Le vie della politica sono complicate. E lo sono ancora di più quando vengono meno le coordinate politiche generali, cioè un quadro di riferimento comune, in termini di valori, spesso anche di interessi.
L’incipit è criptico. Ci spieghiamo subito. Si consideri la
posizione filoisraeliana di Fratelli d'Italia che riflette al momento quella americana. Atteggiamento che viene rilanciato dalla stampa,
non solo compiacente, sul piano della bilancia politica, pubblica
diciamo, come un indicatore. Di cosa? Che l’antisemitismo fascista è ormai alle
spalle o che addirittura non sia mai esistito.
Tutto bene allora? No. Perché poi si scopre, che all’interno di Fratelli d’Italia, l’odio verso gli ebrei ( e non solo) è immutato. Alla scoperta pubblica – l’inchiesta di Fanpage – si replica che si tratta di idioti, marginali, che comunque saranno cacciati a calci. Oppure, toppa peggiore del buco, come asserisce un telecretino, che Fanpage deve indagare i centri sociali, per scoprirne l'antisemitismo. Certo, l'antisemitismo fascista, quello del rastrellamento degli ebrei al fianco dei nazisti, come una questioncella di par condicio giornalistica...
In effetti Fratelli d’Italia è in ottimi rapporti con la Comunità ebraica italiana, attualmente divisa, così almeno sembra, tra una destra maggioritaria, filogovernativa, e un sinistra minoritaria che non si fida del partito di Giorgia Meloni. Un atteggiamento che può essere esteso a tutti gli italiani. Segnale questo, tra l’altro, di quanto sia infondato il pregiudizio antisemita. Tra il micro e il macro, quando si vota, non c’è alcuna differenza.
Chi ha ragione? Difficile rispondere su due piedi. Figurarsi nei pochi minuti del voto, quando si traccia una croce su un simbolo e si infila la scheda nell’urna. Ecco le complicazioni della politica. Ciò che sembra facile – votare – in realtà è complicatissimo.
Complicazioni, attenzione, che possono essere usate in quanto tali, per imbrogliare le acque. Come risorsa politica.
Fratelli d’Italia è antisemita? O filosemita? Non si capisce. E sull’equivoco, che nel partito e fuori (tra i gruppetti, ancora più estremi) accontenta tutti, si macinano consensi.
Si rifletta. A livello di elettorato di massa non c’è attitudine a sciogliere l’ambiguità. Se si preferisce, voglia o capacità. Del resto i media, per non parlare dei social, non aiutano, sicché, pur di evitare un mal di testa (del resto per l’elettore democratico tipo, “I veri problemi sono altri, la politica è una cosa sporca signora mia”), ci si rifugia nel semplicistico “acqua passata non macina più”.
Del resto l’equivoco “funziona” anche perché – qui l’assenza di un quadro di valori comuni liberal-democratici – la questione del fascismo o meno di Fratelli d’Italia si è tramutata in una non notizia. Non se ne parla, e quando se ne parla, la vera notizia è quella della persecuzione da parte della sinistra della destra.
L’antifascismo, che come antitotalitarismo dovrebbe essere il punto di riferimento all'interno di un quadro comune di valori politici, condivisi da progressisti e conservatori, è uscito o sta per uscire di scena.
Qui la vera vittoria della strategia politica di Giorgia Meloni, che ha fatto dell’ambiguità politica – cioè le complicazioni di cui parlavamo sopra – un fattore di forza. Il suo ragionamento vincente, soprattutto sul piano elettorale, è questo: non dobbiamo difenderci dalle accuse, ma semplicemente presentarci come vittime della sinistra. A quel punto, ci verrà perdonato tutto.
E i risultati elettorali sembrano darle ragione. Per un verso, l’ambiguità impedisce qualsiasi giudizio definitivo sulla vera natura di questa destra, e nell’ambiguità, che provoca il mal di testa all' elettore, prevale il pari sono, che consente a Fratelli d’Italia, di competere per l’appunto alla pari con la sinistra. Per l’altro, la cappa di ambiguità copre il valore liberal-democratico dell’antifascismo (come pure quello totalitario del fascismo), valore che una volta venuto meno, favorisce l’interpretazione vittimistica privilegiata da Fratelli d’Italia.
C’è un passaggio, purtroppo passato inosservato, nella seconda parte dell’inchiesta di Fanpage, in cui si sente un militante dire “dobbiamo fare le vittime, perché se tu fai la vittima la gente è con te, altrimenti poi veramente ci danno dei fascisti” (*).
Si rifletta su come la strategia di Giorgia Meloni, un mix di ambiguità, subdola rimozione del fascismo ( e quindi dell’antifascismo), vittimismo, sia riuscita a radicarsi addirittura tra le giovani leve del partito.
Però, attenzione, parliamo di vittime, molto speciali, nel senso che possono di nuovo trasformarsi in carnefici.
Carlo Gambescia
(*) Qui (9:13): https://www.youtube.com/watch?v=0J6nA_UcT2k .