Ringraziamo l'amico Luciano Arcella
per l' interessante articolo, soprattutto sotto il profilo
del metodo. Perché mostra, al di là della condivisione o
meno dei suoi contenuti, come si possa affrontare una
questione "religiosa" dal punto di vista "laico",
senza scivolare in tre reazioni-tipo: umanesimo
spicciolo, democraticismo,
minimalismo irrisorio.
Con il post del
professor Arcella, distinto da una limpida
socio-etnografia del sacro, chiudiamo degnamente la nostra
"settimana santa" dedicata alle "dimissioni" del Santo
Padre. Tra l'altro seguita dai nostri lettori - che ringraziamo -
con grandissimo interesse.
Naturalmente, come
si usa dire, seguiremo gli sviluppi, tornando, se necessario, sull'argomento. Buona
lettura. (C.G.)
Il Buon Pastore tedesco che non ha saputo morire
Il Papa e gli
Esquimesi
di Luciano Arcella
Il paese dalle ombre
lunghe,
vecchio romanzo etnografico di Ruesch, racconta come fra gli Esquimesi vigesse
una particolare consuetudine in relazione alla vecchiaia e alla morte. Le
persone anziane non in grado di mantenersi da sole, in una realtà in cui
nessuno poteva badare ad altri, si davano volontariamente la morte per mezzo di
una solitaria passeggiata fra i ghiacci. In silenzio, nel rispetto di un'antica
tradizione, accettavano con dignità il comune destino e sacrificavano se stessi
per il buon funzionamento di una società che non poteva permettersi di tirarsi
dietro insostenibili zavorre.
Che c'entra questo
col Papa, e specificamente con il cardinale Ratzinger, già Benedetto XVI?
C'entra per alcune similitudini. Ratzinger era divenuto una zavorra per la
società ecclesiastica romana che non poteva né può permettersi una guida
fisicamente inefficiente e quindi non in grado di svolgere il ruolo di difensore
e diffusore della fede in una realtà che, nella sua notevole dimensione e
complessità, richiede un impegno e uno sforzo fisico notevoli. Nella società
esquimese come in quella ecclesiastica romana il bene supremo è l'istituzione,
per cui è fondamentale la sua sopravvivenza, che sarebbe minata da persone
inefficienti, tantopiù se queste sono chiamate a una funzione di comando
(funzione che nella società esquimese apparteneva agli anziani ma in stato di
efficienza fisica). Da ciò la necessità dell'eliminazione di chi metterebbe con
la sua insistita sopravvivenza l'intera società.
Conseguenza dunque
di questo ragionamento, non dettato da fantapolitica ma da semplice logica,
sarebbe stata che il Papa si fosse comportato da esquimese, non andando certo a
gelare fra le nevi della natia Baviera, ma lasciandosi annientare dalle
sapienti cure di un apparato che lo avrebbe pacificamente accompagnato alla
morte mentre si trovava in pieno possesso della sua carica. Però il buon
Ratzinger verosimilmente non se l'è sentita di fare l'Esquimese e così ha
deciso di rinunciare, di venir meno al suo obbligo di consumarsi nella funzione
o meglio detto, di lasciarsi consumare nel corso della funzione.
A questo punto
potremmo dire che in fondo è la stessa cosa, ossia che l'essere andato in
pensione non è diverso dal morire, visto poi che si va a rinchiudere in un
convento dal quale non uscirà una sola parola né un'immagine del sacro ospite.
E invece non è proprio la stessa cosa, perché da quando esiste il potere sacro
del comando (cioè da sempre), terminato in Occidente solo dopo la caduta del
Sacro Romano Impero della Nazione Germanica, non si può avere una diarchia,
anche se il vecchio sovrano ha rinunciato in favore del nuovo. O meglio, una
diarchia è qualcosa di imbarazzante, è un potere diviso, è la minaccia di
scisma, è il rischio dell'annientamento. Che la Chiesa di Roma non avrebbe
voluto correre, ma che purtroppo si trova a dover affrontare perché la sua
guida non ha voluto rinunciare a una pur sacrificata sopravvivenza.
Non si tratta con
ciò di fantapolitica vaticana, di trame occulte né di favole per una America
acculturata all'ombra di Dan Braun, ma di una deduzione fondata sul significato
di un istituto, quello papale, e di una società fondata su tale istituto. E che
ora corre grossi rischi ai quali cercherà di porre rimedio (unico modo del
resto) con una rapida rielezione, con la presenza di una figura che con la sua
forza dovrebbe cancellare l'ombra dell'altra, la quale tuttavia sarà sempre
incombente con la sua presenza di morto-vivente o di vivo-morente, comunque
ancora troppo vivo per non costituire una minaccia per una società che si fonda
su una dinastia spirituale nella quale il potere, sempre dato da Dio, non può
essere condiviso.
E tutto ciò per
colpa di un buon pastore tedesco che non ha saputo morire.
Luciano Arcella
Nessun commento:
Posta un commento