Da Cavour a Conte
L’Italia
come terra dei furbi?
Si
dice che la storia sia uguale ovunque e che nessun popolo abbia un
proprio carattere specifico. In realtà, se la cultura (ciò che si pensa, ciò
che si fa intorno all’individuo alla nascita), ha un ruolo nello sviluppo individuale, non può non
averlo, per così dire, come somma di idee diffuse (e di comportamenti
conseguenti) sul piano
collettivo.
Esistono
inoltre stereotipi che i popoli usano a vicenda per
squalificarsi. Ad esempio, "cantante e
mafioso", sono due stereotipi che si usano
nei riguardi degli italiani. E che hanno origine in due filoni culturali, ben
precisi e reali, sviluppatisi nel “Belpaese”
nel Sette-Ottocento: amore per il bel canto e per le associazioni segrete.
Insomma,
esiste il fatto e la deformazione di quel fatto. Ora sul piano politico, uno dei principali
pregiudizi verso gli italiani, è l'accusa ai nostri uomini politici di essere
doppiogiochisti. Pensiamo a una tradizione, che accanto a quella delle
associazioni segrete (politiche e criminali), nacque nel Risorgimento. Cavour fu
il primo ad essere accusato di doppiezza.
Insomma, piaccia o meno, non si può non rilevare una vera e propria tradizione nazionale incarnata da figure storiche che vanno da Depretis ad Andreotti, (semplificando). Una linea di comportamento politico che ha spinto gli osservatori stranieri a dipingere i politici italiani come persone poco affidabili, sempre pronte
alle giravolte. E qui si rileva anche il peso di certa cultura diffusa, tra i diversi ceti sociali italiani, che del politico apprezzavano e apprezzano proprio la furbizia. Un atteggiamento collettivo che non ha potuto non influire sul comportamento
dei politici, "adeguatisi" prontamente al modello del "Furbo", un po' per natura un po' per cultura, nella speranza di essere ricambiati in
voti.
Non è un atteggiamento del politico in quanto tale, lo però, e in particolare, dei politici italiani costretti comunque - e qui pensiamo a Cavour e Giolitti, due ottimi
statisti - a muoversi nel
contesto geopolitico di una media potenza, giunta tardi alla modernità economica, e perciò
costretta “ad arrangiarsi”, pur di sopravvivere in un quadro interno ed
esterno difficilissimo.
Ovviamente,
l’arte della furbizia, come doppio, triplo gioco, può essere esercitata bene o male: Cavour unificò la nazione, Mussolini la spezzò.
Il Duce, pensando di
fare il furbo secondo le “nostre tradizioni”, entrò in guerra al fianco di Hitler, per sedersi vittorioso al tavolo della
pace, come disse al suo seguito (citiamo a memoria), "grazie a un pugno di morti italiani sul campo". E invece finì appeso, dopo
aver distrutto l’Italia. Franco, dittatore spagnolo, “astuto galiziano”, che aveva ben altra tempra rispetto all’ “italianissimo”
Mussolini e per giunta alle spalle la cultura dei “Re prudenti”, si guardò bene dallo scendere in guerra al fianco di Hitler e Mussolini.
Due
tradizioni, due modi di essere “furbi”…
Dove
vogliamo andare a parare? Semplicissimo, che un personaggio come Giuseppe Conte
appartiene alla peggiore tradizione della doppiezza italiana, che tanto ci
viene rimproverata all’estero, quanto invece apprezzata dagli stessi italiani.
Sta invitando russi e cinesi a venire in Italia "per aiutarci". Due potenze che ovviamente non si fidano di noi, e che quindi inviano delegazioni, soprattutto
i primi, piene zeppe di militari e spie. Al tempo stesso Conte, sentendosi forte dei "nuovi amici" ricatta l’Europa, alza la
voce, non rinunciando a un bel pizzico di retorica (“la Storia
ci giudicherà). Il probabile risultato della sua politica sarà il progressivo
isolamento e slittamento dell'Italia verso forme di larvata o manifesta sudditanza, sdraiandosi ai piedi di paesi governati da dittature come Russia e Cina. Sistemi politici e storici che,
per severe e spietate tradizione militari, non scherzano
con gli alleati riottosi, o comunque con i popoli sottoposti (come oggi in Crimea e
in Mongolia).
Ma
Conte si crede furbo, e con lui, Di Maio, il Ministro degli Esteri.
Diciamo
però che il vero capolavoro (si fa per
dire) di Conte è l’ultimo decreto, che
tra l’altro non si riesce ancora a leggere (ma anticipato dai giornali),
dove - e qui ci scusiamo per l’autocitazione:
Una cosa è certa - anche se il Governo
nega - che i pieni poteri, perché di questo si tratta,
dureranno fino al 31 luglio, termine, certo, fissato in gennaio, ma
ora ribadito alla luce dei nuovi provvedimenti e soprattutto di
sempre possibili ulteriori proroghe.
Sicché le misure durissime contenute nel decreto, in questo momento non ancora pubblicato, ma nella sostanza anticipato dai media, resteranno in vigore ancora per mesi. Inoltre l'accenno - si fa per dire - alla "modulazione" delle misure "secondo l'andamento epidemiologico" è una specie di cambiale in bianco firmata dagli italiani a un Governo dalle mani completamente libere che ha il monopolio ufficiale delle informazioni sul corso dell'epidemia... (http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2020/03/chi-esce-di-casa-finisce-in-carcere.html )
Sicché le misure durissime contenute nel decreto, in questo momento non ancora pubblicato, ma nella sostanza anticipato dai media, resteranno in vigore ancora per mesi. Inoltre l'accenno - si fa per dire - alla "modulazione" delle misure "secondo l'andamento epidemiologico" è una specie di cambiale in bianco firmata dagli italiani a un Governo dalle mani completamente libere che ha il monopolio ufficiale delle informazioni sul corso dell'epidemia... (http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2020/03/chi-esce-di-casa-finisce-in-carcere.html )
Qui
il punto, e mi rivolgo ai lettori inebetiti dalla valanga di provvedimenti
restrittivi degli ultimi giorni, non è il dito (la “quarantena”) ma la Luna ( il ribadire, cosa non tecnicamente necessaria, il termine del 31
luglio, per far passare e accettare il pericoloso concetto di “modulazione
delle misure”).
Il
capolavoro (si fa per dire) di Conte è
la definizione del 31 luglio come “data teorica”.
Che teorica non è perché è nelle carte, e proprio perché nelle carte, basterà
cambiare un virgola per prorogarla con un altro decreto. Il male è nella decretazione d’urgenza che porta ai pieni poteri e i pieni poteri che portano alla
decretazione d’urgenza. Altro che quarantena… Stando così le cose, Conte, se vuole, può mettere in
prigione a vita, dentro casa, gli italiani. Che, poverini, inebetiti, lo ringraziano pure…
Eppure,
come si dice e si crede, il nostro sarebbe un “Paese di Furbi". Ecco, sarebbe…
Carlo Gambescia