martedì 3 maggio 2016

 I De Amicis della Cassazione: se l' homeless ruba per fame, non è reato

Contro i ladri di mele



La proprietà non è più sacra da un pezzo.  Lo stato, incarnazione del politico dei moderni, la  calpesta da anni in nome dell’ ”utilità generale” o sociale,   come del resto prova la nostra  Costituzione (articoli 42-43) di stampo catto-socialista: “utilità” che non è altro che una formula retorica usata dal punto di visto redistributivo per puntellare,  attraverso l’acquisto del consenso, il potere di burocrazie espropriatrici.  Pertanto,  in prospettiva, quando lo stato  si propone finalità sociali,  tutte le  proprietà, anche quelle di fresca origine redistributiva, finiscono per essere a rischio.
In realtà,  il diritto di proprietà  impedisce al cittadino di offrirsi nudo allo stato e perciò  di implorare protezione economica.  Dove c’è proprietà regnano responsabilità e indipendenza politica. Siamo davanti a un diritto pre-politico di libertà.  Gli abusi sono competenza del diritto penale  non di quello pubblico. Furto e rapina, ad esempio,  vanno  puniti in modo  esemplare  e inesorabile. Dicesi, tra l'altro, certezza del diritto. 
E invece no.  Il famigerato ladro di mele, così  caro ai nipotini di  De Amicis,  riesce sempre a farla franca.  Leggere per credere.

"Il fatto non costituisce reato": per questo motivo la Cassazione ha annullato completamente la condanna per furto inflitta dalla Corte di Appello di Genova a un giovane straniero senza fissa dimora, affermando che non è punibile chi, spinto dal bisogno, ruba al supermercato piccole quantità di cibo per "far fronte" alla "imprescindibile esigenza di alimentarsi". Con questo verdetto la Suprema Corte ha giudicato legittimo non punire un furto per fame del valore di 4 euro per wurstel e formaggio


Spinto dal bisogno?  La Caritas  non nega un piatto di minestra a nessuno.  Nella nostra società  il rischio di morire di fame è pari a zero.  Se si ruba del cibo è solo  per la pigrizia di fare alcuni isolati a piedi. E l’ozio come recita un antico proverbio è il padre di tutti vizi… Sicché, invece di premiare la virtù (l’operosità),  la Cassazione ha premiato il vizio (la pigrizia). E in qualche misura si sono premiati  i nemici della  proprietà privata e del senso di responsabilità individuale: due fattori alla base di ogni ordinato sistema sociale.   Certo,  se una persona ruba al supermercato si tratta “solo” di un furto.  Ma se  a rubare cibo  fossero  mille persone? Sarebbe un esproprio proletario. E se  fossero un milione?  Sarebbe una rivoluzione. Quindi il messaggio per i giudici, e veicolato dagli stessi, dovrebbe essere il seguente: mai  incoraggiare  i micro-comportamenti potenzialmente lesivi dell’ordine sociale. E invece...  
E se il proprietario del supermercato, per un personale senso di umanità,  avesse  chiuso un occhio?  Buon per lui.  Ma lo stesso proprietario  avrebbe  ugualmente  chiuso  un occhio se  diecimila persone avessero   assaltato il suo supermercato ? 
Una persona o un milione, il principio non cambia: dura lex, sed lex, se il furto secondo il diritto penale  positivo è un reato, tale deve restare. E' vero che il Codice Penale (artt. 54 e 59, sulle circostanze del reato) prevede lo stato di necessità. Ma è dato squisitamente ideologico, interpretabile dal giudice. Quindi si ritorna da capo: il giudice  nemico della proprietà privata concederà tutte le attenuanti del caso, magari invocando un  qualche pseudo-diritto socialista alla vita minacciato dai proprietari dei supermercati...
Insomma,  piaccia o meno,  Tribunali e Cassazione, ogni volta che mandano assolto un ladro di mele, minano l'ordine sociale.   

Carlo Gambescia               


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