sabato 18 giugno 2016

 Luca Bergamo,  ideatore di “Enzimi”,  futuro  assessore pentastellato  alla “Crescita culturale”
 Cosi parlò Virginia Raggi



Tra i nomi dei futuri assessori pentastellati, colpisce quello di Luca Bergamo, che  si occuperà, come ha dichiarato Virginia Raggi,  di “Crescita culturale” (1).  Qui il curriculum (2).
Bergamo, di  cui non disconosciamo le notevoli capacità organizzative,  pratica però un approccio socratico-olista. Tradotto:   il futuro assessore  pone al centro della sua visione  politica  l’identità tra conoscenza e virtù ( più libri leggi, più musei visiti eccetera, più  diventi buono) e cittadinanza (più libri leggi, più musei visiti eccetera, più  ti trasformi in buon cittadino).  Roba da manuale del cittadino perfetto.  Che rinvia a quello dell’uomo perfetto, che a sua volta rimanda al pensiero utopico, facendo così scattare il sistema di allarme contro il virtuismo a sfondo totalitario, brevettato per l' Italia dall'ottimo Luciano Pellicani.       
Si dirà, perché questa severità?  Un signore che accetta di fare l’assessore non può  non avere una visione interventista della cultura.  E sia.  Ma Bergamo, almeno così sembra, vi crede troppo. Basta fare un giro su YouTube (3) oppure visitare i siti di “Culture Action Europe” (4), associazione che egli presiede, nonché di “Enzimi” (5),  sua creatura, per sentirsi ripetere in modo martellante che la cultura, a cominciare da quella giovanile,  è  fattore di trasformazione della cittadinanza da  “passiva in  attiva”, e che  è necessario implementare  “buone pratiche” che aiutino il processo. Non si pronuncia però mai la parola libertà, nel suo senso individuale. Il tutto sembra  prevalere sulla parte:  la stessa libertà artistica viene vissuta in chiave olistica, come strumento di cambiamento collettivo. La logica politica di Bergamo ( e sarebbe interessante saperne di più sulle sue letture)  è quella  del sassolino che, precipitando a valle,  insieme agli altri pezzi di roccia,  si  trasforma via facendo  in  gigantesco  e rovinoso smottamento collettivo capace di cambiare il corso della storia.
Insomma, nella  sua visione l’individuo conta solo se e quando  accetta le “buone pratiche”, naturalmente collettive.  E qui si aprono due (grosse) questioni:  sui contenuti delle “buone pratiche” e sull' implementazione delle medesime.
Da quel che per ora siamo riusciti a capire, le  “buone pratiche”, rinviano a un fritto misto di ecologismo, arte e musica urbana, mode giovanili, millenarismo museale,   transculturalismo  neo-mediatico. Tradotto:  fumo da Social Network. Mentre  l’ implementazione rimanda  all’idea, ben criticata da Fumaroli,  di un  État cultural, quale fonte però, come per il fisco, di redistribuzione  del capitale culturale  (Bourdieu?). Tradotto: tasse da Welfare.
Il punto, come dicevamo,  è  quanto Bergamo creda in ciò che dice. Perché scoprirlo aiuterebbe a capire se abbiamo davanti un buonista come Veltroni o un guru come Casaleggio…

Carlo Gambescia


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