La vittoria del FPO in Austria, ora primo partito, come del resto l’avanzata in tutta Europa dell’estrema destra, rimanda al tema, da noi più volte affrontato della “tentazione fascista” (*). E della stupidità dell’elettore.
Esageriamo? Si segua il nostro ragionamento.
Innanzitutto non siamo davanti – in Austria, Francia, Spagna, Italia, Germania, eccetera – a normali partiti conservatori (la destra conservatrice) che hanno fatto tesoro della lezione del 1945. Semplificando: mai più fascismo. Di qui la necessità di usare il termine estrema destra.
È estrema nel senso che il fascismo resta un peccato di gola, una tentazione superalcolica. Non si sognano “restaurazioni”, come i legittimisti durante e dopo il Congresso di Vienna (1814-1815). Insomma né parrucche incipriate né camicie nere, ma si predica comunque lo stato forte e la volontà della Nazione, proprio come durante fascismo. Al riguardo si potrebbe parlare differenze di grado non di genere. Per dirla alla buona, di dosaggio.
Per usare una metafora alcolica, per ora ci si accontenta di un bicchierino dopo i pasti. Ma il fascino di scolarsi una bottiglia alla prima occasione è sempre grande.
Purtroppo nazionalismo e statalismo, finché non si tramutano in guerre (che magari si stanno perdendo) rappresentano, come ci dicono le indagini sociologiche, fattori di grande richiamo per la gente comune. Cosa c’è di più semplice, anzi di semplicistico, da capire del classico concetto del "prima gli italiani", "prima i francesi", "prima gli austriaci", eccetera?
Resta, ovviamente, una domanda: perché ora? Dal 1945, in particolare l’ estrema destra non ha avuto alcune voce in capitolo. Puro folclore. L’estrema destra si è risvegliata intorno agli anni Novanta, sull’onda lunga della crisi fiscale della stato e dell’inasprirsi della questione migratoria. L’angoscia dell’europeo medio (diciamo così) di perdere i diritti welfaristi in favore dell’immigrato ha causato un forte spostamento a destra dell’elettorato.
In sintesi, alla base del successo dell’ estrema destra c’è la questione migratoria collegata a quella del welfare state da redistribuire a tutti, “stranieri” inclusi, a fronte però – si dice – di risorse sempre più ridotte da destinare allo stato sociale.
Però sul punto specifico le destre europee rischiano di arenarsi. Vittime di se stesse. Perché il nazionalismo, una volta tramutatosi in misure economiche, preclude o comunque rende complicati gli scambi con l’estero. Il che va a incidere, e pesantemente, sulla crescita della ricchezza nazionale in punti pil. E di conseguenza sulla famosa torta da redistribuire.
Le destre estreme lasciano che gli elettori coltivino l’illusione che una volta sbattuta in faccia la porta all’ “allogeno” ce ne sarà di più per gli “autoctoni”. In realtà, la grandezza della torta dipende dalla capacità di un’economia di competere con le altre economie.
Di conseguenza più si punta sull’autosufficienza, di risorse, merci e uomini, più si riducono le possibilità di crescita. Perché esiste una asimmetria tra risorse interne finite e risorse esterne infinite.
Risorse infinite ( o comunque di un ordine grandezza superiore a quelle interne a ogni paese), sulle quali si sviluppa, in termini di divisione del lavoro, una competizione internazionale, per lo più pacifica, che permette di accrescere la ricchezza nazionale, la famosa torta, che, se invece privata di fonti esterne, finisce, regolarmemte, per non bastare per tutti.
Semplificando, l’autarchia nazionalista impoverisce, il mercato internazionale arricchisce. Ed è un discorso che vale anche per i grandi blocchi geopolitici (altro mitema adorato dalle destre), a partire dalla bizzarra idea di un’ “Europa fortezza”, progetto che non sarebbe altro che il proseguimento del nazionalismo con gli stessi mezzi ma su scala europea. Un specie di prolungamento continentale dell’impoverimento nazionalista.
Si dirà – i soliti critici – che l’economia di mercato arricchisce i pochi e fortunati. In realtà, la storia economica degli ultimi tre secoli prova che non è così. Per contro, il nazionalismo, ha sempre condotto a guerre e povertà. Come prova la storia della prima metà del Novecento.
Dicevamo all’inizio della “tentazione fascista” che tanto fascino esercita sull’ estrema destra, e di riflesso, senza neppure rendersi conto, sull’ elettore vittima dell’angoscia da perdita del welfare. Il concetto ponte – insomma la “tentazione” – che può collegare il fascismo di ieri a quello di oggi, facendo fermentare la stupidità dell’elettore, è rappresentato dal concetto di autarchia. Popolarissimo, prima tra gli intellettuali degli anni Venti e Trenta del Novecento in cerca di emozioni forti, poi tra i fascisti di regime.
L’ idea che l’ autosufficienza (oggi l’autarchia si chiama così) di beni, merci e uomini renda la torta più grande è un’autentica menzogna. Eppure la gente stupidamente vi crede, favorendo così la corsa verso il potere dell’estrema destra.
Il risveglio, perché non potrà non esservi risveglio quando il consumatore troverà gli scaffali vuoti, sarà molto brusco. Solo allora si capirà la stupidità di un voto, praticamente rubato. Troppo tardi, come altre volte nella storia.
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/search?q=tentazione+fascista .