martedì 29 settembre 2015

Sulle dimensioni “ideali” degli stati
Piccolo è bello? Dipende



Grazie all’amico-lettore Pietro Pagliardini  (e  altri amici),  sulla mia pagina Fb (*),  si è sviluppata, per arrivare al nocciolo, una discussione sulla dimensione territoriale ideale delle unità politiche.
Diciamo subito che non esiste una "misura" precisa.  A meno che non si adotti una visione evoluzionistica (e ottimistica), dalla tribù primitiva ( o ancora prima dall’orda) fino allo stato moderno. Esistono, forse, solo dimensioni ottimali,  legate alle risorse morali e materiali possedute  e agli equilibri geopolitici e storici.  Il che spiega, di volta in volta il predominio della città-stato, dell’impero, dell’organizzazione feudale (per limitarsi, semplificando, a tre forme tipiche di unità politica e territoriale). Ma è impossibile aggiungere altro.
La storia del’antico Egitto, ad esempio è stata ricostruita e interpretata da Jacques Pirenne, come un ciclico altalenarsi di centralismo e feudalesimo. Stesse osservazioni  sono state estese alla Cina (Grousset), alla Russia medievale e moderna (Portal), all’Europa (Toynbee).
Insomma, dal punto di vista sociologico,  esistono solo processi ciclici di composizione e decomposizione del potere. La dialettica principale è tra forze centrifughe e centripete. Alle quali gli uomini sovrappongono i propri valori (il culto del piccolo, del grande, eccetera).  
A dire il vero, sul piano militare  lo stato moderno, conseguendo il massimo dell’accentramento, rispetto ad altre forme politiche,  ha provato di possedere una enorme forza organizzativa e distruttiva.: un aspetto, che quando giunge un nemico alle porte della città,  non deve essere mai sottovalutato. Va però ammesso che sul piano  sociale, fu dolce vivere nei primi due secoli dell’Impero Romano (non ancora scivolato verso forme di “dispotismo asiatico”) o nel tardo medioevo comunale (Due-Trecento), per così dire fuoriuscito dal feudalesimo, ma non troppo (“L’ aria delle città rendeva liberi”, ma non del tutto dai palazzi degli antichi  feudatari trasferitisi in città..),  così  come  è dolce vivere, tuttora, all’interno degli stati occidentali post-seconda guerra mondiale (1945-…): un mix di centralismo e individualismo sociale.
Ma l’Impero romano divenuto  troppo grande dovette passare la mano, così fu per il  comune medievale, troppo angusto, per i processi sociali legati allo sviluppo della moderna economia di mercato. Per contro lo stato  moderno, nelle sue diverse  versione storiche  (assoluto, costituzionale, democratico) ha trovato un suo equilibrio dimensionale,  storico e sociologico,   piaccia o meno,  in termini  di welfare-warfare, equilibrio però,  faticosamente raggiunto negli ultimi settant’anni, quindi molto tardi.  Ora però, rimesso in discussione dai processi di “europeizzazione” e  di globalizzazione economica. E da una guerra che sembra essere alle porte.  Come finirà? Difficile intuire. E contro il nemico fondamentalista, ci salverà il ritorno a  nuovo feudalesimo romantico?  Ne  dubitiamo. Anche se - oggettivamente e sociologicamente - non si può escludere, un ciclico ritorno, dopo il massimo dell'accentramento statale, a forme di  decentramento politico.       
Ciò che è invece necessario capire è che esistono, controindicazioni, per ogni forma  politica.  Nessuno è perfetto.
Carlo Gambescia   


lunedì 28 settembre 2015


Arma dei Carabinieri
Nucleo di Polizia Giudiziaria di [omissis]
VERBALE DI INTERCETTAZIONE DI CONVERSAZIONI O COMUNICAZIONI
(ex artt. 266,267 e 268 C.P.P.)
L'anno 2015, lunedì 28 luglio, in [omissis] presso la sala ascolto sita al 6o piano
della locale Procura della Repubblica, viene redatto il presente atto.
VERBALIZZANTE
M.O Osvaldo Spengler
FATTO
Nel corso dell'attività tecnica di monitoraggio svolta nell'ambito della procedura riservata n. 642/2, autorizzazione COPASIR 3636/3b [Operazione NATO “SCAMBIAMOCI UN SEGNO DI PACE” N.d.V.] è stata intercettata, in data 24/09/2015, ore 08.12, presso La Legazione Apostolica di Washington, la seguente conversazione intercorsa tra S.S. SANCHO I e MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL, suo terzo segretario. Si riporta di seguito la trascrizione integrale della conversazione summenzionata:

[omissis]

S.S. SANCHO I: “Allora come ti sembra il discorso?”
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL: “Molto equilibrato, Santità…”
S.S. SANCHO I: “Ma…?”
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL: “Scusi, Santo Padre?”
S.S. SANCHO I: “ ‘Molto equilibrato’ ma. C’era un ma. Avanti, parla liberamente.”
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL:  [pausa] “La famiglia, Santità, il matrimonio. Dopo la sentenza della Corte Suprema sul matrimonio omosessuale sono già cominciate le persecuzioni contro la Chiesa, contro i cristiani. Taglio dei fondi alle istituzioni cristiane, censura sui media…”
S.S. SANCHO I: “Nel discorso ne parlo. Senti qua: [legge] ‘Eppure non posso nascondere la mia preoccupazione per la famiglia, che è minacciata, forse come mai in precedenza, dall’interno e dall’esterno. Relazioni fondamentali sono state messe in discussione, come anche la base stessa del matrimonio e della famiglia. Io posso solo riproporre l’importanza e, soprattutto, la ricchezza e la bellezza della vita familiare.’ “
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL: “Bellissime parole, Santità.”
S.S. SANCHO I: “Ma deboli, vero?”
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL: “Diplomatiche.”
S.S. SANCHO I: “L’occasione è diplomatica.”
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL: “Perdoni, Santo Padre: ma allora perché al ricevimento alla Casa Bianca hanno invitato suore pro aborto, transessuali, attivisti LGBT? Quando viene in visita di Stato il presidente cinese, forse che invitano i dissidenti e il Dalai Lama? Se l’occasione è diplomatica, questo è uno schiaffo diplomatico.”
S.S. SANCHO I: “Quante divisioni abbiamo, Juan?”
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL: “Scusi, Santità, non capisco.”
S.S. SANCHO I: “Sei troppo giovane per capire. Un giorno Stalin chiese, ridendo di noi: ‘Quante divisioni ha il papa’?”
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL: “Eppure il comunismo è sparito, e la Chiesa rimane.”
S.S. SANCHO I: “Ma la domanda di Stalin non era sciocca. Mal formulata, ma non sciocca. Le divisioni del papa non sono armate, ma ci sono: sono i fedeli, Juan. E in America, in Europa, oggi quante divisioni ha il papa? Com’è finito il referendum sul matrimonio omosessuale, in Irlanda? Nella cattolicissima Irlanda!”
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL:  “In Irlanda... [pausa] in Irlanda non abbiamo combattuto, Santo Padre! La Chiesa non ha aperto bocca!”
S.S. SANCHO I: “Vuoi dire che io non ho aperto bocca.”
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL: “L’episcopato irlandese ha taciuto! I pochissimi che hanno parlato sono stati isolati, zittiti!”
S.S. SANCHO I: “Bisogna scegliersi bene le battaglie. Quella era perduta. Quando avremo le divisioni necessarie, combatteremo.”
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL: “Vostra Santità opera certo per il meglio.”
S.S. SANCHO I: “Sono bambini, Juan, bambini confusi e viziati. Vanno presi con la dolcezza, la comprensione, la misericordia. Prediche, minacce, intemerate non le ascoltano più. Se fossi gesuita lo sapresti anche tu. Diceva Ignazio: ‘Hay que procurar conservar la amistad y benevolencia de los que gobiernan y ganar a las personas de autoridad con humildad, modestia y buenos oficios...[1]
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL: “Vostra Santità perdoni la mia impertinenza, ma...”
S.S. SANCHO I: “…ma? Sei l’uomo dei ma, Juan, e per questo mi sei utile e caro. Ma?”
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL: “Ma il santo Fondatore della Compagnia di Gesù diceva anche: ‘El enemigo se hace como mujer en ser flaco por fuerza y fuerte de grado’[2]. “
S.S. SANCHO I: [pausa] “Altri tempi, Juan, altri costumi…Ignazio poi era un militare…”
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL [tra sé] “...e il papa aveva tante divisioni...”
S.S. SANCHO I: “Come?”
MONS. JUAN VENTURA Y PASCUAL: “E’ ora di andare, Santità.”

Letto, confermato e sottoscritto
L’UFFICIALE DI P.G.
M.o  Osvaldo Spengler



[1] Bisogna procurarsi e conservarsi l’amicizia e la benevolenza dei governanti, e conquistarsi i potenti con l’umiltà, la modestia e i buoni servigi.
[2] Il nemico si comporta come la donna, che diventa debole davanti alla forza e forte davanti alla dolcezza. 

(*) "Trattasi" -   tanto per non cambiare stile,  quello  della  Benemerita...  -   di ricostruzioni che sono  frutto della mia  fantasia di  autore e commediografo.  Qualsiasi riferimento  a fatti o persone  reali  deve ritenersi puramente casuale. (Roberto Buffagni)


Chi è il  Maresciallo Osvaldo Spengler?  Nato a Guardiagrele (CH) il 29 maggio 1948 da famiglia di antiche origini sassoni (carbonai di Blankenburg am Harz emigrati nelle foreste abruzzesi per sfuggire agli orrori della Guerra dei Trent’anni), manifestò sin dall’infanzia intelletto vivace e carattere riservato, forse un po’ rigido, chiuso, pessimista. Il padre, impiegato postale, lo avviò agli studi ginnasiali, nella speranza che Osvaldo conseguisse, primo della sua famiglia, la laurea di dottore in legge. Ma pur frequentando con profitto il Liceo Classico di Chieti “Asinio Pollione”, al conseguimento della maturità con il voto di 60/60, Osvaldo si rifiutò recisamente di proseguire gli studi, e si arruolò invece, con delusione e sgomento della famiglia, nell’Arma dei Carabinieri. Unica ragione da lui addotta: “Non mi piace far chiacchiere .” (Com’è noto, il carabiniere è “uso a obbedir tacendo”). Mise a frutto le sue doti di acuto osservatore dell’uomo in alcune indagini rimaste celebri (una per tutte: l’arresto dell’inafferrabile Pino Lenticchi, “il Bel Mitraglia”). Coinvolto nelle indagini su “Tangentopoli”, perseguì con cocciutaggine una linea d’indagine personalissima ed eterodossa che lo mise in contrasto con i magistrati inquirenti. Invitato a chiedere il trasferimento ad altra mansione, sorprese i superiori proponendosi per la sala ascolto della Procura di ***. Richiesto del perché, rispose testualmente: “Almeno qui le chiacchiere le fanno gli altri.”
***

Roberto Buffagni è un autore teatrale. Il suo ultimo lavoro, attualmente in tournée, è Sorelle d’Italia – Avanspettacolo fondamentalista, musiche di Alessandro Nidi, regia di Cristina Pezzoli, con Veronica Pivetti e Isa Danieli. Come si vede anche dal titolo di questo spettacolo, ha un po’ la fissa del Risorgimento, dell’Italia… insomma, dell’oggettistica vintage...


mercoledì 23 settembre 2015

La Volkswagen e i suoi nemici
Le colpe (e i pericoli) dello Stato Ecologista




La vicenda  Volkswagen   merita  tre riflessioni.
La prima, più banale, quella virtuista: la casa automobilistica tedesca avrebbe violato le leggi, macchiandosi eccetera, eccetera.. Ovvio, c’è un legge che controlla le emissioni, la si viola e quindi si è subito dalla parte dei cattivi.   Effetti del diritto positivo. Tutto qui. 
La seconda, politologica, è che le leggi  mutano, proliferano, perché basate su decisioni politiche, in genere elettorali, per accontentare questo o quello. E più sono minuziose, principalmente in ambito economico, più diventano intrusive, soffocanti. Di qui, quell’autodifesa dalle burocrazie voraci e “concussive” che assume i nomi di  elusione, evasione,  corruzione.   
La terza, storico-economica,  è che il nazionalismo stupido, purtroppo,  non è morto,  ma  vive  e lotta insieme a  noi. Notare:  subito tutti, Italia in testa, nota esportatrice di mafia nel mondo,  sono saltati alla vena giugulare della Germania… Ma sì, facciamoci del male…  Perché se chiude la Volkswagen,  può andare male per tutti, non solo per  i tedeschi…
Il vero punto della questione è che  l’ecologia, non è una scienza esatta.  Diciamo,  a voler essere  cauti,  che è ipotetica, molto ipotetica  - eccetto per chi ne vive ( dai cattedratici alle associazioni) e di gran moda, soprattutto a sinistra tra gli orfani dell’anticapitalismo  socialista e comunista (ma anche a destra, tra gli statalisti). Tradotto: l’ "acqua" ecologica, come quella fisica, non  va in ebollizione,  tra gli ottanta e i cento gradi. Nel senso, da A, matematicamente, B.  Nonostante ciò - ecco le conseguenze sociologiche -  in nome di un altro discutibile principio, quello di responsabilità (sorta di elastico morale e concettuale), collegato al principio ancora più virtuistico di salutismo preventivo (basato su  manipolabili medie statistiche),  le leggi "politiche" proliferano, opprimono, gonfiano i costi "economici" e favoriscono crescenti violazioni autodifensive, nel caso specifico  dasautodifensive.
Battute a parte, qualcuno penserà, la colpa  - semplificando -  non è dello Stato Ecologista, ma della competizione economica che spinge a ridurre i costi. Il che in parte  è vero. Ma quando i costi sono imposti dalla politica, in nome di lucrose e demagogiche mode elettorali, violare leggi concettualmente ipotetiche, diciamo così, è più che giustificato, se si vuole resistere. E attenzione: la risposta non è  nello statalismo mondiale: estendere le “buone” leggi ecologiste a tutti. E per due motivi. 
Uno, per ragioni pratiche: perché impossibile; servirebbe una  Guardia di Finanza Mondiale, via impraticabile in un mondo, fortunatamente, vario sotto il profilo geopolitico.
Due, per ragioni ideali:  perché sarebbe la fine della libertà, non solo economica. E   in nome di che cosa?  Di una scienza, quella ecologica, che, almeno per ora,  non è tale.

Carlo Gambescia

                   


lunedì 21 settembre 2015

                                                                               
                               Arma dei Carabinieri
Nucleo di Polizia Giudiziaria di [omissis]
VERBALE DI INTERCETTAZIONE DI CONVERSAZIONI O COMUNICAZIONI
(ex artt. 266,267 e 268 C.P.P.)
L'anno 2015, lunedì 28 luglio, in [omissis] presso la sala ascolto sita al 6o piano
della locale Procura della Repubblica, viene redatto il presente atto.
VERBALIZZANTE
M.O Osvaldo Spengler
FATTO
Nel corso dell'attività tecnica di monitoraggio svolta nell'ambito della procedura riservata n. 765/2, autorizzazione COPASIR 8932/3a [Operazione NATO “ASCOLTO FRATERNO” N.d.V.] è stata intercettata, in data 20/09/2015, ore 11.57, una conversazione intercorsa tra l’ utenza di Stato: n. 334**** in uso a SENSINI FABIO, consulente per la comunicazione alla Presidenza del Consiglio, e l’utenza privata 338***, in uso a TAMUSSO MARIANNA, segretaria CONFEDERAZIONE UNIVERSALE DEL LAVORO. Si riporta di seguito la trascrizione integrale della conversazione summenzionata:

[omissis]

TAMUSSO MARIANNA: “E quando finisce questa riunione?”
SENSINI FABIO: “Non so di preciso…poi c’è il pranzo con…”
TAMUSSO MARIANNA: “Senta, io devo parlare con il Presidente del Consiglio. Mi fissi lei un appuntamento telefonico entro oggi pomeriggio.”
SENSINI FABIO: “Marianna, perché mi dai del lei?”
TAMUSSO MARIANNA: “Entro oggi pomeriggio, chiaro?”
SENSINI FABIO: “Ma perché la prendi in questo modo?”
TAMUSSO MARIANNA: “Perché la prendo in questo modo?! Perché al Colosseo ci avete teso una trappola, lei ci ha teso una trappola, Sensini! Lei e i suoi amichetti della McKinsey! Da quanto era pronto il decreto?”
SENSINI FABIO: “Macché trappola, dai…”
TAMUSSO MARIANNA: “Quante volte vi ho chiesto un incontro? Eh? Non era mai il momento giusto, vero? Aspettavate l’occasione buona per fare i titoloni in prima, eh compagni? Per infangare il sindacato, per attaccare il diritto di sciopero, di assemblea sindacale!”
SENSINI FABIO: “Marianna, senti…”
TAMUSSO MARIANNA: “Ma non finisce così, cari miei! Non bastano i media per vincere le elezioni! Non si governa senza il sindacato! Sensini, lo vuole uno sciopero generale? Basta dirlo.”
SENSINI FABIO: “Marianna!”
[pausa]
TAMUSSO MARIANNA: “Bè?”
SENSINI FABIO: “E’ finita, Marianna.”
TAMUSSO MARIANNA: “E’ finita cosa?”
SENSINI FABIO: “E’ finita. Abbiamo lottato insieme, vinto insieme, perso insieme. Perso insieme, Marianna. Abbiamo riso un po’, pianto un po’…ma adesso è finita. Finita, Marianna.”
TAMUSSO MARIANNA: “Se credi di poter fare a meno del sindacato, Fabio, ti sbagli di…”
SENSINI FABIO: “…e chi ha detto questo? Certo che del sindacato abbiamo bisogno. Ma non del sindacato vecchio, Marianna. Quella è una storia finita.”
TAMUSSO MARIANNA: “E allora parliamo, no? I diritti dei lavoratori non si attaccano così! Prima si discute, si contratta, e poi si…”
SENSINI FABIO: “…No. No, Marianna: questo è il sindacato vecchio. Il sindacato che perde, il partito che perde.”
TAMUSSO MARIANNA: “Le condizioni dei lavoratori…”
SENSINI FABIO: “…ai lavoratori ci pensiamo noi, che abbiamo la visione complessiva. Voi cosa gli avete dato, negli ultimi vent’anni? Disoccupazione, bassi salari, precarietà.”
TAMUSSO MARIANNA: “Ma roba da matti! Ce l’ha chiesto il partito, di accettare le riforme!”
SENSINI FABIO: “Il partito adesso è un’altra cosa. Tu lascia stare i lavoratori. Pensa al sindacato, invece. Vanno bene i CAF, vero? Se siete ragionevoli, se aiutate l’Italia a cambiare,  vi diamo anche i nuovi Centri per l’Impiego.”
TAMUSSO MARIANNA: “Pro quota?”
SENSINI FABIO: “Il tuo è un grande sindacato, Marianna, con una grande tradizione democratica che verrà riconosciuta.”
[pausa]
TAMUSSO MARIANNA: “Me lo fissi l’appuntamento telefonico?”
SENSINI FABIO: “Per parlare del Colosseo?”
TAMUSSO MARIANNA: “Per quello ti faccio chiamare dal responsabile della Funzione Pubblica. No, vorrei discutere dell’altra cosa.”
SENSINI FABIO: “I Centri per l’Impiego?”
TAMUSSO MARIANNA: “Il problema numero uno dei lavoratori è la disoccupazione, Fabio.”
SENSINI FABIO: “Perché non vieni a cena stasera?”
TAMUSSO MARIANNA: “Con Matteo?”
SENSINI FABIO: “Noi tre. Alle nove?”
TAMUSSO MARIANNA: “Alle nove.”

Letto, confermato e sottoscritto
L’UFFICIALE DI P.G.

M.o  Osvaldo Spengler

(*) "Trattasi" -   tanto per non cambiare stile,  quello  della  Benemerita...  -   di ricostruzioni che sono  frutto della mia  fantasia di  autore e commediografo.  Qualsiasi riferimento  a fatti o persone  reali  deve ritenersi puramente casuale. (Roberto Buffagni)

Chi è il  Maresciallo Osvaldo Spengler?  Nato a Guardiagrele (CH) il 29 maggio 1948 da famiglia di antiche origini sassoni (carbonai di Blankenburg am Harz emigrati nelle foreste abruzzesi per sfuggire agli orrori della Guerra dei Trent’anni), manifestò sin dall’infanzia intelletto vivace e carattere riservato, forse un po’ rigido, chiuso, pessimista. Il padre, impiegato postale, lo avviò agli studi ginnasiali, nella speranza che Osvaldo conseguisse, primo della sua famiglia, la laurea di dottore in legge. Ma pur frequentando con profitto il Liceo Classico di Chieti “Asinio Pollione”, al conseguimento della maturità con il voto di 60/60, Osvaldo si rifiutò recisamente di proseguire gli studi, e si arruolò invece, con delusione e sgomento della famiglia, nell’Arma dei Carabinieri. Unica ragione da lui addotta: “Non mi piace far chiacchiere .” (Com’è noto, il carabiniere è “uso a obbedir tacendo”). Mise a frutto le sue doti di acuto osservatore dell’uomo in alcune indagini rimaste celebri (una per tutte: l’arresto dell’inafferrabile Pino Lenticchi, “il Bel Mitraglia”). Coinvolto nelle indagini su “Tangentopoli”, perseguì con cocciutaggine una linea d’indagine personalissima ed eterodossa che lo mise in contrasto con i magistrati inquirenti. Invitato a chiedere il trasferimento ad altra mansione, sorprese i superiori proponendosi per la sala ascolto della Procura di ***. Richiesto del perché, rispose testualmente: “Almeno qui le chiacchiere le fanno gli altri.”

***
 Roberto Buffagni è un autore teatrale. Il suo ultimo lavoro, attualmente in tournée, è Sorelle d’Italia – Avanspettacolo fondamentalista, musiche di Alessandro Nidi, regia di Cristina Pezzoli, con Veronica Pivetti e Isa Danieli. Come si vede anche dal titolo di questo spettacolo, ha un po’ la fissa del Risorgimento, dell’Italia… insomma, dell’oggettistica vintage...


domenica 20 settembre 2015

Riflessioni/La "lezione" del vecchio Pavlov
Istinti materni, "merendine" e bamboccioni.
di Carlo Pompei Falcone



Il riflesso condizionato è così definito poiché è indotto, ovvero - come dimostrano gli esperimenti compiuti da Pavlov - un animale può reagire a stimoli esterni (il famoso campanello) associati alla soddisfazione di istinti naturali e fisiologici. Una variante riguarda una reazione consequenziale ad una azione attiva del soggetto definito passivo che, se adeguatamente resa rituale da entrambe le parti, può generare il medesimo effetto con ricadute non sempre benefiche. Negli umani, infatti, le cose si complicano, e non poco… Se, ogni volta che il bambino piange, la mamma corresse ad alimentarlo, questi ripeterebbe l'azione, associando la richiesta - forse inizialmente volontaria - ad una reazione della mamma per lui gradevole.  Pertanto l'azione diviene sicuramente volontaria e si potrebbe parlare di controriflesso condizionato, ovvero i soggetti attivi e passivi si scambiano i ruoli: è il bambino o la mamma ad essere condizionata/o? Se, infatti, la mamma non reagisse, il bambino potrebbe (in teoria) smettere di piangere. Ovviamente non lo farà nel caso nel quale il motivo del suo pianto sia di reale bisogno alimentare o altro. Questo è il discrimine tra capriccio e richiesta di aiuto: per scoprirlo basta non correre sempre in soccorso, spesso non serve e crea soltanto danni. 
Naturalmente, più cresce l’età del “bambino”  (in teoria, fino a raggiungere quella del "bamboccione"), più le cose, come dicevamo, si complicano.  E le merendine pure…  Ma questa è un’altra storia.


Carlo  Pompei Falcone

Carlo Pompei Falcone,  classe 1966, “Romano de Roma”. Appena nato, non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura, illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.

mercoledì 16 settembre 2015

A proposito del mio post di ieri su Renzi
Aquile, polli e dintorni



A proposito del mio post di ieri su Renzi, il lettore Angelo Ciccarella,  fa notare che,  come tanti altri italiani post-1945, io continuerei ad accontentarmi,  in mancanza di aquile,  di polli. Questo, credo, il succo del suo commento.
La battuta è simpatica. Però vorrei capire meglio, cosa si intende  per aquila: Mussolini, Hitler, Stalin?  E quanto ai “potentati economici e tecnocratici che governano il mondo”, attraverso i polli come Renzi,  ricordo all’amico Ciccarella che l’Italia non è più ( o forse non è mai stata) una grande potenza da un pezzo…  E che la dialettica di un’economia di mercato mondiale aperta a tutti  è quella del continuo confronto, sulla base dei  prezzi,  tra grandi, medi, piccoli aggregati economici.  E che di conseguenza,  non c’è alcun disegno segreto,  ma solo il costante perseguimento, da parte di tutti gli attori coinvolti nel processo economico di margini possibilmente sempre più elevati di profitto. Margini,  che poi possono  essere redistribuiti, più o meno  bene, all'interno -   ecco il ruolo della politica -   sulla base delle tendenze prevalenti  (da destra a sinistra). Tutto qui.   
In un quadro del genere, e considerate le nostre dimensioni,  anche se avessimo Napoleone, come Presidente del Consiglio,  potremmo, al massimo, trasformarci in una specie di Corea del Nord e dividere la triplice fame e la triplice miseria. Di qui, in prospettiva,  l'importanza dell'Europa e della possibilità di costruire, in un mondo di  blocchi di blocchi geopolitici, un blocco europeo, liberale e aperto ai mercati, ma, come dire, su basi politicamente più consistenti.  E qui convengo che servirebbero  "aquilotti" democratici come Churchill e De Gaulle... Ma questa è un'altra storia.  
Naturalmente,  in ogni società c’è un nucleo di individui eroici, sognatori o addirittura visionari  che  immagina romantici destini. Tutto molto bello.  E talvolta, quando le condizioni storiche lo consentono, essi possono svolgere un ruolo, anche importante. Il punto è che resta difficile, capire -  oggettivamente -   quando come e perché sia giunto il loro  momento.  Certo,  lo si può intuire soggettivamente.  E , semplificando, l’individuo eroico crede sempre di essere in sincronia con il famoso orologio della storia. L’ultima volta, da noi, fu nel giugno del 1940.   E finì come tutti sappiamo.  Mussolini si riteneva un' aquila.  Renzi è  considerato un pollo. Purtroppo, per il momento, ripetiamo,  sembrano mancare vie di mezzo:  gli aquilotti di cui sopra.   
Ai lettori la scelta. 


         Carlo Gambescia                             

martedì 15 settembre 2015

Il  fondo  di  Galli della Loggia  sul "nullismo"  della  destra italiana  
Qui, ci tocca votare Renzi...  



Così scrive oggi Galli della Loggia  a proposito dell’inesistenza di una destra in Italia, come dire,  “normale”:


Nella sostanza il problema della Destra italiana, io credo, è il problema della difficoltà che incontrano nel nostro Paese un’antropologia e una cultura politica conservatrici, analoghe cioè a quelle che più o meno caratterizzano in Europa le Destre di governo. Non tragga in inganno l’apparenza. È vero infatti che in larga maggioranza la società italiana appare conservatrice. È vero che è diffidente delle novità, non ama i cambiamenti sostanziali, le svolte di alcun tipo; che è una società di antico e consolidato pessimismo, innestato su un fondo smaliziato fino al cinismo. Ma il suo - questo è il punto - è un conservatorismo nullista, solo negativo: inutilizzabile politicamente se non per bloccare i riformatori e i progressisti, per fermare la Sinistra. Serve magari a evitare i salti nel buio, come nel ‘48, ma tutto finisce lì. Quello spontaneo della società italiana è un conservatorismo senza ambizioni, senza progetto, senz’alcun orizzonte istituzionale vero, sul quale è impossibile costruire nulla, o è possibile costruire tutto: perfino il sovversivismo fascista o le fortune di un governo che si vuole di sinistra.

Gli si può dare torto? No. Va però detto che probabilmente, in questo momento, la normalità di destra,  in termini di sensibilità intelligente, è rappresentata da Renzi, piaccia o meno.
Solo per fare un esempio: quando mai Berlusconi  è entrato in rotta di collisione con i sindacati?  E cosa più importante andando fino in fondo?  Si pensi solo alla riforma dell’articolo 18.
Certo, il “destrismo” renziano, come almeno è percepito da certo elettorato moderato, evoluto,  può essere anche fonte di confusione politica. Ha una controindicazione.. Quale?  Presenta un  risvolto elettorale:  può  sospingere  - per reazione all'et-et destra-sinistra a sfondo monopartitico Dc -  l’elettorato di destra “non intelligente”, o meno "evoluto",  verso derive salviniane.  Perché, attenzione, sull’elettore “medio” di destra pesa psicologicamente  e (im-) moralmente,  tuttora, l’eredità fascista e populista del tanto peggio tanto meglio in chiave antiliberale e anticapitalista. Propensione che fa il paio con l’uso di un linguaggio, o se si preferisce una retorica diffusa ( fortemente mediatizzata), che non “facilita” la maturazione civile dell’elettore di destra: Brunetta, non è Salvini, eppure, ecco cosa ha scritto solo ieri:

Fino a che saremo governati da Renzi e dal suo Partito democratico (maggioranza e minoranza uniti nella menzogna), il popolo italiano sarà alla mercé di un avventuriero che non ha per scopo quello di far star bene la gente, ma di diventare il padrone dell’Italia per spartirsela con il suo giro. (**)

Roba da  gruppettari neonazisti…  Quindi l’elettore di destra andrebbe educato (ammesso che si possano educare gli elettori, eccetera, eccetera; ma questa, della socializzazione politica,  è un’ altra storia...). Cosa che  invece non avviene. Neppure ci si prova. Anzi,  certi atteggiamenti vengono incoraggiati. Si pensi solo al lega-razzismo diffuso…
Perciò  il nullismo antropologico della destra politica si salda - e rafforza -  all' immaturità, come dire, “coltivata” dai politici di destra, del proprio elettorato, non tutto per fortuna, ma in larga parte;  elettorato destrorso che prima ha votato Berlusconi, poi addirittura Grillo, e che  ora si prepara a votare Salvini…  
Cambieranno le cose?  Matureranno politici e cittadini?  Difficile dire.  Per  ora,  sicuramente no. 
Forse ci tocca, per dirla con Montanelli (quello vero, non l'iconetta antiberlusconianana della sinistra travaglista),  turare  il naso e  votare Renzi...  Con  - però -  tutte le controindicazioni del caso. 

Carlo Gambescia
           


           


lunedì 14 settembre 2015

Arma dei Carabinieri (*) 
Nucleo di Polizia Giudiziaria di [omissis]
VERBALE DI INTERCETTAZIONE DI CONVERSAZIONI O COMUNICAZIONI
(ex artt. 266,267 e 268 C.P.P.)
L'anno 2015, lunedì 13 luglio, in [omissis] presso la sala ascolto sita al 6o piano
della locale Procura della Repubblica, viene redatto il presente atto.
VERBALIZZANTE
M.O Osvaldo Spengler
FATTO
Nel corso dell'attività tecnica di monitoraggio svolta nell'ambito della procedura riservata n. 765/2, autorizzazione COPASIR 8932/3a [Operazione NATO “ASCOLTO FRATERNO” N.d.V.] è stato effettuato in data 12/09/2015, ore 16.41, il monitoraggio ambientale di una conversazione intercorsa tra S.E. FINZI MATTIA, Presidente del Consiglio dei Ministri, e SENSINI FABIO, consulente per la comunicazione della Presidenza del Consiglio.  Si riporta di seguito la trascrizione integrale della conversazione summenzionata:

[omissis]


S.E. FINZI MATTIA: “Secondo te quanti voti perdiamo con questa storia dell’accoglienza?”

SENSINI FABIO: “Troppo presto per quantificare.”

S.E. FINZI MATTIA: “Però ne perdiamo.”

SENSINI FABIO: “Eh sì.”

S.E. FINZI MATTIA:  [pausa]“Bè ma allora, scusa: chi ce lo fa fare?”

SENSINI FABIO: “Vorrai scherzare.”

S.E. FINZI MATTIA: “Sì, va bè, la Merkel, eccetera. Ma non potremmo ciurlare un po’ nel manico? Diciamo, annunciamo, poi sotto sotto…”

SENSINI FABIO: “Qua non si scherza, Mattia. Ci sono in ballo le presidenziali francesi, la Le Pen si batte così.”

S.E. FINZI MATTIA: “Umani contro bestie. E noi?”

SENSINI FABIO: “Noi non ci ha votati nessuno. Continuiamo così.”

S.E. FINZI MATTIA: “Come non ci ha votati nessuno? Alle europee ho preso il 40%!”

SENSINI FABIO: “Alle europee, appunto. Se tiene l’Europa teniamo anche noi. Se cade l’Europa, ciao.”

[lunga pausa]

S.E. FINZI MATTIA: “Ma quanti ne prendiamo? C’è un numero, un limite?”

SENSINI FABIO: “Non si sa.”

S.E. FINZI MATTIA: “Non si sa! Ohé, ci devo andare io a raccontarlo! Ti sembra facile?”

SENSINI FABIO: “No. Ci stiamo lavorando.”
S.E. FINZI MATTIA: “Risultato?”
SENSINI FABIO: “La Shoa.”

S.E. FINZI MATTIA: “Cosa c’entra?”
SENSINI FABIO: “Niente, però funziona. Chi non vuole  i migranti è un razzista, i nazisti erano razzisti e hanno sterminato gli ebrei, chi non vuole i migranti è come loro: nazista, razzista, sterminatore e antisemita. ‘Chi respinge i migranti vuole sterminare prima loro e poi anche te, fermiamolo insieme! ‘ ”
S.E. FINZI MATTIA: “Mah. Dici che se la bevono?”
SENSINI FABIO: “Come un bicchier d’acqua no, ma si può fare. Chi meglio dei tedeschi sa cos’è il nazismo? Nessuno, l’hanno inventato loro. Proprio perché lo conoscono meglio di tutti adesso fanno penitenza e ci danno un esempio. Sai, come nei film americani. Prima sbagli perché sei giovane, sei un coglione e perdi. Poi il sistema duro ma giusto ti dà la seconda occasione. Tu che hai imparato la lezione maturi, ti dai una regolata, vinci un sacco di soldi e ti porti via la ragazza.”
S.E. FINZI MATTIA: “Tipo Rocky 1?”
SENSINI FABIO: “Tipo Rocky 1. ”
S.E. FINZI MATTIA: “Adrianaaaa…”
SENSINI FABIO: “Invece quelli come l’Ungheria e la Polonia, che hanno aiutato i nazisti a sterminare gli ebrei ma non hanno imparato dai loro errori e sono rimasti arretrati immaturi cosa fanno? Respingono i migranti, tirano su i muri, eleggono dei dittatori…”
S.E. FINZI MATTIA: “Eleggono dei dittatori?”
SENSINI FABIO: “Se sei contro i migranti sei un dittatore. Insomma, Ungheria, Polonia e compagnia cantante non sono cresciuti, sono rimasti indietro, e infatti non hanno neanche l’euro, se continuano così li buttiamo fuori dall’Europa dove c’è solo miseria e sfiga. Infatti Marchionne gli porta via le fabbriche della Panda e le fa tornare in Italia, così imparano.”
S.E. FINZI MATTIA: “No, dai, questa non la bevono…”
SENSINI FABIO: “Gli dai i posti di lavoro e se la bevono, eccome se la bevono.”
[lunga pausa]
S.E. FINZI MATTIA: “Non so. Non mi convince del tutto.”
SENSINI FABIO: “Va messa a punto. Tieni presente che abbiamo un vantaggio: chi reagisce subito contro i migranti, chi dice un no chiaro, convinto e deciso sono solo i trogloditi, gli identitari, i razzisti e i fascisti veri. Tutti gli altri dicono di no, ma ci mettono tanti ma e tanti forse che il messaggio non arriva. Noi invece diciamo di sì, e lo diciamo in cinque secondi: il soundbite arriva forte e chiaro. E’ così che si vince.”
[lunga pausa]
S.E. FINZI MATTIA: “E se ci fanno un attentato? Se il colpevole è un migrante che diciamo?”
SENSINI FABIO: “Si riduce il danno, Mattia. E chissà: potrebbe anche risultare utile. Visto in Francia, con Je suis Charlie? Chi ci ha perso? La Marine.”

Letto, confermato e sottoscritto
L’UFFICIALE DI P.G.

M.o  Osvaldo Spengler

(*) "Trattasi" -   tanto per non cambiare stile,  quello  della  Benemerita...  -   di ricostruzioni che sono  frutto della mia  fantasia di  autore e commediografo.  Qualsiasi riferimento  a fatti o persone  reali  deve ritenersi puramente casuale. (Roberto Buffagni)

Chi è il  Maresciallo Osvaldo Spengler?  Nato a Guardiagrele (CH) il 29 maggio 1948 da famiglia di antiche origini sassoni (carbonai di Blankenburg am Harz emigrati nelle foreste abruzzesi per sfuggire agli orrori della Guerra dei Trent’anni), manifestò sin dall’infanzia intelletto vivace e carattere riservato, forse un po’ rigido, chiuso, pessimista. Il padre, impiegato postale, lo avviò agli studi ginnasiali, nella speranza che Osvaldo conseguisse, primo della sua famiglia, la laurea di dottore in legge. Ma pur frequentando con profitto il Liceo Classico di Chieti “Asinio Pollione”, al conseguimento della maturità con il voto di 60/60, Osvaldo si rifiutò recisamente di proseguire gli studi, e si arruolò invece, con delusione e sgomento della famiglia, nell’Arma dei Carabinieri. Unica ragione da lui addotta: “Non mi piace far chiacchiere .” (Com’è noto, il carabiniere è “uso a obbedir tacendo”). Mise a frutto le sue doti di acuto osservatore dell’uomo in alcune indagini rimaste celebri (una per tutte: l’arresto dell’inafferrabile Pino Lenticchi, “il Bel Mitraglia”). Coinvolto nelle indagini su “Tangentopoli”, perseguì con cocciutaggine una linea d’indagine personalissima ed eterodossa che lo mise in contrasto con i magistrati inquirenti. Invitato a chiedere il trasferimento ad altra mansione, sorprese i superiori proponendosi per la sala ascolto della Procura di ***. Richiesto del perché, rispose testualmente: “Almeno qui le chiacchiere le fanno gli altri.”
***

Roberto Buffagni è un autore teatrale. Il suo ultimo lavoro, attualmente in tournée, è Sorelle d’Italia – Avanspettacolo fondamentalista, musiche di Alessandro Nidi, regia di Cristina Pezzoli, con Veronica Pivetti e Isa Danieli. Come si vede anche dal titolo di questo spettacolo, ha un po’ la fissa del Risorgimento, dell’Italia… insomma, dell’oggettistica vintage...

domenica 13 settembre 2015

La "trasferta" a New York del Presidente del Consiglio   per assistere alla finale mondiale  tra Flavia   Pennetta  e  Roberta Vinci
(Perché) Pertini sì, Renzi no?



Ieri   sulla pagina Fb  ho postato una foto di Pertini e Renzi, chiedendo ai miei  lettori, perché, quel che in passato venne concesso a Pertini, oggi non è permesso a Renzi.  Addirittura, il primo fu osannato, come Presidente di tutti gli italiani, proprio  per aver assistito - e in pompa magna... -   alla finale dei Mondiali di calcio 1982,  il secondo esecrato, come un prepotente vigliacco viziato, per aver fatto più o meno la stessa cosa. 
Devo perciò una spiegazione. Credo che la differenza di “trattamento” sia rappresentata, non tanto  dai caratteri  di Pertini e Renzi  in fondo non così differenti (Ghirelli docet),  o dai diversi livelli di popolarità, assoluti o relativi, quanto dal contesto politico.
Si faccia attenzione alle date: 1982 da una parte,  2015 dall’altra.  In mezzo c’è di tutto: la caduta del comunismo, Tangentopoli,  l’improvvisa fine della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista, la nascita di una Seconda Repubblica  abborracciata e divisa,  ma soprattutto  la guerra civile degli ultimi vent'anni…  Nel senso che in politica non si fanno più prigionieri: oggi  nessuno riconosce a nessuno lo status di normale interlocutore. La regola è:  primo,   distruggere l’avversario in qualsiasi modo;  secondo,  poi si vedrà. 
Chi ha cominciato?  Qui,  non interessa (anche perché, al di là del piano storico in senso stretto, la ricerca della cause rischia subito di  diventare tutta  ideologica e fonte di altri conflitti…).  Il vero punto è che la guerra civile (molto mediatizzata, anzi troppo...) tra destra, sinistra e  altri pezzi della società italiana (magistratura, sindacato, imprenditori, eccetera) non è ancora finita.  Il che spiega perché quel che era consentito a Pertini non è più permesso  Renzi.
Che dire? Provare a levarsi l’elmetto, no?   


Carlo Gambescia      

sabato 12 settembre 2015

In difesa del professor Giovanni Scattone
Vengo anch’io? No, tu no!




E così Scattone, anzi il professor Giovanni Scattone ha dovuto rinunciare alla cattedra presso un istituto tecnico,  cattedra che gli spettava per legge e per merito. Perché “dovuto”? Per ragioni extragiuridiche:  di “pressione sociale”. Infatti, Scattone ha giustificato la sua rinuncia  riferendosi, giustamente e nobilmente,  alla mancanza  di serenità, che non gli avrebbe permesso  di insegnare.
Non è una bella pagina. Soprattutto perché i colpevolisti ad oltranza calpestano la legge e la vita di uomo che, come si dice,  ha pagato per i suoi errori. Scattone - sia detto senza alcuna ironia -  ci ricorda lo sfortunato personaggio della canzone di Jannacci.  Egli, disperatamente, vuole rifarsi una vita,  ma  ogni volta  al suo “Vengo anch’io” si risponde “No, tu no!”.
Però non bisogna stupirsi neppure più di tanto, perché, dal punto di vista logico e sociologico, semplificando, il concetto di astrattezza e generalità delle leggi  è uno dei più ostici. Gli uomini, soprattutto,  sul piano collettivo, ossia dove entrano in gioco le emozioni,  tendono a puntare il dito sul particolare piuttosto che sull’universale. Vogliono, un nome, un cognome, una vittima, se si vuole un capro espiatorio (nel senso comune, non girardiano).
Ci spieghiamo meglio.   
Da un lato, esiste  la verità giuridica e giudiziaria, parziale quanto si voglia, ma  patrimonio, come dire, universale,  applicabile a tutti ed entro termini temporali precisi; dall’altro resiste, soprattutto sotto l’aspetto collettivo, la credenza emotiva  nella natura perpetua della colpa morale del singolo.
Ciò spiega perché, di fatto,  si  è  impedito al  professor Scattone di insegnare. Da filosofo del diritto, il professore, capirà, amaramente, magari scuotendo il capo: purtroppo - stiamo semplificando -  lo spirito di vendetta degli antichi continua a prevalere sulla ragione giuridica dei moderni.  Probabilmente, però, la questione travalica la dicotomia antico/moderno, perché crediamo si tratti di  un fattore antropologico.
Poi, naturalmente, esistono i condizionamenti politici, le ideologie gli opportunismi eccetera,  che  implicano  giravolte che, in base al presunto “colore” politico del capro espiatorio di turno, trascorrono dalla difesa della legge astratta e generale alla condanna emotiva a vita del "post-colpevole". Dipende, insomma. Però, questa,  è un’altra storia.

Carlo Gambescia               

venerdì 11 settembre 2015

Un  Parlamento delegittimato discute la riforma costituzionale  di Renzi
    Magari fosse questo il problema... 
di   Teodoro Klitsche de la Grange



Non è stata data soverchia attenzione al fatto che questo Parlamento, il quale sta discutendo la riforma costituzionale voluta da Renzi, è stato eletto con la legge elettorale annullata dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza 1/2014; onde, ad applicare il principio c.d. della nullità derivata i di esso atti sono, conseguentemente, nulli o comunque annullabili (ivi compresi la fiducia al governo in carica e l’elezione di due Presidenti della Repubblica).
Tale situazione di illegalità “altolocata” non sorprende: non è che la conferma di due costanti ascrivibili al comportamento di questa classe dirigente: la prima è che la legalità si applica a tratti e ad hoc, ai nemici piuttosto che agli amici, e soprattutto secondo le opportunità che se ne possono trarre; la seconda che la legalità ha (relativamente) poco a che fare con l’esistenza dello Stato e della comunità, che si fonda su presupposti di carattere politico e non (meramente) giuridico e ancor più non normativi, onde l’ordinamento continua ad esistere, anche se non-legale.
La nullità dell’elezione dei parlamentari non ha impedito infatti né che un governo vi fosse né che l’Italia fosse rappresentata, anche a livello internazionale (anche se più che altro per prendere ordini).
Quel che ancor meno è stato considerato è che in genere è l’illegalità (la rottura, la violazione, l’abrogazione della legalità vigente) ad essere il presupposto (l’ambiente propizio) all’instaurazione di una nuova costituzione e alla conseguente instaurazione di una (differente) legalità.
Contrariamente a quanto pensa chi vorrebbe espungere dal diritto, ma con ciò dal mondo reale, i momenti di crisi, di rottura, di trasformazione accelerata di una comunità politica e del suo ordinamento, questo non è possibile e la storia lo conferma. Così come il pensiero politico, giuridico e filosofico degli ultimi secoli, solo a voler citare una piccola parte di coloro che se ne sono occupati.
Così Spinoza sosteneva aderendo al detto (e all’esempio) di Pedro IV d’Aragona, che un cambiamento costituzionale non può accadere se non per diritto di guerra e quindi, con spargimento di sangue (Trattato politico, cap. VII, 30); per Lassalle una costituzione è il risultato degli effettivi rapporti di potere in una data società; secondo Santi Romano è attraverso le crisi e le trasformazioni dell’ordinamento che s’instaura un nuovo assetto costituzionale.
A voler fare esempi storici – limitati all’Italia – i mutamenti costituzionali reali avvenuti dall’unità d’Italia in poi sono stati dovuti a guerre: la prima guerra mondiale provocò la trasformazione da monarchia liberale a regime fascista, la seconda da questo all’ordinamento repubblicano.
Un cambiamento di costituzione non è revisione né modifica, e con queste non dev’essere confuso: è decisivo al riguardo che il potere di revisione e modifica della costituzione è comunque costituito (previsto e disciplinato nell’ordinamento vigente) mentre quello di abrogarla o abolirla è costituente (e spesso questo non è quello che era presupposto tale per la costituzione abrogata o abolita).
Per cui, contrariamente a chi vorrebbe risolvere il problema riducendolo a questione giuridica, di applicazione di norme, le lotte costituzionali trovano la propria causa non nell’osservanza di procedimenti preventivamente dati ma nella trasgressione/violazione di questi.
Né la legalità o meno di una costituzione è rilevante ai fini della medesima: come scrive Hegel una costituzione è adeguata quando corrisponde allo spirito del popolo.
Deriva da ciò che la non-legalità della vicenda in atto non preoccupa granché, né delegittima quello che potrà uscirne fuori: se il risultato di tale opera sarà adeguato alla necessità ed alle aspettative sarà anche vitale e destinato a durare: altrimenti no. Su questo l’osservanza di procedure e formalità ha scarsa o nulla incidenza.
Quello che, invece, preoccupa è che a dover realizzare e deliberare queste riforme è, in primo luogo, la stessa classe politica che ha sostenuto il vecchio assetto costituzionale ed è stata selezionata vigente lo stesso (e quindi con le procedure da quello prescritte).
Che governanti tali possano decidere, da protagonisti, un assetto realmente diverso è fatto che la storia manifesta raramente: un’innovazione nella forma istituzionale è preceduto da un rinnovamento della classe dirigente e non l’inverso. Anche se nel caso del crollo del comunismo sono state, in larga parte, frazioni della (vecchia) classe dirigente a guidare la transizione dal vecchio al nuovo ordine. Per cui potrebbe succedere che una simile circostanza si verificasse, tenuto conto dell’opinione di Pareto che attribuiva a frazioni eterodosse delle (vecchie) elites le innovazioni nelle istituzioni politiche.
Dove invece è d’uopo essere pessimisti è nel fatto che la consapevolezza di cambiamenti radicali – e delle cose da cambiare – è più diffusa tra i governati che tra i governanti. Invece di appuntare le innovazioni sull’instabilità del governo, sulla scarsa efficacia dei controlli pubblici, sulla inefficienza della pubblica amministrazione, sullo strapotere burocratico, il progetto  di modifica costituzionale è indirizzato verso un (sostanziale) depotenziamento e non-elettività del senato, e verso le consuete, ripetute, modificazioni alla legge elettorale che più che alla stabilità governativa, sembrava finalizzate al mantenimento al potere della vecchia classe (e coalizione) di governo.
Troppo poco per essere adeguati alle sfide del tempo e del mondo contemporaneo.


Teodoro Klitsche de la Grange

Teodoro Klitsche de la Grange è  avvocato, giurista, direttore del trimestrale di cultura politica “Behemoth" (  http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009),  Funzionarismo (2013).

mercoledì 9 settembre 2015

Nullità nozze dalla Sacra Rota più facile

I “saldi”  di Papa Francesco


Il prossimo passo quale sarà?   Abbassare, o addirittura azzerare,  le rette delle scuole cattoliche? Per poter competere  con la scuola pubblica?   Perché - diciamolo pure -   l’introduzione di quello che può essere chiamato il  divorzio breve  del Papa, guarda in tale direzione (*). Rischiando di scaricare tutti i problemi  sui  tribunali civili  che  dovranno emettere “ giudizio di delibazione” sugli effetti civili della pronuncia di annullamento del tribunale ecclesiastico (**).  Come si trattasse della sentenza di uno stato straniero… E di ciò  va ringraziato, si fa per dire,  il regime concordatario, e successive revisioni,  di mussoliniana memoria
Papa Francesco sembra, fin qui,  maneggiare i valori evangelici di giustizia e  povertà  come una specie di grimaldello per guadagnare e  strappare  nuovi  fedeli e vecchi cittadini  allo stato laico.  Riuscirà nell’intento? Difficile dire.  Ciò che si nota è il graduale spostamento a sinistra della Chiesa,  come del resto prova il crescente gradimento  degli orfani di Marx verso  il Papa. Quindi, semplificando,  è molto probabile che ciò che Francesco, acquisterà a sinistra, perderà a destra. Rischiando addirittura, come alcuni sostengono, lo scisma.   Quanto ai fedeli  in senso stretto, le chiese continueranno a restare vuote o quasi. L’abbandono della pratica ha ragioni profonde. Come scriveva Augusto Del Noce, ha radice, non tanto nella negazione quanto  nell’indifferenza  verso il problema religioso: Dio non viene  negato, ma semplicemente ignorato.
"Vendite di fine stagione"? Forse. Comunque sia, quelli che  approfitteranno dei “saldi” di Papa Francesco, passeranno dalla cassa, senza neppure ringraziare.

Carlo Gambescia 



(**)  Utili elementi - pratici -  di analisi  qui:   http://www.studiodonne.it/news_111.htm