foto di Salvini con la mitraglietta, postata  da un suo stretto collaboratore, unita  a minacce, più o meno esplicite, sulla capacità dei leghisti, di saper  difendersi, senza tante mediazioni.   Provando così  di non ricordare  cosa ha rappresentato  nella storia del terrorismo italiano,  di destra come di sinistra, il fucile mitragliatore. Insomma,  si evocano gli “Anni di Piombo”. Con "leggerezza".  E chi se ne frega, dei caduti:  agenti, magistrati, politici, sindacalisti, professori, giornalisti, imprenditori.   

Il secondo. La locandina  di un contromanifestazione  organizzata da “I Camerati”, quattro giorni dopo il 25 aprile, per celebrare,  caduti fascisti e neofascisti:  da Carlo Borsani (1945), Sergio Ramelli (1975), Enrico Pedenovi (1976), il primo giustiziato dai partigiani comunisti, i secondi vittime della violenza terrorista degli "Anni di Piombo".  Qui l’evocazione ha radici ancora più lontane, che affondano nella Guerra Civile  (1943-1945). Chi ha ideato la locandina  sa perfettamente ciò che vuole.  Altro che "leggerezza"...


Dicevamo del rapporto tra  memoria  e politica. Se i leghisti non ricordano, i "camerati"  non  sembra  abbiano dimenticato.  Tuttavia, sia i leghisti che i neofascisti, non hanno imparato nulla.  I leghisti, probabilmente per pura ignoranza: Salvini  negli anni Settanta avrà avuto cinque-sei anni. E probabilmente in seguito, a scuola, se pure c'era, dormiva.  Per non parlare dei militanti e dell’elettorato leghista.   Sembra che Salvini abbia su Fb tre milioni di amici,  tutti pronti a  celebrare il carisma del "capo".  Un film già visto, tra l'altro.. .
I neofascisti invece continuano a vedere nel 25 Aprile una brutta pagina da cancellare. Se fedeltà c'è, riguarda la Repubblica Sociale.   Quindi ricordano tutto. Anzi, i tre nomi della locandina indicano che si crede fermamente  in una linea di continuità tra i caduti  repubblichini e i caduti missini. Il che dal loro punto di vista ha un senso. Nulla è cambiato. In qualche misura, ripetiamo, come  l' emigré  francese dopo il 1815,  i neofascisti "non hanno imparato nulla, non  hanno dimenticato nulla". Sarebbe interessante, chiedere un parere alla post-fascista Giorgia Meloni. 
Qual è il succo del   nostro discorso?  Che  immemori e memori,  leghisti e neofascisti, pari sono.  E che  di conseguenza, visto che non sono pochi, soprattutto i primi,  la Repubblica è in pericolo.

           Carlo Gambescia