Conte
chiude tutto
Decrescita
infelice
Conte non
ragiona più. E neppure coloro che lo
sostengono a destra e sinistra. Se problema grave c’è, e solo per alcuna fasce
anziane di popolazione, riguarda la Lombardia.
Nel resto dell’Italia il decorso dell’epidemia è lento o comunque non pandemico. E soprattutto non si è raggiunto nel Centro-Sud alcun disastroso picco, come invece evocavano
gli sciamani statistici della burocrazia sanitaria.
Una burocrazia dell'anima che ragiona in modo settoriale e impolitico, come se l'Italia fosse un'unica struttura ospedaliera da isolare senza badare alle conseguenze economiche, sociali e politiche delle gravissime misure prese finora, che tra l'altro per Milano, sembrano non funzionare. Una burocrazia al cui cappio Conte, privo anch'egli, di qualsiasi preparazione politica, soprattutto quando ammette di "dover fare" ciò che gli dicono "gli scienziati", sta impiccando l'intera Italia. Classico atteggiamento stupidocratico. Perché gli stupidi sono presuntuosi, non imparano dagli errori, e così perserverano. Se poi sono al comando...
A proposito di statistiche e Coronavirus invitiamo
i lettori a scaricare (gratuitamente) domani il numero 4
di “Linea” (settimanale) che contiene interessanti riflessioni in argomento corredate di tavole, a cura di
Carlo Pompei (http://linea.altervista.org/blog/).
Ecco l’ultimo messaggio di
Conte agli italiani. A breve - purtroppo - seguirà un nuovo decreto.
«"Oggi
abbiamo deciso di compiere un altro passo. La decisione del governo è chiudere nell'intero territorio nazionale ogni attività produttiva che
non sia strettamente necessaria,
cruciale, indispensabile a garantire beni e servizi essenziali". Sono le
parole del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
"Le nuove misure restrittive annunciate sono valide fino
al 3 aprile. Abbiamo
deciso di chiudere in tutta Italia ogni attività produttiva che non sia
cruciale, indispensabile, a garantirci beni e servizi essenziali" ha
spiegato Conte. "Continueranno a venire assicurati i servizi bancari,
postali, assicurativi e finanziari" ha anche detto.
"Mai come ora la nostra comunità deve stringersi forte
come una catena a protezione del bene più importante, la vita. Se dovesse cedere
un solo anello questa catena saremmo esposti a pericoli più grandi, per tutti.
Quelle rinunce che oggi ci sembrano un passo indietro domani ci consentiranno
di prendere la rincorsa". ha concluso il presidente del Consiglio».
Chi scrive non si stringe forte a nessuno. Rifiuto
netto. Gli italiani istupiditi dalla paura, vivono nelle maglie di un
conformismo dettato da un’emergenza che, se tale, riguarda solo una regione: larga parte dei
morti di ieri (quasi due terzi: 546 su
793) rimanda alla Lombardia. Ma purtroppo non si ragiona più... Né si può solidarizzare con un Governo
impolitico e incapace, legato mani e piedi alla burocrazia dell’Oms e italiana.
Inciso: anche l’Opposizione non è da
meno. Anzi è peggio: perché ai medici Salvini e Meloni sostituirebbe
i colonnelli.
Si chieda a un economista serio, non da talk show
filogovernativo a gettone, come i tanti,
i troppi di questi giorni, quali sono i
settori “non strettamente necessari” di un’economia. Non esistono. Ogni bene ha un suo indotto, e
ogni indotto rinvia ad altre filiere. L’economia
è come una rete, dovunque la si tocchi, le
vibrazioni si trasmettono via reticolo
all’intero sistema, per poi tornare indietro, e così via. Non esistono piccoli ma solo grandi danni. Soprattutto quando si intromette lo stato.
Andiamo sul tecnico. Ad esempio, le macchine utensili e i pezzi di
macchine utensili, che servono per produrre macchine che a loro volta producono
altri beni, diversissimi tra loro sono necessarie o no? Il punto non è secondario, perché riguarda un
indotto di migliaia di imprese, soprattutto nel Nord Italia. Il problema non è diminuire la produzione di vetri o
di tappi ma di evitare la ripercussione sul settore che produce macchine
utensili per tutti gli altri settori. Dopo la Prima guerra mondiale, per riconvertire, l’industria
militarizzata in industria civile ci vollero anni. Una vera e propria "laicizzazione" avvenne soltanto nel Secondo
dopoguerra. Quindi figurarsi... Insomma, sono problemi giganteschi e soprattutto si intersecano con altri problemi di linea
produttiva. Quindi non si può distinguere ciò che "è strettamente necessario" da ciò che non lo è. Tradotto: un blocco o rallentamento prolungato provocherebbe una cronica mancanza di pezzi di
ricambio a tutti i livelli. Con ripercussioni gravissime sull’industria di base
(ad esempio dell’energia) e sulla vita civile (si pensi solo ai trasporti), ripercussioni che si protrarrebbero
ben oltre la crisi.
E questo è solo un problema, tra i tanti che
potrebbe sorgere da quella che si può definire la decrescita infelice imposta a un’ Italia che ha rinunciato all’uso della
ragione.
Carlo Gambescia