In effetti,
fa malinconia. Chi? Il “Secolo d’Italia”, ora
on Web. Perché, pur sforzandosi di navigare a
vista nel tempestoso mare del Pdl, si capisce subito che
politicamente non rappresenta più nessuno. Se non un
gruppetto di esodati (a peso d’oro) dal Parlamento, tornati
al giornalismo, tanto per non farsi mancare nulla. Inutile
fare i nomi, basta “sfogliarlo”: http://www.secoloditalia.it/
.
Assomigliano a
generali in pensione. Danno consigli non richiesti, tracciano
pomposi scenari politici, formulano idee strategiche da guerre stellari...
Ma nessuno se li fila: non hanno truppe. Detto altrimenti, voti.
Sotto sotto molti confidano nelle prossime elezioni europee, pochi altri nella
rinascita di An, pochissimi nella bontà (retroattiva, questa sì) del Cavaliere.
Tutti quanti, però, sperano, per restare in metafora, di essere
richiamati in servizio attivo. Per certi versi ricordano - ma
senza la dignità di essere passati tra le fiamme della guerra civile
- i loro nonni e padri che, nel 1945-1946, si
accapigliavano sotto i portici della romana piazza Colonna, discutendo,
rigorosamente a stomaco vuoto, sulle cause della sconfitta mussoliniana:
leggere per credere gli avvincenti libri di Ugo Franzolin,
già redattore del “Secolo d’Italia”, oggi scomparso, uomo di
altra tempra. Parliamo, insomma, di poveri cristi che avevano
giocato e perduto tutto. Mentre gli esodati
goldfinger di Fini e Berlusconi possono addirittura
permettersi di scrivere a tempo perso.
Alcune settimane fa sul
“Secolo d’Italia” è apparso il necrologio di un
intellettuale gentiliano della vecchia guardia missina, scritto da un ex
collaboratore del Gianfranco Fini leccatissimo Presidente della Camera.
Le lacrime sembravano vere… Mentre leggevamo, abbiamo però
pensato: quante volte l’autore della commemorazione ha
invitato il professore scomparso alle Giornate montecitoriane del libro
politico? Nessuna. O magari, vista la salute malferma, solo
ricordato, dedicandogli una sessione? Come sopra. E per
quale ragione? Perché, evidentemente, un fascista tutto d'un pezzo poteva
compromettere la nuova immagine democratica di Fini & Co. Ora, però,
come in ogni buon coccodrillo e coccodrillo egli stesso, cita, con le
lacrime agli occhi, lo studioso scomparso, quale prezioso esempio
di schiena dritta ... Che pena.
Carlo Gambescia