Cadono le braccia. Si tratta in fondo di micro-fatti, che però, come le tessere di un mosaico, se uniti ad altri, vanno a comporre il grande affresco bizantino dei vischiosi rapporti tra politica e giornalismo in Italia.
Nel 2018, rimanemmo colpiti dalla defenestrazione di Alessandro Barbano, direttore del “ Mattino” di Napoli (*): giornale di proprietà di Francesco Gaetano Caltagirone (dal 1996).
Evidentemente, non piaceva la sua più che giustificata, giornalisticamente e politicamente, linea antipopulista contro il governo Giallo-Verde.
Ora dopo sei anni di purgatorio, diciamo così ( al “Corriere dello Sport-Stadio” e al “Riformista” con incarichi apicali però, come direttore di quest’ultimo), Barbano è diventato dal 1 maggio direttore del “Messaggero”, altro giornale di Caltagirone ( sempre dal 1996).
Un maleducato direbbe che è tornato all’ovile.
Barbano, nel suo primo editoriale, spiega che “se l’Italia è un Paese dove il discorso pubblico è malato”, tuttavia “da due anni quello stesso Paese incattivito e sostanzialmente immobile (…) è tornato a muoversi” (…)”. Sicché, “nell’attuale assetto bipolare della politica non ci sono alternative al governo in carica”. Inoltre “per l’inconciliabilità di programmi e linguaggi, l’opposizione è ancora lontana dal rappresentare un’opzione competitiva” (**).
Dov’ è finito l’antipopulismo di Barbano, che gli fece perdere il posto di direttore al “Mattino”? Va sottolineato che attualmente “ Il Messaggero” è completamente spalmato sul governo Meloni, come il burro sul pane. Certo, non è la fotocopia di quello Giallo-Verde, ma resta altrettanto populista: diciamo Nero-Verde, con spruzzate di azzurro forza-italiota.
Quella velenosa atmosfera populista, nemica delle “democrazie liberali”, che Barbano ha così ben contrastato e ricostruito, in Dieci bugie. Buone ragioni per combattere il populismo (Mondadori 2019), è la stessa che si respira in Fratelli d’Italia, per non parlare della Lega.
Forse, come si diceva un tempo, Barbano si prepara a combattere il populismo “dall’interno”? Bah… “Il Messaggero”, a parte una fase di spiccato antifascismo durante gli anni Settanta e all’indomani del 25 Luglio, è sempre è stato un giornale molto benevolo verso i governi in carica. E con Caltagirone le cose non sono cambiate.
Pertanto, non crediamo che Barbano, proprio per la sua esperienza, non proprio positiva, al “Mattino”, non sappia ciò che lo aspetta.
Che dire? Quando si pongono agli addetti ai lavori domande sui cambiamenti di casacca dei direttori, rispondono secondo uno schema retorico standard: che sono sfide, che i bravi giornalisti accettano e sanno affrontare, eccetera, eccetera. Talvolta, si ricorre, in appendice, anche alla variante del professionismo: non importa il colore della casacca, perché un professionista, si comporterà sempre come tale, eccetera, eccetera.
Negli anni Novanta Alexander Langer, giornalista, scrittore, punta di lancia del movimento ecologista e pacifista, a un certo punto capì che non ce l’avrebbe fatta né a riparare né a cambiare il mondo. E allora che fece? Si impiccò a un albero di albicocche.
Cinquant'anni prima, i fratelli Rosselli, Carlo e Nello, giornalista il primo, storico il secondo, furono "suicidati" dai fascisti a colpi di pistola e di pugnale. Avevano scelto, in particolare Carlo, la via del fuoriuscitismo. Una via durissima. Due antifascisti veri.
Langer e i fratelli Rosselli avevano sfidato il mondo, senza paura, e il mondo si vendicò in modo atroce.
Sfidare il mondo. Il lettore prenda appunto. Oggi su Langer e sui Rosselli esiste una bibliografia importante. Si scrive, si pubblica, si citano come esempi di coerenza politica, eccetera, eccetera. Tre eroi.
Però, ecco il punto, gli uomini sono quel che sono. E gli eroi si contano sulla punta delle dita. È così. E non possiamo fare nulla. Si piangono gli eroi, ma con un occhio solo.
Carlo Gambescia
(**) Ampi stralci qui: https://www.adnkronos.com/economia/alessandro-barbano-direttore-messaggero_77CvPAp9m5fljQy3zjF7vP . Qui la versione integrale: https://www.ilmessaggero.it/italia/la_misura_delle_parole_rilancio_paese-8092580.html .
Dei sedicenti liberali alle vongole, direttori di quotidiani d'area per conto di..., non è il caso di sprecare inchiostro. Ultimo o penultimo in ordine di tempo, il Bret Easton Ellis de'Noantri (sic!), attuale direttore de Il Tempo, specialista di salto carpiato reiterato. Come cantava quel tale in una canzonetta di molti anni fa;
RispondiElimina"Non so, non so
Se ti è capitato mai
Di dover fare una lunga corsa
Ed a metà strada stanco
Dire a te stesso: "Adesso basta!"
Eppure altri stan correndo ancora
Intorno a te, e allora
Non farti cadere le braccia
Corri forte, va più forte che puoi
Non devi voltare la faccia
Non arrenderti né ora né mai"
Saluti
Grazie del simpatico commento. Gambescia, l’analista, che ha lo studio nel sangue, non mollerà mai. Purtroppo Gambescia, l’uomo, talvolta sembra cedere. Però poi, anche con l’aiutino morale di Bennato, come lei sottolinea, si rimette in carreggiata. Tranquillo. Ricambio i saluti
RispondiEliminaA proposito di analisti, cosa ne pensa dell'ultimo Ricolfi, allontanato o allontanatosi dal gruppo Gedi?
RispondiEliminaChe anche lui è approdato al "Messaggero"... :-)
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