sabato 5 luglio 2025

Roma. Esplode un distributore. Ma a esplodere è la solita retorica di sinistra

 


L’esplosione del distributore di GPL in via dei Gordiani, a Roma, ha provocato oltre quaranta feriti ma – fortunatamente – nessuna vittima. I soccorsi hanno funzionato, le istituzioni si sono mosse con prontezza, e la cittadinanza ha reagito con compostezza. Un incidente grave, certamente, ma affrontato con lucidità.

Eppure, come spesso accade, la sinistra non ha perso l’occasione per trasformare un evento circoscritto in una sorta di simbolo dell’abbandono urbano. Strano, considerando che Roma è governata da una giunta di sinistra. Ma certi automatismi ideologici sono difficili da evitare.

Nello Trocchia, su “Domani”, parla di marginalità sociale, speculazione edilizia e periferie dimenticate. Si evoca Pasolini, si allude forse a film oggi folcloristici come Accattone o Mamma Roma, e si tira fuori la nostalgica documentaristica in bianco e nero del Pci anni Settanta. Insomma, si piange sulla mancata disgrazia dei bambini nei centri estivi vicino all’impianto. Peccato che quei “centri estivi” abbiano piscina, parco giochi e tanti servizi. E che siano stati evacuati in tempo record. Il Prenestino del 2025 non è quello degli anni Cinquanta o Sessanta.

Oggi il quartiere è perfettamente integrato nel tessuto urbano: bar, lavoro in condivisione (coworking), famiglie con mutuo, ristoranti, palestre. La domanda di abitazioni è in crescita, come dimostrano i prezzi immobiliari in aumento. Giovani professionisti si trasferiscono qui non perché costretti, ma perché attratti. È gentrificazione, sì — un termine sociologico spesso usato per criticare — ma in questo caso ha portato servizi, decoro, sicurezza e una convivenza sociale che non ha escluso i residenti storici.

Si notino, ad esempio, le interviste ai “sopravvissuti” degli edifici vicino alla pompa: ambienti dignitosi, ben arredati, nessuna traccia del degrado che la narrazione critica vorrebbe imporre. Non si tratta di rovine o di un sottoproletariato da salvare, ma di normali abitazioni di cittadini normali, che lavorano, pagano un mutuo o un affitto, mandano i figli a scuola e, quando serve, sanno rispondere con razionalità a un’emergenza.

Anche le accuse alla “pianificazione dissennata” — il GPL vicino a scuole e abitazioni — hanno poco fondamento. L’impianto era regolarmente autorizzato e rispettava le norme vigenti. In città complesse, come il grande Simmel aveva preannunciato più di un secolo fa, le distanze ideali non esistono; ciò che conta è la sorveglianza, la manutenzione e l’efficienza dei soccorsi. E in questo caso, tutto ha funzionato.

Quel che manca, semmai, è la capacità di leggere la realtà senza ricorrere al solito armamentario ideologico. Per certa sinistra, se c’è disagio allora è colpa dello Stato, se c’è benessere allora è colpa del mercato. E se un quartiere si trasforma, invece di studiarne le dinamiche, si preferisce rimpiangere il tempo dei sottoproletari e delle baracche, idealizzati come simboli di purezza perduta. Quando Ferrarotti, con la sua macchina sportiva, andava a intervistare i baraccati, simbolo – in parte vero – della corrotta Roma democristiana.

Ma dopo sessant’anni le cose sono cambiate.

Roma, con tutte le sue contraddizioni, va avanti. La città risponde con ambulanze in corsa, non con piagnistei. E il Prenestino — molto più moderno, vissuto e civile di quanto si voglia raccontare — ha voltato pagina da tempo.

Chi insiste a evocare una metropoli in rovina cerca spesso più consolazione che analisi. Ma la nostalgia non è una categoria politica: è solo una scusa per non riconoscere che il mondo è cambiato. E non tutto il cambiamento è da respingere a priori.

In Italia, del resto, la nostalgia è merce bipartisan. A sinistra si piangono le periferie “pure” e abbandonate; a destra si rimpiange un ordine perduto, presunto, idealizzato. È sempre il passato ad avere ragione, purché resti vago e retorico. Ma il presente — imperfetto e contraddittorio — è l’unico terreno su cui costruire. E quartieri come il Prenestino lo dimostrano con i fatti.

Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento