giovedì 21 febbraio 2013

Il libro della settimana: Olivier Dard,Bertrand de Jouvenel, Perrin, Paris 2008, pp. 528, euro 25,00 .   



In Italia, tranne un rapido passaggio in libreria tra gli anni Sessanta e Settanta la figura e l’opera di Bertrand de Jouvenel (1903-1987), non hanno mai goduto di grande fortuna. Va comunque onestamente ricordato un certo recupero del suo pensiero, in chiave più liberista che liberale,  negli anni Novanta del Novecento. Ma su questi aspetti italiani rinviamo allo stringato - ma comunque interessante -  libro di Francesco Raschi sul suo pensiero politico (Rubbettino 2008).  E per chi desideri saperne di più?  Dando per scontata la conoscenza della lingua francese consigliamo la lettura della densa biografia critica di Olivier Dard,  Bertrand de Jouvenel, (Perrin), uscita nel 2008 e che qui “ripeschiamo” per sollecitarne la traduzione italiana. Per i buoni libri - come per le buone cause -  non è mai troppo tardi.
Del professor Dard, docente di  storia  all' Università Paul-Verlaine di Metz, ricordiamo, tra i molti titoli,  gli avvincenti e dotti studi sui “non conformisti” francesi degli anni Trenta (Le Rendez-Vous manqué des relèves des   années trente eLes Années Trente. Le choix impossible) pubblicati sempre dalle Éditions Perrin.  Due libri da non perdere (e da tradurre in italiano...).
Parliamo di una biografia  di oltre cinquecento pagine (incluse 80 di note),  sette parti divise in quindici capitoli, corredato da una sostanziosa bibliografia di e su (più o meno trenta pagine). Abbiamo tra le mani  un testo magistrale, scritto in un francese limpido,   dove  si ricostruiscono con grande ricchezza di particolari ambienti,   relazioni, vicende, fortuna dei libri. E come?   Scandagliando quello straordinario giornale dell'anima dejouveneliana  (un vera miniera d'oro) rappresentato  dai taccuini e note di lavoro (tenuti dal 1943 alla sua morte), finora inediti, nei quali   Dard  si è gettato con la perizia dello storico collaudato.  Si  ripercorre così  l’intero cammino esistenziale, politico, culturale e scientifico di  uomo curioso e febbrile,  ma al tempo stesso  razionale e realista. Un ossimoro vivente.  Si pensi solo alla sua tellurica biografia   politica.  Scrive Dard: « Son itinéraire politique frappe d’abord par sa diversité pour ne pas dire son caractère contradictoire. Du parti radicale au PPF, du Centre National des indépendants au vote socialiste en 1974 et 1981, en passant par le comte de Paris, Bertrand de Jouvenel, à l’exception du parti comuniste e du gaullisme, a frayé avec toutes les familles politiques françaises, avec des degrés divers d’engagement» (p. 382).  Insomma,  un impegno  che praticamente non ha risparmiato quasi alcuna forza politica.  Ma  - ecco il punto -   sempre sublimato  da una sistematica volontà di sapere.   Come nota Dard, de Jouvenel « aspire à se voir considérer comme un théoricen et un expert dans des domaines qu’il explore et fait siens: la pensée politique, l’organisation de l’économie, l’écologie et la prospective» (p. 384).   Anche perché,  egli  « est un moderne qui refuse de se laisser enfermer dans une nostalgie passéiste et pour qui la technique, bien employée, peut être liberatrice» (p. 388).
Di qui, pur all'interno di un  vasta produzione,  i suoi grandi libri: Du Pouvoir (1945, a dire il vero tradotto, almeno questo,  tempestivamente da Rizzoli nell'agosto del 1947, come recita la soscrizione della  copia in nostro possesso...), De la souveraineté(1955), The Pure Theory of Politics (1963), L’art de la conjecture (1964), Arcadie. Essais sur le mieux vivre (1968).  Volumi che spaziano dalla teoria politica alla scienza della previsione per culminare nell’ecologia politica, quale sfondo di una buona economia aperta al mercato ma realisticamente attenta alle grandi questioni organizzative, ambientali e dello sviluppo sostenibile, come oggi si usa dire.

Qual è secondo Dard   il filo conduttore di un’esistenza a duecento all'ora?   Dove politica e scienza sono talvolta pericolosamente  intrecciate?  Lo storico  individua quattro precise fasi della vita di Jouvenel (che costituiscono altrettanti capitoli del libro): il giovane e brillante giornalista radicalsocialista, ricco di relazioni e contatti; l’intellettuale fascista ( fra il 1934 e 1938), il liberale  del dopoguerra (tempratosi  tra il ferro e il fuoco del  1943-1944 ); il futurologo e pensatore ecologista ante litteram (negli anni Sessanta). Tutte scelte, secondo Dard,   dettate dalla sua costante e realistica preoccupazione di tenere a freno l’economia, in particolare quella di mercato,   senza però  concedere troppo all'appetito, sempre eccessivo, dei poteri statali.   Dard individua le origini di questo realismo attento ai fatti  e quindi alle costanti del politico (il nocciolo duro della politica: ruolo delle èlite e lotta per l'egemonia in primis),  nel suo  primo libro,  uscito nel 1928:  L’économie dirigée ( si veda la trattazione che  ne fa lo storico alle pp. 52-55).  Radici,  del resto  riconosciute  dallo stesso  de Jouvenel nelle  memorie (Un voyageur dans le siècle, tomo I, 1980), dove scrive, come riporta Dard, che in quel libro « y   trouve "des vues qui [lui] paraissent aujourd'hui  saines et raisonnables, celles d'une génération sans exaltation ni utopie, préoccupée d'une marche de l'économie qui fût socialment bénéfique" » (p. 52). Ne L’économie dirigée    è possibile ritrovare l’idea dell’organizzazione dell’economia di mercato, posta al servizio non di uno stato-onnivoro ma del mercato stesso e di un individuo che può, anzi deve  esprimere se stesso  attraverso la libertà, soprattutto (ma non solo) economica. Insomma,  politicamente si può essere di tutto ( radicale, fascista, liberale, ecologista), ma senza mai tradire la  lezione dei fatti. O se si preferisce l'attenzione vero le  le cose come sono e non come dovrebbero essere.  Et voilà, il realismo Bertrand de Jouvenel. Realismo che non crederà mai nella mano invisibile del mercato come in quella visibile dello stato. Un gusto per  il  realismo,  condiviso  generazionalmente anche con altri,  come spiega Dard, ma  che, miracolosamente, come ogni storico di razza sa bene,  assume  in Bertrand de Jouvenel una cifra se non unica, particolare:  prima radicale anomalo aperto al sociale e sgradito ai difensori della proprietà, dopo  fascista non statolatrico e perciò inviso agli stessi fascisti e, infine, un liberale politico, poco amato dai quei liberali, se ci passa la caduta di stile, ipnotizzati dal mercato. Il vero realista, se si vuole, non può non essere un "traditore" di ogni politica "ideologicamente" orientata e quindi  nemica dei fatti.
Da questo punto di vista, de Jouvenel potrebbe  essere definito un liberale  triste, come Pareto, Croce, Aron, Röpke, Berlin  perché fiducioso nell'individuo, ma malinconicamente consapevole delle leggi del politico e perciò  di un fatto fondamentale: che si comanda alla politica ubbidendo alle sue leggi. Il che, va onestamente riconosciuto implica una controindicazione: il rischio di accettare,  talvolta, i fatti compiuti. Pericolo che rappresenta il lato oscuro di ogni realismo. E sta al singolo intellettuale, di volta in volta  fiutarlo.        

Carlo Gambescia

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