Gli storici e i sociologi dei prossimi secoli, ammesso e non concesso che le tradizioni liberali sopravvivano, guarderanno al periodo tra il 1945 e il 2025, come all’ età aurea in cui l’idea di pace, dopo due guerre spaventose, fu qualcosa di più un’idea regolativa.
Si scriverà, con rimpianto, che si giunse al punto di mettere in discussione l' uso stesso della forza nella risoluzione dei conflitti tra stati. Alla forza, come volontà di piegare uno stato ai voleri di un altro stato, si doveva sostituire l’addomesticamento della forza attraverso il contratto. Questo l’imperativo. E questo in larga parte fu.
Di qui però le critiche, tipiche delle età dei contratti (la storia ne offre diversi esempi, a cominciare da Babilonia), verso il realismo politico. I pochi studiosi della materia non furono mai ascoltati, perché, in netta controtendenza, ritenevano (orrore!) che alla spada sarebbe sempre toccata l’ultima parola.
In pratica furono ridotti al silenzio: o perché complici di dittature (si pensi a Schmitt), o perché liberali tristi (come Aron e Freund), quindi contrari a ogni visione idilliaca della natura umana.
Per ottant’anni, nonostante le guerre “minori”, la cultura dell’Occidente – questo leggeranno i posteri – separò, nella pratica e fin dove possibile, politica e forza, respingendo qualsiasi idea di conquista militare o di guerra di distruzione del nemico.
L’ Occidente puntò su forme di razionalizzazione-giustificazione del presente di pace, come la teoria pacifista, che dipinge l’uomo come un pacifico animale domestico. Perché aggredirsi se ci si può sedere intorno a un tavolo e così trovare un accordo? E si fu orgogliosi di tutto questo: perché alla spada si era sostituito il contratto. Ecco la filosofia, non priva di fascino, dell’età dei contratti.
Poi all’improvviso accadde qualcosa. La Russia invase l’Ucraina, e questo si poteva ancora capire, perché quelle popolazioni erano bellicose fin dal tempo degli Sciti, nomadi eurasiatici. Ciò che non si capì invece fu l’atteggiamento di Donald Trump, presidente americano, conservatore, imbevuto di cultura del contratto, che invece di contrastare la cultura della guerra la favorì. Scambiò l’Ucraina e l’Europa con il Canada e la Groenlandia, territori di cui si impossessò. Dopo di che rimase a guardare davanti alla conquista dell’ Europa da parte della Russia.
Inoltre alla prima occasione, Trump si lanciò sulla Cina. Subito attaccata alle spalle dalla Russia. L’età dei contratti si chiuse con un catastrofico conflitto mondiale. La guerra dei tre imperi. Effetto perverso delle azioni sociali. Si persegue la pace, e per un qualcosa di sghembo racchiuso nell’animo umano, si consegue la guerra.
Al’uomo pacificato dell’età dei contratti tutto questo può sembrare assurdo. Inoltre si dirà che con la fantastoria non si va da nessuna parte. Un puro gioco intellettuale. Giustissimo.
Però qualcosa sembra muoversi. Sull’invasione dell’Ucraina Trump ha sposato ufficialmente, addirittura in sede Onu, la versione di Putin. Inoltre il suo Segretario alla difesa, Peter Hegseth, ha dichiarato a Bruxelles che gli Stati Uniti non sono più il garante della sicurezza europea, ribaltando ottant’anni di cultura del contratto.
Ovviamente Trump non è un imperatore, anche se ne assume, e con immenso piacere, le pose. Anche perché la sua carica ha la durata di quattro anni, il suo è un tempo determinato. Non il principato augusteo. E qui va considerata anche la sua non più giovane età. Però intorno alla sua figura si è comunque formato un nucleo di sodali e di assistenti, a cominciare dal vicepresidente Vance, pronti a proseguirne l'opera.
Inoltre Hegseth, un quarantenne, che, per la cronaca, ha inciso sul bicipide “Dio lo vuole”, potrebbe semplicemente aver bleffato per costringere l’Europa all’aumento della spesa per la sicurezza. Oppure no. Difficile dire. Lo scopriremo vivendo.
Nelle storie diplomatiche, ancora oggi, si parla di “rovesciamento delle alleanze” a proposito del ribaltamento politico che portò alla guerra dei Sette anni (1756-1763). Un capovolgimento che vide la Prussia allearsi con la Gran Bretagna e la Francia con l’Austria.
Bene, quel che ora sta accadendo, che vede Stati Uniti e Russia, marciare uniti ( e si spera, almeno non subito, colpire insieme), è qualcosa di simile, ma con portata, quanto alle possibili conseguenze, decisamente superiore. Diremmo addirittura epocale.
Esageriamo? Può darsi Però, man mano che i giorni passano dall’insediamento di Trump, ci guardiamo intorno e come nella famosa canzone dei Creedence Clearwater Revival vediamo moltiplicarsi i brutti segni dei tempi: "We see the bad moon arising,/ we see trouble on the way,/ we see earthquakes and lightnin', /we see bad times today"...
I brutti presentimenti non sono degni di uno scienziato. Però, sul piano razionale della ricerca, la metapolitica insegna che ottant’anni di pace sono niente rispetto alla longevità, diciamo, della natura imprevedibile, quindi pericolosa, degli esseri umani.
Perciò l’età dei contratti potrebbe essere finita. E ciò che è più curioso, per opera di un uomo, come Trump, che proviene dalla cultura del contratto.
Si chiama anche eterogenesi dei fini.
Carlo Gambescia
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