giovedì 20 giugno 2024

Povero Montanelli...

 


Montanelli si sarà rigirato nella tomba: Giorgia Meloni alla festa dei Cinquant’anni del “Il Giornale”. Oggi esce pure una lunga intervista: soliti otto milioni di baionette (marchio di fabbrica), fiumi di disprezzo verso la sinistra (per ricompattare), e tracce evidenti di complottismo antieuropeo (per preparare possibili uscite di sicurezza).

Montanelli, nell’Italia del 1975, che andava decisamente a sinistra (qualcuno pure con il kalashnikov), grazie alla fondazione de “Il Giornale” tenne alta la bandiera liberale. 

È agli atti (si pensi alle varie biografie uscite su di lui) che Montanelli sosteneva una cosa molto semplice. Difendeva il principio al quale doveva e deve attenersi ogni buon giornalismo liberale: guidare il lettore, non lasciarsi guidare dal lettore. 

 Nel senso, per capirsi, di non essere mai più a destra ( o sinistra) del lettori. Si chiama equilibrio. E nasce da quel che un amico spagnolo, professore di scienze sociali, Jerónimo Molina, chiama l’ “immaginazione del disastro”. Cioè, capire che le parole sono pietre e possono fare danni, in crescendo fino alla guerra civile. O comunque, spianarle la strada. Quindi vanno ben scelte ed economizzate.

Una moderazione che dall’avvento in politica di Berlusconi, a cominciare dal “Giornale”, non è più di casa in Italia. E infatti ci ritroviamo con una ex missina, dalle saldissime radici fasciste ( o neofasciste, decida il lettore) al governo. Mentre “Il Giornale” di direttore in direttore, di estremismo in estremismo, è caduto sempre più in basso. In qualche modo, la presenza di Giorgia Meloni ai “Cinquant’anni”, lei così antiliberale, anticapitalista, “filo-occidentale” e “filo-semita” per caso (diciamo fin quando reggerà Biden), ricorda la foto che comprova il tradimento, scattata da un investigatore privato. Insomma, i fedigrafi a letto insieme.

Tradimento dei valori liberali. Roba da divorzio. E infatti chi scrive non ha più alcun rapporto con “Il Giornale” da almeno trent’anni. E c’è invece chi è andato in pensione passeggiando tra le rovine. Del resto la carne è debole... Scagli la prima pietra, eccetera, eccetera.

E qui si aprono alcuni  problemi. 

Può un liberale, che a fatica si riconosceva nei programmi di Berlusconi, votare Giorgia Meloni? Montanelli mai consigliò di votare Almirante. 

Può un liberale comprare e leggere “Il Giornale” tutti i giorni? No. Eventualmente sì, ma solo se iscritto, per parafrasare Magnotta, al partito dei Tafazzi. In effetti i delusi non sono pochi: la diffusione attuale è di trentamila copie.

Quando leggiamo, sotto la testata del “Giornale”, “ 50 anni contro il coro” (in realtà diciamo un ventina, fino al 1994) non possiamo non avvertire, per dirla all’antica, “un moto di sdegno”.  Un quotidiano,  un tempo elegante e forbito, politicamente e culturalmente aristocratico, oggi  finito nelle grinfie del volgarissimo trust giornalistico di destra, proprietà dell’imprenditore Angelucci. Per buttarla sul romanzo d'appendice,  si pensi alla contessa decaduta,  finita  a fare la governante presso  una  famiglia di parvenu.

Purtroppo, ora le cose vanno così. Per dirla con uno dei massimi filosofi del Novecento, Rino Gaetano: “Chi porta gli occhiali, chi va sotto un treno/ Chi ama la zia, chi va a Porta Pia/Ma il cielo è sempre più bluuuuuuuuu”.

Ecco “Chi legge il Giornale, chi vota Meloni/ Chi non lo legge, non la vota e si è rotto i…” Lasciamo all’immaginazione del lettore. Basta possedere un minimo di senso della rima baciata…

Carlo Gambescia

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