lunedì 1 aprile 2019

Jim Carrey contro la Mussolini su Twitter
I reduci del Novecento



Jim Carrey,  il comico canadese  famoso per le smorfie e per le  feroci imitazioni  e caricature alla Vauro (per intendersi), ha ricevuto  una valanga  di insulti dalla nipote di Mussolini,  "la" nipote per eccellenza:   Alessandra.   Motivo: una vignetta su Piazzale Loreto pubblicata su Twitter (*).
Di Carrey, ricordiamo un’ impietosa imitazione dell’attore Charlton Heston,  schierato a destra e profeta  appassionato del diritto di armarsi, sancito dal Secondo Emendamento: “Se vorrai il mio fucile, dovrai venire a staccarlo dalle mie fredde mani morte”, così Heston, esemplificava il suo credo. Esponendosi alla bieca ironia  del  comico  sulle sua mani malferme, aggredite dal Parkinson.  
Al momento, il principale nemico di Carrey  è Trump.  

Inutile riportare gli insulti twittati dalla Mussolini. Ai quali, Carrey, per ora, non ha risposto.
Cosa dire?  Che il  Novecento è passato cronologicamente, ma non ideologicamente. Esiste   una categoria di reduci, che sembra  aver dimenticato  gli orrori  del totalitarismo, a destra come a sinistra.  Reduci, che, pur non essendo tali per l'anagrafe,  come Carrey e la Mussolini, si scontrano tuttora in nome del fascismo e dell’antifascismo. Senza forse immaginare di essere dalla stessa parte...
Certo, Alessandra Mussolini discende dal dittatore, però dal tipo di insulti  rivolti a Carrey sembra non averla  messa solo sul personale.  Il comico canadese,  per contro, come molti  liberal americani (ma ce ne sono anche da noi) scorge il fascismo ovunque:  da Reagan a Trump, passando per i due Bush, ma anche per  John Wayne e Charlton Heston, come detto. Secondo la vulgata liberal (non liberale, attenzione),   lo stesso concetto di autorità sarebbe in odore di fascismo.   
Le origini culturali  del reducismo (fascista-antifascista) dipendono  dalla mancata riflessione sulla natura, prima che totalitaria,  costruttivista del fascismo e  del comunismo. Fin dal  dopoguerra, il welfarismo, come forma di socialismo dolciastro ma non meno costruttivista,  ha  impedito ogni dibattito.  Il culto della "Stato Provvidenza", anche solo come idea da realizzare,  ha neutralizzato qualsiasi  seria analisi culturale e politica  sull'errata  credenza di poter cambiare l’uomo a tavolino, usando la forza dell’indottrinamento o l’indottrinamento della forza.   Di qui,  quella irrobustita  fede nello stato -  lontana anni luce  dall'approccio smithiano   -   come gigantesco agente di trasformazione. Quasi un dogma, che però accomuna  liberal, fascisti e welfaristi.  Il trait d'union è rappresentato dal socialismo, democratico o meno.  Un esempio, anche recente?   Un famoso  intellettuale europeo,  dal passato di destra,  ha dichiarato che come americano avrebbe votato per  Bernie Sanders.  Uomo politico, al quale, quando si dice il caso, vanno anche le simpatie di Carrey, che invece è di  sinistra.  Del resto la Mussolini  non  rivendica orgogliosamente il passato socialista del nonno?

Il Novecento è trascorso, fascismo, nazismo e comunismo sono morti,  ma non è morto il costruttivismo.  Se, per ipotesi,  si provasse a   discutere  con Alessandra  Mussolini o con  Jim Carrey  delle loro idee,  si potrebbe facilmente scoprire che  tutti e due,  condannano, rispettivamente,   gli errori del fascismo e del comunismo, ma ne esaltano le buone intenzioni. Per quale ragione? Perché nutrono la stessa visione salvifica  in uno stato  elevato a difensore, come ancora si sente ripetere,  "del popolo contro gli sfruttatori".  Di queste ideologie, Alessandra  Mussolini e Jim Carrey, celebrano,  forse senza neppure esserne del tutto consapevoli, l’aspetto collettivista, che  rinvia al costruttivismo e di riflesso, passando per un welfare, sempre più oppressivo e costoso,  al  momento totalitario racchiuso in tutte le forme di interventismo statale.  
Si chieda a Carrey un parere sulle politiche sociali a larghissimo raggio (ammirate dal Duce, da Hitler e Stalin) di  Franklin Delano Roosevelt? Oppure, alla Mussolini, un  giudizio  sulla natura “sociale” del fascismo?  La risposta sarà che  lo stato non può restare a guardare. E che deve intervenire in tutti i campi, regolamentando, diritti, imprese, libertà, eccetera, eccetera.   
Ecco, lo statalismo,  con le sue implicazioni totalitarie,    è  forse il lascito più gravoso del secolo scorso. Per i reduci del  Novecento, lo stato è tutto, l’individuo nulla.  
Altro che Piazzale Loreto.  O diritto di portare o meno una pistola. 
Carlo Gambescia                      


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