lunedì 26 novembre 2018

Un articolo  di  Flavia Perina sulla "Stampa"  
 Gilet gialli e fazzoletti fucsia? Diversamente libertari...




Quanti anni contano oggi sul pallottoliere della vita  i ragazzi degli anni Settanta? Tra i cinquanta e i sessanta con punte, i più anziani, i sessantottini autentici, di settanta.
Ebbene,  secondo Flavia Perina (*) - tesi che non  può non colpire  il sociologo -  queste “classi di età”  rappresentano  il fulcro sociale delle proteste di piazza a Parigi, ma anche a Roma, come la manifestazione di  sabato.  E in nome di che cosa? Della cultura dei diritti: dal  diritto alla pensione, costi quel che costi,   a quello per  una legislazione ad hoc, dunque particolare, secondo il genere. E così via. I nonni, o quasi, difendono i diritti conquistati negli anni Sessanta-Settanta. Se ci si perdona la battuta,  li si potrebbe definire:  diversamente libertari, anche  nel senso dei capelli grigi...
Non sappiamo, se al di là del giudizio impressionistico, vi sia una reale rispondenza nei fatti “anagrafici”.  Mancano, al momento,  cifre precise sulla composizione sociale delle proteste, in Francia come in Italia.  Tuttavia la tesi è interessante.  Però ecco il punto:  Flavia  Perina assegna un valore politico positivo  -  almeno così sembra  -  alla protesta,  a suo avviso,    prezioso ed  eroico portato di una cultura dei diritti. 
Noi invece non crediamo che queste manifestazioni abbiano natura, semplificando (in sociologhese), altruistica. Come del resto abbiamo scritto ieri (**).  Almeno a prima vista, sembrano essere  fenomeni sociali egoistici. Che, ecco il punto,  portano - oggettivamente -  acqua al mulino della protesta populista, rischiando così di delegittimare  i tre  pilastri dell’ ordine liberale: la democrazia rappresentativa, l’economia di mercato, lo stato di diritto. 
Flavia  Perina,  purtroppo,  sembra  continuare  a confondere libertarismo  e liberalismo.  In realtà, il libertarismo, dopo il Sessantotto,  ha condotto, una volta calato dall’alto in una società di massa, al “politicamente corretto di sinistra”, se si vuole alla pratica liberal-socialista.  Per limitarsi a due esempi:  al  diritto per segregazione di genere e a una contorta antropologia  delle pensioni,  totalmente sganciata dalle regole dell’economia di mercato. In una parola, anzi due, all’ individualismo protetto, e di massa,  tipico delle socialdemocrazie, spiccatamente socialiste, insomma, poco o punto, liberali.
Mentre il liberalismo ha edificato spontaneamente, dal basso,  per prove ed errori, durati alcuni secoli, quella  rete politica, economica e giuridica, che, dopo aver sconfitto armi in pugno i totalitarismi,  ha consentito settant’anni di pace, sviluppo e benessere.  
Il libertarismo del Sessantotto si è invece convertito in una dittatura dei diritti particolari  dei più differenti  gruppi sociali  in continua lotta fra di loro.  Come,  per  ogni   fenomeno  di parassitismo sociale, il libertarismo  ha fatto leva sulle rete politica, economica e giuridica liberale. Solo per stravolgerla però.  E in nome di  certo  pluralismo corporativo,  tutto pratico,  che con lo stato di diritto, la democrazia rappresentativa e l’economia di mercato, non aveva e non  ha nulla a che vedere.
E poiché la verità si vendica sempre,  il conflitto tra le diverse “coalizioni distributive”, favorite da un diritto motorizzato, e socialistoide,  da macchinetta distributrice di liofilizzato libertario,  ha condotto alla crisi sociale e  fiscale dello stato. E per dirla tutta, anche morale, perché   ha minato il senso di responsabilità verso l’intelaiatura  liberale.  Di qui, i necessari tagli e redistribuzioni economiche, ai quali le generazioni  ricordate dalla Perina si ribellano, anche al solo minimo accenno.  Andando così  a ingrossare quell’onda lunga populista che rischia di distruggere l’ordine liberale. Detto altrimenti: il pericolo è quello di   cancellare una rete politica, giuridica ed economica, che finora ha consentito, pur tra gli stravolgimenti libertari o meglio liberal-socialisti, l’esercizio delle  libertà. Insomma, si rischia di  tagliare l'albero, sui cui rami si sta comodamente seduti, ammirando un panorama, mai prima goduto  nella storia umana.
Parliamo delle stesse libertà che i  nonni e le nonne in gilet gialli e fazzoletti fucsia, negli anni Sessanta e Settanta, da giovani baldanzosi, per ragioni politiche, estreme ma opposte, impedivano o negavano  nelle università e nelle piazze. Ieri come  oggi.
E Flavia Perina  queste cose dovrebbe ricordarle.  Certo, i diversamente libertari provano anche  di aver conservato  le "competenze tecniche". Ma è  proprio il caso di andarne fieri?  Qui,  non si tratta solo di saper usare  un  megafono  e  fronteggiare la polizia. C'è tutto un mondo intorno, chiuso in difesa di un egoistico individualismo protetto, come abbiamo cercato di spiegare. O no?  

Carlo Gambescia   



(**) http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2018/11/panuelo-rosa-e-gialli-come-distruggere.html :

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