Roma, il M5S e la questione della governabilità
Il rischio del profeta disarmato
Ieri
abbiamo parlato del caos in Campidoglio. Ma come sta rispondendo alla crisi la dirigenza pentastellata? Serrando i ranghi, come da copione, per puntare su quell’ideologia della purezza, della
diversità, dell’utopia rivoluzionaria che purtroppo rappresenta, al tempo stesso, la forza (elettorale) e la debolezza (politico-governativa) del
movimento.
Il
ragionamento è semplice: quanto più il
M5S estremizza le sue posizioni tanto più crea il vuoto politico-relazionale intorno a sé,
volando a velocità supersonica verso l’ingovernabilità. Qui torna utile
l’immagine coniata da Machiavelli del profeta disarmato, ovviamente non in
senso reale, come nel caso del Savonarola (ma fino a un certo punto come poi
vedremo): del possesso di armi reali e della conquista e della difesa del
potere con la forza. Senso, ripetiamo
metaforico. Ci spieghiamo subito.
Il
potere non è mai nudo, dal momento che rinvia nella sua localizzazione, anche fisica, a un insieme di relazioni verticali e
orizzontali che - visto che siamo in una
società complessa e liberaldemocratica -
rimandano a loro volta alla società
civile: a un tessuto di professionalità,
competenze, qualifiche, status, ruoli
che vanno a innervare, per così
dire, in modo laico (non carismatico o evocativo ) la politica. Si
tratta dell’aspetto sostanziale, amministrativo e prosaico, della politica: si va dalla programmazione alle nomine, dalla lettura di un bilancio alla progressiva
costruzione di una rete di conoscenze e
relazioni: rete che permette quell’osmosi dialogante di governo effettivo tra società
politica e civile.
Ora,
la società civile (e le professionalità) per essere valorizzate hanno necessità di
incentivi morali, politici, economici. Ovviamente, soprattutto nella zona
grigia pubblico-privato (in chiave strettamente economica), esistono punti
di vischiosità, tanto maggiori quanto più una società è impregnata di
assistenzialismo. Sicché il rischio di dinamiche perverse, se si vuole corruttive, non va mai sottovalutato, ma
neppure sopravvalutato, e peggio ancora se in chiave monotematica, se non addirittura monomaniacale.
E qui veniamo al punto. Sotto l' aspetto relazionale il M5S è
totalmente disarmato, come sta provando
il caos in cui è subito precipitata l' amministrazione capitolina. A dire il vero, per come stanno andando le cose, la situazione romana rischia di rappresentare una specie di test nazionale negativo sulla capacità di governo del movimento pentastellato. Per quale ragione? Perché, anche in Campidoglio, l’unica forma di relazione che il M5S sembra avere instaurato con la società civile è quella giudiziaria.
L’unico incentivo usato sembra essere quello della
paura, o meglio della capacità "giudiziaria", da parte di una amministrazione, che invece si vorrebbe "politica", di incutere paura alla società civile agitando le manette.
Su
queste basi, sarà veramente difficile per la Raggi
riuscire a formare una giunta in grado di governare. E quanto più i
dirigenti pentastellati faranno appello alla purezza, alla diversità, alla forza
utopica del movimento tanto più allontaneranno ( ma sarebbe meglio dire faranno scappare) la società civile. La retorica, dei ragazzotti cinquestelle con laurea (magari triennale) in grado di fare da soli e del lascito cancerogeno delle precedenti amministrazioni, può essere
buona per tenere al guinzaglio gli attivisti della purezza, ma non capace di favorire la governabilità. Del resto la creazione, tra l'altro già abortita, della figura del
magistrato-assessore e il no alle Olimpiadi sono la prova più evidente
dell’incapacità del M5S di comprendere l’importanza della società civile in
tutta la sua ricchezza. La via maestra, diremmo, al suicidio politico.
Pertanto,
non scorgiamo che due possibilità: o i pentastellati fanno un passo indietro e si integrano nel
sistema liberal-democratico - certo, con
gli occhi aperti - oppure si rischia tutti, che a forza di
gridare alla rivoluzione, oltre a perdere i consensi di un elettorato sempre più deluso dalla paralisi politica, qualche attivista del M5S, stanco del profetismo
disarmato dei capi, dalle armi
metaforiche passi a quelle reali.
Carlo
Gambescia