Trump, come Mussolini, usa e rivendica la violenza digitale contro coloro che ritiene nemici politici. I fascisti devastavano le sedi di giornali, partiti e sindacati; Trump e MAGA devastano l’immagine degli avversari, tramutati in nemici, seguendo la stessa logica della guerra civile e del terrore.
2. Il video come arma: umiliazione, disinformazione, mobilitazione
Il video, altamente manipolatorio, raffigura un ex Presidente degli
Stati Uniti arrestato, prima in abiti civili, poi vestito da prigioniero
in tuta arancione, sotto lo sguardo soddisfatto di Trump, mentre in
sottofondo suonano brani come “Y.M.C.A.” e “Curb Your Enthusiasm”.
Il magnate l’ha pubblicato su Truth Social per rafforzare una retorica dell’intransigenza, secondo la quale Obama sarebbe responsabile di un “complotto traditore” per manipolare le elezioni del 2016.
Il video risponde a tre scopi: 1)l’umiliazione simbolica di Barack Obama, con l’unico intento di delegittimare e intimidire; 2)la disinformazione politica: la tesi del complotto è palesemente falsa; 3) la mobilitazione del suo elettorato e del movimento MAGA, anche come strategia di distrazione da crisi politiche (Epstein).
3. Lo squadrismo digitale come violenza simbolica
Siamo dinanzi a una pressione simbolica esercitata via social media, la
quintessenza dell’azione collettiva digitale fondata sull’uso del
terrore, simbolico, immateriale, ma altrettanto efficace di quello
fascista, che invece era materiale e diretto.
Questo rientra in dinamiche tipiche dello squadrismo digitale: si amplifica un messaggio politico provocatorio e falso usando strumenti virali.
Il termine squadrismo digitale non ha ancora padri riconosciuti (**). Tuttavia, sembra il più adatto, sotto l’aspetto metapolitico, per definire il fenomeno: ci si muove all’interno di una precisa regolarità metapolitica, quella amico-nemico (***), che implica inevitabilmente l’uso della violenza — in questo caso digitale — senza escludere, ovviamente, come nel caso della caccia al migrante scatenata da Trump (ad esempio in California), l’uso della violenza vera e propria.
4. L’immagine che sostituisce la realtà
Il termine può sembrare eccessivo? Eppure, si adatta perfettamente alla realtà che stiamo vivendo.
Si rifletta: cos’è infatti lo squadrismo, se non l’esercizio di una violenza politica simbolica, organizzata, sistematica? Una forma di pressione collettiva esercitata non tanto con il manganello, oggi, quanto con la tastiera, l’algoritmo, la viralità. Il nemico non si pesta, si delegittima. Non si zittisce con la paura fisica, ma con la paura di essere sommerso da una valanga di disprezzo digitale. E Trump, maestro nell’arte della comunicazione plebiscitaria, lo sa bene.
Sia chiaro: il video non è un errore. Non è uno “scherzo” sfuggito di mano. È un gesto politico a tutti gli effetti. Una messa in scena del potere, che ha lo scopo di rafforzare una narrativa fondata sulla frattura amico-nemico — dunque metapolitica — ormai ossessiva: il nemico, l’élite traditrice, il “deep state”, Obama come burattinaio della sinistra globale; e in Donald Trump, l’amico, unico difensore del popolo sovrano.
In questo senso, il video fake diventa l’equivalente contemporaneo della “spedizione punitiva” fascista: un atto dimostrativo, esemplare, destinato a fare scuola e a segnare il territorio.
L’intento non è solo propagandistico. Punta a tramutare in realtà ciò che non lo è ancora. Tecnicamente si dice gesto performativo. Mostrare Obama in manette non significa solo “dire” che è colpevole, ma fare come se lo fosse già. La finzione diventa realtà anticipata.
5. Dallo squadrismo storico alla guerra culturale
E chi guarda, chi condivide, chi inneggia nei commenti, partecipa a
questo rito collettivo, dove verità e bugia si confondono fino a
diventare secondarie. Conta il gesto, non il fatto. Conta l’impatto, non
l’argomento. Come si dice oggi, il nuovo squadrismo è post-verità e si
nutre di immagini più che di idee.
Un quadro comunicativo in cui la veridicità di un’informazione è secondaria rispetto al suo impatto emotivo e dove ciò che “funziona” comunicativamente, nel senso di rafforzamento di identità e credo, prevale su ciò che è vero.
Il fatto, come dicevamo nell’incipit, che già nessuno più ne parli, significa che la balena social, come quella di Pinocchio, ha fagocitato la “colpevolezza” di Obama, rendendola un dato acquisito nell’immaginario collettivo, metabolizzato senza discussione, e quindi ancora più pericoloso. L’immagine ha sostituito il ragionamento. E ciò che resta è l’impronta di una verità simulata, che nessuno più mette in dubbio, semplicemente perché è già stata “vista”.
6. Non solo Intelligenza Artificiale
In questo contesto, l’intelligenza artificiale è soltanto l’ultima arma
di un arsenale che va ben oltre la tecnologia. È una forma di dominio
sulla retorica pubblica, in chiave di intransigenza assoluta.
Siamo davanti a un potere che non si prende con la forza — o almeno non in modo esplicito — ma con la saturazione del senso.
Dai tempi dello squadrismo fascista, che aprì l’epoca della guerra civile europea (per gli Stati Uniti si potrebbe risalire alla guerra di Secessione e alla feroce cecità politica dei Sudisti), non si vedeva una violenza del genere.
Ripetiamo. Trump si riallaccia a una precisa tradizione di violenza politica, quella dello squadrismo fascista. Traduce in codice digitale quella logica del terrore e dell’umiliazione del nemico interno, del corpo da esporre come trofeo politico.
In fondo, ciò che importa non è che Obama venga davvero arrestato. Ma che lo sia stato simbolicamente.
Che la folla — quella stessa folla di like, condivisioni e commenti — abbia potuto assistere al momento catartico dell’“espulsione del traditore”.
Insomma Trump non è un uomo che guida un partito. Trump officia un culto. Non formula programmi, ma lavora sull’ immaginario. Un specie di pericoloso sciamano digitale che oggi — attraverso l’intelligenza artificiale e la logica virale — ha trovato il mezzo perfetto per incarnare, in tempo reale, una democrazia del sospetto, un populismo della vendetta.
Il video su Obama non è un episodio. È un sintomo. Forse anche un
presagio. Di un potere che non chiede più il consenso, ma lo evoca e
pretende. E lo ottiene con la gogna, non con il ragionamento.
Trump, metapoliticamente parlando, come reinventore dello squadrismo
fascista in forma digitale, sa che oggi, per vincere, non serve
convincere.
Basta creare un’immagine. E lasciarla esplodere nel buco nero dei social.
7. Pensare da soli: una forma di resistenza
Che fare, allora? Bella domanda. Ma forse mal posta.
Perché non si tratta — come troppo spesso si sente dire — di “regolare” l’intelligenza artificiale, “educare” gli utenti o “bloccare” le piattaforme. Sarebbe come combattere il manganello col regolamento del tennis.
Lo squadrismo digitale, come ogni fenomeno collettivo di violenza simbolica, affonda le radici in una cultura, non in una macchina. Quello che serve, piuttosto, è ricostruire il senso stesso del limite. Il senso del vero e del falso.
Ma non con corsi universitari di “pensiero critico”. Bensì attraverso una faticosa, quotidiana, forse persino impopolare, educazione liberale alla responsabilità individuale.
Dire “io non condivido”, “io non rilancio”, “io non partecipo” può sembrare poca cosa. Ma è proprio da lì che si inizia a spezzare la catena del branco.
E poi, naturalmente, servono élite culturali — sì, quella parola tanto odiata — capaci di resistere al fascino del linguaggio “facile”, dell’indignazione algoritmica, dell’effetto immediato. Intellettuali che parlino controvento, che non cerchino like, ma verità.
Perché oggi il coraggio, quello vero, non sta nel postare l’ennesima replica indignata. Sta nel rifiutarsi di entrare nel gioco.
In fondo, la risposta più profonda allo squadrismo digitale non è una legge, un filtro o una smentita. È la solitudine.
Quel gesto antico — e civile — del pensare da soli. E magari del tacere, quando tutti urlano.
Trump lo sa: l’immagine batte il pensiero. Ma proprio per questo, oggi più che mai, pensare è un atto di resistenza.
Carlo Gambescia
(*) Sull’elemento terroristico dello squadrismo fascista rinviamo alla classica opera di Emilio Gentile, Storia del fascismo, Editori Laterza, Bari-Roma 2022, pp. 109-112.
(**) Per individuare alcune tracce del concetto si vedano Gadi Luzzatto Voghera, Zoom, istruzioni e questioni (2021), qui: https://moked.it/blog/2021/01/29/zoom-istruzioni-e-questioni/; Wu Ming, Grillo cresce sulle macerie dei movimenti. Intervista (2013), qui: https://www.wumingfoundation.com/giap/2013/03/intervista-a-wu-ming-grillo-cresce-sulle-macerie-dei-movimenti/ .
(***) Sul punto rinviamo al nostro Trattato di metapolitica, Edizioni Il Foglio, Piombino (LI) 2023, 2 voll.

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