sabato 21 luglio 2018

Obbligo del  seggiolino antiabbandono? 
Il circolo vizioso del welfare



Ci sono  notizie negative  che  non attirano l’attenzione delle persone comuni,  ma colpiscono il sociologo perché rappresentano un segnale d’allarme.  Insomma,  la punta dell’iceberg, per usare una terminologia banale.
Di che parliamo?   Il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti,  Toninelli, Cinque Stelle di origine controllata, vuole rendere obbligatorio l’uso del seggiolino antiabbandono dei bambini in auto. Ovviamente defiscalizzato, si parla  di una detrazione di duecento euro.  
Perché questa decisione? Secondo il Ministro,  “8 decessi in Italia per abbandono negli ultimi dieci sono troppi”. Quindi bisogna intervenire. Del resto,aggiunge Toninelli, assassinando la lingua italiana: “ Quelle poche decine di euro che madri e padri dovranno spendere lo faranno con gioia” (*).
Ovviamente, gli italiani (intervistati), sono soddisfatti: “Era ora che lo stato intervenisse”.   
Fin qui la notizia.  Diciamo pure che dal punto di vista dell’analisi sociale  - del segnale d’allarme -  il quadro è completo.  Vediamo perché.   
1) Una finta emergenza, nel segno del catastrofismo sociale;   2)  lo stato occhiuto che si sostituisce alla famiglie 3) l’assistenzialismo, con l’inevitabile deresponsabilizzazione dei genitori 4) il carico fiscale che ricade sulle spalle di tutti i cittadini.  
Si innesca insomma il circolo vizioso  del welfare:  il  cittadino scarica la responsabilità individuale di genitore  sullo stato,  che, a sua volta,  è ben felice di sostituirsi al cittadino, introducendo nuove normative e balzelli, perché di questo vive in modo parassitario.
Siamo davanti a un caso da manuale che illustra bene la dannosità della  mentalità welfarista. Pensiamo  all’ assuefazione, nel cittadino,  e più in generale nell’individuo,  a un comportamento socialmente passivo:  non si decide, ma si chiede; non si sceglie,  ma si delega; non si delibera, ma si attende. La fine, insomma,  di ogni sano individualismo. 
Piano piano  ci si ritira nel bozzolo di un singolarismo sociale protetto, dove lo stato è tutto, l’individuo nulla, nel senso che i diritti individuali, non preesistono ai singoli ( e non sono sentiti come tali), ma sono attribuiti, delimitati, tassati. Alla moltiplicazione dei diritti, anche dei più inutili e pretenziosi, corrisponde la moltiplicazione dei poteri dello stato attraverso la regolamentazione. Quel che si acquista sulla carta, si perde  nella  pratica,  dominata dalla selva oscura di  norme e regolamenti. Per farla breve:  ogni diritto in più, un briciolo di libertà in meno.  E quel che è più grave rimane la crescente passività del singolo, che, anzi, chiede sempre maggiore protezione.  Sul piano collettivo il conformismo fa il resto.   Si chiama anche comportamento mimetico: si diffondono  micro-paure, proliferano micro-diritti,  e così via.    
In qualche modo, l’obbligatorietà del seggiolino antiabbandono, libera il genitore dalle sue responsabilità, aumentandone, come si legge,  la qualità della vita... Un diritto, sebbene imprecisato, anche questo...  Si  esonera il genitore  ancorandone  però  il  comportamento   all’adempimento di alcune norme.   In questo senso, tuttavia, l’individuo,  non è più padre (o madre), perché demanda  al diritto e alla tecnologia,  ma, al tempo stesso,  non è  più libero di prima, perché deve rispettare normative intricate, pagare tributi elevati, eccetera, eccetera.   
Non sarebbe così difficile da capire,  eppure…

Carlo Gambescia