giovedì 5 febbraio 2009

Il libro della settimana: Orlando Lentini, La sinistra americana pensa il mondo , Franco Angeli, Milano 2008, pp. 216, euro 22,00. 

http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_libro.aspx?CodiceLibro=1944.28


In tempi in cui si parla, spesso fuori contesto, del neo-presidente Barack Obama, può essere utile capire meglio il background culturale della sinistra Usa.Intanto, come dire “al volo”, consigliamo l’ Encyclopedia of the American Left, a cura di Mari Jo Buhle, Paul Buhle, Dan Georgakas ( Oxford University Press 1998, 2° ed., pp. 1024, $ 102,73 ): una miniera di dati e informazioni da tenere sempre a portata di mano. E’ in preparazione la terza edizione.  
Ma veniamo al denso volume di Orlando Lentini, La sinistra americana pensa il mondo (Franco Angeli, Milano 2008, pp. 216, euro 22,00). Lentini, che insegna sociologia all’Università degli Studi Federico II di Napoli, da anni ormai si occupa del pensiero di Immanuel Wallerstein, ma anche di storia del pensiero sociologico e con grande finezza e originalità. Piace qui ricordare un suo studio antologico, pionieristico e coraggioso, intitolato L’analisi sociale durante il fascismo (Liguori 1974). Dove, pur prendendo giustamente le distanze dal “regime”, poneva il problema della “continuità” storica, anche se in chiave conservatrice, della sociologia italiana. Opponendosi così di fatto all’ideologia della “frattura”, sostenuta da certa sociologia di impianto neo-illuminista, che scorgeva nel ventennio fascista solo rovine intellettuali.
Ma torniamo alla sinistra americana. Quel che più colpisce è la capacità di Lentini di cogliere, sulla scia delle analisi di Gabriel Kolko e del percorso intellettuale di Immanuel Wallerstein ( il libro, in primis, rappresenta un’ ottima introduzione al pensiero di quest’ultimo) la contiguità culturale e politica, soprattutto dopo il 1945, dell’intellettuale liberal americano al cosiddetto capitalismo manageriale: visto dai progressisti come necessaria alternativa americana e mondiale al comunismo sovietico, perché capace di produrre in modo efficiente su larga scala. E perciò in grado di costituire il naturale terreno economico per costruire nella libertà una società più giusta.
Ma in che modo? Attraverso il controllo pubblico dell’ economia, fatta salva, ovviamente, la natura privatistica del sistema. Insomma riforme dall’alto e non rivoluzione dal basso. Di qui, riteniamo da buoni lettori di Lasch (stranamente ignorato da Lentini), certo elitismo di una sinistra liberal interventista che tuttora crede di conoscere il bene del popolo, meglio dello stesso popolo…
Al riguardo resta esemplare, nel bene e nel male, la figura di Galbraith, ideologicamente “ristretto” tra Roosevelt e Kennedy: teorico del controllo pubblico dell’economia e della necessità di fornire al cittadino non solo beni privati. Un bisogno, quello di beni pubblici (salute, ambiente, istruzione), che di recente il Nobel Paul Krugman, economista liberal, ha segnalato al neo-presidente Obama. Come ricetta non più per combattere il comunismo ma per uscire dalla crisi, rilanciando gli investimenti pubblici e invitando così anche le altre nazioni a fare la stessa cosa. Obama lo ascolterà? Sarà capace di parlare al mondo, come auspica la tradizione liberal. Per ora non pare…
Comunque sia, La sinistra americana pensa il mondo può essere una buona guida per seguire il cammino del neo-presidente. E capire se, nei fatti, Obama si dimostrerà un vero riformista oppure no . 

Carlo Gambescia

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