Dopo l’Italia si prepara a cadere anche la Francia. L’Austria è già caduta da tempo. La Germania è sulla buona strada. In Spagna, le cose sembrano più difficili. Vedremo. Comunque sia, la destra a destra della destra sembra in crescita ovunque.
Parliamo di un fenomeno in espansione che minaccia tutta l’Unione Europea. E non solo. Si pensi a un personaggio, politicamente estremo (lato destro, ovviamente) come Trump. Anche l’esperimento Bolsonaro (al momento non riuscito) va ricordato. Su Milei, per ora, sospendiamo il giudizio.
Come si dice, il vento sta cambiando. I giustamente sconfitti del 1945, ideologicamente parlando una miscela di razzismo, nazionalismo, tradizionalismo (quanti ismi…), sono di nuovo sulla cresta dell’onda. Filorussi, o comunque neutralisti e “pacifisti”, parte recitata da Hitler, appena agguantato il potere nel 1933; autoritari sul piano politico, protezionisti sul piano economico, intolleranti su quello sociale, chiusi a ogni forma di progresso culturale. Per le nuove destre, anzi estreme destre, non prive di simpatie fasciste, che nulla hanno imparato nulla hanno dimenticato, il potere è a portata di mano.
Il rischio, più che fondato, è quello dell’avvio di un nuovo ciclo politico regressivo: con tanto di riscrittura della storia (“Hitler? Severo ma giusto”. “Mussolini? Un grande statista”); trionfo del plebiscitarismo (“Ma quale democrazia parlamentare… Democrazia organica: Bastano un capo e un popolo”); cancellazione dei diritti civili ( “Ma quali matrimoni… Esiste solo un famiglia: quella tra uomo e donna); chiusura delle frontiere (“L’Italia, la Francia, la Germania, eccetera, solo agli italiani, ai francesi, ai tedeschi, eccetera”); protezionismo economico (“Mangiate solo italiano, tedesco, francese, eccetera”). E così via.
Che cosa non ha funzionato? Se si dovesse indicare una sola ragione, diciamo unificante, la si potrebbe individuare nell’apatia politica appassionata.
Un ossimoro? In apparenza sì. Solo in apparenza però. Perché si tratta di un fenomeno sociale complesso. Che ricorda Giano Bifronte. Si segua il nostro ragionamento.
La progressiva mancanza di motivazione politica (apatia), è stata favorita da due fenomeni differenti che però hanno prodotto lo stesso risultato.
Da un lato la crescita del benessere, che ha causato la neutralizzazione delle passioni politiche, diciamo democratiche. Dall’altro la crescita delle aspettative, riguardo al benessere futuro, che ha favorito la democrazia emotiva, che invece si regge su un eccesso di passioni.
Il corto circuito tra queste due correnti contrarie (il Giano Bifronte) ha posto la neutralizzazione, che è indifferenza verso il tipo di regime politico, al servizio dell’emotivizzazione del benessere, a prescindere però dal regime politico.
Insomma, per l’ “elettore medio” vanno bene tutti: rossi, neri, gialli, eccetera, purché garantiscano una condizione di stabile o crescente benessere.
Si potrebbe parlare di ricerca emotiva del benessere, apolitica ( o impolitica, dipende sempre dal punto di vista dell’osservatore). Questa emotivizzazione apolitica, che comunque non poteva non avere sbocchi politici (perché la politica non è mai apolitica), ha premiato in un primo tempo i populismi, e in un secondo tempo, vista l’inefficienza dei primi, il ritorno dell’estrema destra, come una specie di usato sicuro.
Sarà perciò difficile opporsi a un' onda nera, sempre più alta, che rischia veramente di travolgere i sistemi liberal-democratici. Che, ovviamente, hanno la loro parte di responsabilità per aver neutralizzato la politica.
Del resto il liberalismo è proprio questo: smussare gli angoli, favorire la mediazione, sopire le passioni. Far progredire il ragionamento politico sull’irrazionalità del mito. Ed è giusto che sia così.
Si potrebbe dire che sotto questo aspetto il liberalismo, vittorioso nel 1945, rischia di restare vittima del suo successo. La neutralizzazione delle passioni, come nel gioco dell’oca, racchiude la possibilità di tornare alla casella iniziale. Quella dei fascismi. Ed è quello che sta accadendo.
Si può impedire tutto questo? Difficile dire. Il ciclo liberale, apertosi nel 1945, sembra chiudersi. E se ne sta aprendo uno illliberale. Come nel 1922 e nel 1933.
La parola potrebbe tornare alle armi.
Carlo Gambescia
A me sembra che stia finendo anche il ciclo socialdemocratico. Apatia politica e antipolitica sono purtroppo un combinato che rischia di segnare definitivamente la fine delle democrazie liberali (o liberaldemocrazie) occidentali. Non voglio provocare, ma Milei mi sembra l'epitome di quel liberismo populista, quindi anti-liberale, da scongiurare. Tristi saluti
RispondiEliminaGrazie del commento. Sì concordo. Non provoca assolutamente. I provocatori sono altri (dia un'occhiata se ha tempo al commento di un Riccardo Cuor di Leone al mio "Neofascismo e cultura della scelleratezza"). Su Milei ho molti dubbi. Va però detto che Il contesto argentino è "landiniano" al cubo... Il che non lo assolve, però... Comunque vedremo. Ricambio i saluti.
RispondiElimina