Si torna a parlare di un intervento italiano in Libano
Prodi come Cavour?
Il parallelo storico piacerebbe sicuramente a Sergio
Romano, benché possa apparire piuttosto azzardato. In effetti i due personaggi,
Cavour e Prodi, sono profondamente diversi. Inoltre Prodi è sicuramente
destinato a lasciare nella storia d’Italia una traccia meno rilevante…
Ma il parallelo può essere interessante perché permette di capire quel che fa differenza tra uno statista e un puro e semplice uomo politico: la prospettiva storica, vale a dire la capacità di collocare la politica interna, e in questo caso estera, nel quadro più generale dell’evoluzione storica. Volgarmente si può parlare di lungimiranza storica.
Ora, la spedizione piemontese in Crimea ( 1855), un contingente di circa 15.000 uomini (non un scherzo per il Piemonte dell’epoca, sia sul piano finanziario che militare) come tutti gli storici riconoscono, permise a Cavour di porre nel successivo congresso di Parigi (1856) la questione dell’ unità italiana e quella, più sottile, dell’ avvicinamento politico a Francia e Gran Bretagna (alleate della Turchia e avversarie della Russia), che sarebbe tornato utile nel decisivo “biennio unitario” (1859-1861).
Chi scrive non è uno storico. Inoltre sarebbe inutile entrare nel merito delle vicende che provocarono la “guerra di Crimea” (1853-1856), sostanzialmente legata alla Questione d’Oriente e al problema dello sbocco nel Mediterraneo del gigante imperiale russo, inviso soprattutto alla Gran Bretagna. Quel che invece interessa sottolineare è la capacità cavouriana (sorvolando sull’uomo, sulle sue idee politiche, e sui giudizi di merito che si possano dare sull’unità italiana ), di andare oltre la “politica politicante”, a breve scadenza: vale a dire di individuare chiaramente l’interesse italiano ( quello di allearsi con Francia e Inghilterra), e di utilizzare l’alleanza per la costruzione di un progetto storico concreto e di grande respiro: l’unità italiana.
Ma veniamo a Prodi. Sarebbe facile ironizzare sulla formazione e la personalità di tipo professorale-manageriale (pubblica) del personaggio: abituato più a ricevere ordini che a darne. E dunque a dipendere dagli altri (potere politico e accademico) più che da se stesso.
Ora, Prodi ha deciso, non solo di andare in Libano su mandato Onu (e dunque di un’entità politicamente fluttuante), ma propone, è notizia di questa mattina, la “guida italiana” ( e dunque l’assunzione di ulteriori impegni politici, militari, economici): il massimo dell’irresponsabilità politica e la prova di una assoluta mancanza di prospettiva storica.
Irresponsabilità politica, perché a differenza di Cavour, che stando ai documenti privati e parlamentari dell’epoca, conosceva la situazione politica fin nei minimi dettagli, Prodi non ha alcuna visione precisa né della situazione né delle sue conseguenze politiche, visto che al momento non c’è ancora alcuna chiarezza sulla natura del mandato, le regole di ingaggio, costi economici, eccetera. Perciò, a voler essere clementi, Prodi mostra una grande superficialità.
Mancanza di prospettiva storica, perché, se per Cavour lo scopo ultimo doveva essere il conseguimento dell’ unità italiana, in perfetta sintonia con lo “spirito dell’epoca”(l’Ottocento fu l’età per eccellenza dello Stato-Nazione), oggi per Prodi il solo vero scopo storico dovrebbe essere l’unità europea, non solo politica, ma militare ed economica. Oggi la storia e geopolitica, vanno verso la costruzione di grandi blocchi continentali. Lo stato-nazionale, può svolgere ancora un ruolo significativo, ma all’interno di grandi blocchi geopolitici, ben coesi. E l’ Unione Europea, malgrado la cecità di Prodi e di altri leader europei, ne costituisce naturalmente uno.
Ogni decisione che eventualmente vada contro questo processo, come appunto quella di Prodi (e a prescindere dalla eventuale partecipazione alla missione di Francia o Germania…) è antistorica. Ma si tratta anche di un gravissimo errore politico, che può andare a vantaggio solo di Stati Uniti e Israele (altrimenti non si spiegherebbe la sospetta acquiescenza israeliana alle truppe Onu). Ma che può però provocare altri inutili e tragici lutti in tante famiglie italiane. Per non parlare del già duramente provato popolo libanese.
Ma il parallelo può essere interessante perché permette di capire quel che fa differenza tra uno statista e un puro e semplice uomo politico: la prospettiva storica, vale a dire la capacità di collocare la politica interna, e in questo caso estera, nel quadro più generale dell’evoluzione storica. Volgarmente si può parlare di lungimiranza storica.
Ora, la spedizione piemontese in Crimea ( 1855), un contingente di circa 15.000 uomini (non un scherzo per il Piemonte dell’epoca, sia sul piano finanziario che militare) come tutti gli storici riconoscono, permise a Cavour di porre nel successivo congresso di Parigi (1856) la questione dell’ unità italiana e quella, più sottile, dell’ avvicinamento politico a Francia e Gran Bretagna (alleate della Turchia e avversarie della Russia), che sarebbe tornato utile nel decisivo “biennio unitario” (1859-1861).
Chi scrive non è uno storico. Inoltre sarebbe inutile entrare nel merito delle vicende che provocarono la “guerra di Crimea” (1853-1856), sostanzialmente legata alla Questione d’Oriente e al problema dello sbocco nel Mediterraneo del gigante imperiale russo, inviso soprattutto alla Gran Bretagna. Quel che invece interessa sottolineare è la capacità cavouriana (sorvolando sull’uomo, sulle sue idee politiche, e sui giudizi di merito che si possano dare sull’unità italiana ), di andare oltre la “politica politicante”, a breve scadenza: vale a dire di individuare chiaramente l’interesse italiano ( quello di allearsi con Francia e Inghilterra), e di utilizzare l’alleanza per la costruzione di un progetto storico concreto e di grande respiro: l’unità italiana.
Ma veniamo a Prodi. Sarebbe facile ironizzare sulla formazione e la personalità di tipo professorale-manageriale (pubblica) del personaggio: abituato più a ricevere ordini che a darne. E dunque a dipendere dagli altri (potere politico e accademico) più che da se stesso.
Ora, Prodi ha deciso, non solo di andare in Libano su mandato Onu (e dunque di un’entità politicamente fluttuante), ma propone, è notizia di questa mattina, la “guida italiana” ( e dunque l’assunzione di ulteriori impegni politici, militari, economici): il massimo dell’irresponsabilità politica e la prova di una assoluta mancanza di prospettiva storica.
Irresponsabilità politica, perché a differenza di Cavour, che stando ai documenti privati e parlamentari dell’epoca, conosceva la situazione politica fin nei minimi dettagli, Prodi non ha alcuna visione precisa né della situazione né delle sue conseguenze politiche, visto che al momento non c’è ancora alcuna chiarezza sulla natura del mandato, le regole di ingaggio, costi economici, eccetera. Perciò, a voler essere clementi, Prodi mostra una grande superficialità.
Mancanza di prospettiva storica, perché, se per Cavour lo scopo ultimo doveva essere il conseguimento dell’ unità italiana, in perfetta sintonia con lo “spirito dell’epoca”(l’Ottocento fu l’età per eccellenza dello Stato-Nazione), oggi per Prodi il solo vero scopo storico dovrebbe essere l’unità europea, non solo politica, ma militare ed economica. Oggi la storia e geopolitica, vanno verso la costruzione di grandi blocchi continentali. Lo stato-nazionale, può svolgere ancora un ruolo significativo, ma all’interno di grandi blocchi geopolitici, ben coesi. E l’ Unione Europea, malgrado la cecità di Prodi e di altri leader europei, ne costituisce naturalmente uno.
Ogni decisione che eventualmente vada contro questo processo, come appunto quella di Prodi (e a prescindere dalla eventuale partecipazione alla missione di Francia o Germania…) è antistorica. Ma si tratta anche di un gravissimo errore politico, che può andare a vantaggio solo di Stati Uniti e Israele (altrimenti non si spiegherebbe la sospetta acquiescenza israeliana alle truppe Onu). Ma che può però provocare altri inutili e tragici lutti in tante famiglie italiane. Per non parlare del già duramente provato popolo libanese.
Carlo Gambescia
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