Era inevitabile che Trump usasse il passo indietro di Biden come
un’occasione per dipingere i democratici come autori di un golpe e
nemici della democrazia.
Dall’introduzione storica della democrazia liberale, i suoi nemici
– e Trump non è che un epigono – usano i principi democratici per
agguantare il potere e poi cancellare la democrazia liberale.
Di regola, viene evocato il potere del popolo, del plebiscito,
contro élite dipinte come corrotte, che predicano bene e razzolano
male (per dirla alla buona). Da almeno due secoli la stampa di destra
pubblica gli stessi articoli e titoli. I nostri Sechi, Belpietro, eccetera, non
dicono nulla di nuovo.
Si potrebbe risalire a Napoleone III, foraggiatore di giornali amici
e affossatore di un parlamento liberale e di una monarchia
costituzionale. Napoleone III prima fu presidente repubblicano poi
imperatore per plebiscito.
In seguito Lenin, Mussolini, Hitler usarono i mezzi della democrazia
liberale (dalla libertà di stampa allo stato di diritto) per afferrare
il potere e poi sopprimere tutto.
Come ci si può difendere dai nemici della libertà che sfruttano la
libertà per liquidarla? Mettendoli fuori gioco. Come? Ricorrendo a ogni mezzo: legale e illegale. E, come vedremo, la cosa potrebbe non bastare.
Sarebbe ovviamente preferibile la via legale. In Europa, dopo il
1945, in particolare in Germania, si vietò per legge la ricostituzione
di partiti nazisti, fascisti e comunisti. Nella Germania occidentale
venne istituito un apposito organo che doveva decidere della
costituzionalità dei partiti. In Italia, tra le norme transitorie della
Costituzione, si introdusse il divieto di ricostituzione del partito
fascista.
Nonostante ciò (inclusa una successiva legislazione, con tentativi perfino di
respiro europeo), oggi in Germania e in Italia, partiti, pur con
denominazioni diverse ma di derivazione fascista o comunista, competono
ad armi pari con i partiti liberal-democratici, addirittura all’interno
del parlamento europeo. In Italia sono addirittura al governo. E il
fenomeno riguarda, purtroppo, l’intera Unione Europea.
La legalità non è bastata. Come del resto negli Stati Uniti, dove
Trump, grazie al garantismo del sistema giudiziario liberale, è uscito
indenne persino dall’accusa di tentato colpo di stato. Il paradosso è
nel fatto che il sistema giudiziario statunitense, come in ogni
sistema liberale, pur ritenendolo colpevole di varie frodi e abusi
(anche sessuali), ha permesso a Trump, a causa di una specie di
proceduralismo inerziale, di continuare a insidiare la democrazia
liberale.
I suoi avversari si trovano nella strana situazione di competere con
un nemico che, una volta al sicuro grazie a leggi che disprezza e
vuole cancellare, rovescia sui democratici le stesse accuse rivolte
contro di lui. Trump utilizza il sistema contro il sistema. Per
distruggerlo.
Dicevamo del ricorso a mezzi illegali. Illegali rispetto alle norme
in vigore, ma perfettamente legittimi rispetto alla difesa dei
principi liberali che regolano il sistema. Se la legalità implica la
distruzione di una società liberale, va sospesa, per il periodo di
tempo necessario a eliminare i suoi nemici in nome della legittimità
liberale.
Qui risiede il dilemma della società liberale: una società per pochi,
che per reggersi ha necessità dei molti, ma che favorisce, rispetto ad
altre società storiche la libertà dei molti.
Per capirsi: a governare, storicamente e sociologicamente sono sempre
in pochi, ma, all’interno di queste coordinate metapolitiche, il
liberalismo garantisce, rispetto ad altri sistemi, maggiore libertà e
migliore tenore di vita. Sono verità lapalissiane eccetto che per i
nemici del liberalismo che blaterano, solo per afferrare il potere, di
democrazia integrale, articolandola di volta in volta in termini di
sovranità popolare, secondo criteri, comunitari, identitari,
nazionalisti e razziali. Si potrebbe parlare di una specie di istinto
cieco dell’assolutismo politico (sul punto torneremo più avanti).
Si pensi a una dinamica in atto da alcuni secoli tra superlegittimità (la sovranità del popolo, evocata dai nemici del liberalismo come mezzo per distruggere le istituzioni liberali), legittimità (propugnata dai difensori delle istituzioni liberali) e legalità (delle procedure, che mette sullo stesso piano i nemici e i difensori della libertà).
Ovviamente la difesa della legittimità, sulla base del ricorso alla
forza, implica alcuni pericoli, che di seguito elenchiamo: 1), quello
principale, della volontà di martirio che sfocia nella guerra civile;
2) quello secondario, sempre legato alla martirologia, di ricorso al
terrorismo, da parte dei partiti messi fuori gioco; 3) quello di una
situazione di stato di eccezione, gestita dalle forze dell’ordine, che
rischia di limitare la libertà anche degli stessi membri, in alto come
in basso, favorevoli al sistema liberal-democratico.
Il ricorso alla forza, come altre forme di azione sociale, è sempre
suscettibile di effetti perversi, contrari alle intenzioni, pur buone,
dei promotori.
Il vero punto della questione è che si dovrebbe fare il possibile
per non giungere all’uso della forza contro i nemici della
liberal-democrazia. Pensiamo ad esempio a una socializzazione liberale
e a un’economia di mercato in costante crescita. Insomma a una
maturazione che purtroppo la società di massa, con i suoi riti e
costumi plebiscitari, non favorisce.
Si rifletta. Già il nostro ragionamento sulla necessità del ricorso
alla forza rappresenta un punto a favore dei nemici della società
liberale. Fascisti, nazisti, comunisti, oggi mascherati da populisti,
sovranisti, isolazionisti, insomma in veste di difensori di un
“dato” popolo, si augurano la guerra civile, per poter così dare sfogo
a tutto l’odio che hanno in corpo contro la liberal-democrazia. E
finalmente distruggerla.
A che scopo? Per imporre una superlegittimità, che, come la storia
mostra, dove sono riusciti, non è assolutamente esercitata dal popolo.
Cosa che, va ripetuto, rimane impossibile da realizzare in chiave
integrale. Infatti, storicamente parlando, la sovranità del popolo
ha trovato il suo combinato disposto, per quanto imperfetto, nelle
liberal-democrazie. Sotto questo aspetto, metapoliticamente parlando, da una parte abbiamo 2-3 secoli di
esperimento liberale, dall'altra 47-48 di assolutismo.
Conclusioni? Siamo messi male. I nemici della società liberale potrebbero vincere. La storia, tornando sulla questione del “cieco
istinto”, parla la lingua dell’ assolutismo, prima per “diritto
divino”, poi per “diritto popolare”. Non è facile cambiare le cose.
Purtroppo, sul piano di una specie di superlegittimità, la
sovranità, sia nel caso della liberal-democrazia che in quello dei suoi
nemici, viene considerata patrimonio del popolo. E il popolo
sovrano, come detto, oggi come oggi, segue gli usi e costumi della
società di massa. Non immuni da quel cieco istinto assolutista già
ricordato.
Bad Moon Rising, per dirla con i vecchi “Creedence”. E non solo sugli Stati Uniti.
Carlo Gambescia