L'infermiera rumena massacrata di botte
Storie di ordinaria
violenza
« Stav’ a passa’ j’ho dato
solo du’ pugni e me ne so’ ‘annato via. E che sarà mai...». Ecco la
giustificazione di uno dei due ventenni coinvolti a Roma nell’aggressione
notturna a colpi di casco ai danni di un altro giovane, rimasto gravemente
ferito. E per quale motivo? Punirlo per gli schiamazzi all’ uscita da un
locale, dove si era esibito, con altri amici, in un concerto dal vivo.
Che dire? Lo stupore manifestato dal giovane, ricorda quello di un altro
“violento normale”: il ragazzo romano che uccise, con un pugno, ripreso dalle
telecamere della metropolitana, una giovane infermiera rumena, allontanandosi
tranquillamente come se nulla fosse…
Facile moralismo? Le aggressioni, stando alle statistiche, dilagano non solo a
Roma ma in tutte le principali città italiane. E riguardano, in particolare,
gli under venticinque, tra l’altro quasi due aggressioni su tre, sono imputabili
a cittadini italiani. Quindi il fatto, sociologicamente, non può essere
addossato, come al solito, all’immigrazione clandestina o meno.
Che fare, al di là della pura repressione del reato? Le campagne contro il
bullismo a scuola sono importanti sotto il profilo educativo. Tuttavia, nelle
fasce di età tra i diciotto e i venticinque anni, pesano anche disoccupazione e
flessibilità. Un lavoro stabile accresce l’ auto-rispetto e il senso di
responsabilità sociale. Certo, poi ciascuno si esprime secondo la cultura
ricevuta. E qui un ruolo negativo è giocato da quel culto della violenza, come
mezzo più rapido per ottenere giustizia, ormai celebrato in chiave
multimediale. Non vogliamo, ovviamente sostenere la facile tesi che il giovane,
subito dopo la visione di un film violento, esca di casa pronto a uccidere…
Tuttavia, non aiuta sicuramente la gratuità di certa violenza, un tempo solo
televisiva e cinematografica, oggi invece alla portata di tutti grazie a
YouTube. Si pensi a quei giovani e giovanissimi, capaci di spendere l’intera
giornata davanti a un Pc ingurgitando messaggi, socialmente pericolosi,
contenuti in prodotti (dal film al videogioco), spesso segnati dal totale
disprezzo per la vita umana. Il rischio, come mostrano le cronache, è di finire
per confondere la violenza reale con quella virtuale. Il clic sulla tastiera
con quello di un grilletto.
Purtroppo, resta una questione, non nuova, che tuttavia molti sembrano tuttora
ignorare: quella della crescente insofferenza verso gli altri. Si tratta di una
condizione che innerva le moderne società di massa. Dove l’individuo, per
riflesso, è portato a distinguersi dall’altro, anche ricorrendo all’uso della
violenza, vista come mezzo di normale realizzazione dei propri, si far per
dire, “valori”.
E così, una notte, con un bel colpo di casco ci si libera di un ragazzo che in
qualche misura ci infastidisce. In fondo, che sarà mai…
Carlo Gambescia
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