Il libro della
settimana: Pier Luigi Guiducci, Il Terzo Reich contro Pio XII. Papa Pacelli
nei documenti nazisti, pref. di padre Peter Gumpel sj, Edizioni
San Paolo, Cinisello Balsamo 2013, pp. 376, Euro 18, 00 .
http://www.edizionisanpaolo.it/ |
La guerra, da
sempre, costituisce un banco di prova per il cristiano,
soprattutto quando la fede viene vissuta come pacifica e creativa
comunione con Dio e con gli uomini. Osservazione
che a maggior ragione può essere estesa alla guerra ideologica
che ha insanguinato buona parte del secolo scorso. Anche perché sulla
posizione di estrema debolezza politica - non morale attenzione - delle chiese
cristiane nei due grandi conflitti mondiali si è scritto tanto, forse
troppo. E in particolare sulla terribile questione dell’Olocausto.
Infatti, alcuni storici si interrogano tuttora con intenti polemici sul
cosiddetto “silenzio” di Pio XII verso le persecuzioni nazi-fasciste
degli ebrei. In realtà - e qui si scopre la malafede di certa
storiografia - i dodici tomi di documenti pubblicati dalla Santa
Sede negli anni Settanta del Novecento ( Actes et documents du Saint Siège relatifs à la
seconde guerre mondiale), provano abbondantemente l’esatto
contrario. Ossia i notevoli sforzi di Papa Pacelli -
nell'ordine - per mantenere la pace, limitare le ostilità
e mitigare la condizione di tutte le vittime, ebrei inclusi.
Parliamo di una
collezione imprescindibile per qualsiasi storico serio e anche per il
lettore colto e desideroso di andare oltre le pure polemiche
politiche. Un' "opera monumentale" cui fa
riferimento padre Peter Gumpel sj nella sua densa prefazione al libro di Pier
Luigi Guiducci, professore di Storia della Chiesa presso le Pontificie
Università Lateranense e Salesiana: Il Terzo Reich contro Pio XII. Papa Pacelli nei
documenti nazisti (Edizioni
San Paolo). Ma è del volume di Guiducci che qui desideriamo
parlare. E per quale ragione? Perché, al di là del titolo, lo
storico romano, che ha condotto laboriose ricerche nei
principali archivi europei, ci spiega perché la forza morale, estesissima, di
Pio XII non poteva trasformarsi in forza politica. In primo luogo, perché priva
di spada; in secondo luogo, perché si trattava di una
"privazione" cercata e voluta in nome del Vangelo. La Chiesa Cattolica
fece tutto ciò poteva fare in una situazione delicatissima,
barcamenandosi tra i contendenti, come del resto provano i documenti
pubblicati nel libro. Parliamo di un contesto politico
in cui il Papa era giudicato, fin dai suoi anni tedeschi, un nemico
assoluto del Reich. Altro che amico dei nazisti, come alcuni
sostengono...
La questione,
ovviamente, rinvia al violentissimo spirito anti-cristiano,
sconfinante nel paganesimo, che permeava la
dottrina nazionalsocialista: un odio verso la fede stessa
che andava oltre, pur inglobandola ferocemente, la
figura di Pio XII. Il quale, a un tempo buon pastore disarmato
e fine diplomatico, fece tutto il possibile per evitare
l’affondamento della navicella cattolica, dando ordini di far salire a bordo
i membri di altri fedi, ebrei inclusi. Nel libro, come
agghiacciante esempio del clima di quegli anni, si
riporta, tra i tanti documenti citati, un colloquio
tra Hitler e un suo collaboratore all’indomani della caduta di Mussolini:
Hitler: «Bisogna
restituire il colpo, e restituirlo facendo in modo di acchiappare il governo
Badoglio al completo»
Hewel: « Dobbiamo
comunicare o no che le uscite del Vaticano saranno bloccate?».
Hitler: « Per me fa
lo stesso, io il Vaticano lo occupo subito. Lei crede forse che il Vaticano mi
metta in soggezione? Lo occuperemo subito: c’è dentro l’intero corpo
diplomatico, ma io me ne frego, più tardi faremo le nostre scuse. La banda è là
dentro, e noi lo tireremo fuori, quel branco di porci!» (p. 295).
Insomma,
come già notò, anche un critico non propriamente benevolo,
John S. Conway, in un volume che, se ricordiamo bene, attende
ancora di essere tradotto (The
Nazi persecution of the Churches 1933-45, 1968), esistevano già
all'epoca prove sufficienti per temere che, se il Papa avesse
protestato con maggior vigore in favore non solo degli ebrei, la
ritorsione non avrebbe colpito solo la Chiesa Cattolica
ma anche tutte le vittime che tentava di difendere. Insomma,
il Papa, stretto nelle spire di una gigantesca serpe a
due teste (nazionalsocialismo a Ovest e comunismo a Est)
scelse, se ci si perdona la semplificazione, il male minore. O se si
vuole, la via della prudenza politica. Senza però mai
rinunciare alla sua ecumenica missione pastorale: come provano
le testimonianze dei numerosi ebrei, coraggiosamente salvati da preti cattolici
con il placet del Papa, grazie alla concessione di asilo e di nuovi documenti
di identità. Si potrebbe perciò parlare, riprendendo una felice
espressione dottrinaria di Reinhold Niebuhr, di realismo
politico cristiano, di cui Papa Pacelli fu
il fulgido campione.
Quali sono le conclusioni del professor Guiducci?
Quali sono le conclusioni del professor Guiducci?
«Papa Pacelli (…)
rimase per il Terzo Reich una persona da eliminare. Fu visto così. La resa dei
conti finale venne solo rimandata a causa delle vicende belliche, ma non fu
cancellata. Nella mente di Hitler non doveva esserci in prospettiva né una
Chiesa cattolica né un Papa, né una gerarchia ecclesiale. Tutto doveva essere
ricondotto a un’unica espressione religiosa interna al regime e da questo
controllata. Abolendo parte della Sacra Scrittura, inneggiando a un Cristo
ariano, cancellando magistero pontificio e sacramenti, annullando
funzioni religiose e pratiche di pietà, si sarebbe arrivati - nel pensiero del
dittatore - alla rinascita di una grande nazione resa forte dal mito della
razza e del sangue. Nuovi superuomini avrebbero cancellato per sempre
l’immagine “perdente” del Crocifisso cattolico. Era solo questione di tempo.
Non fu così» (p. 331).
Carlo Gambescia
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