Non parleremmo di antisemitismo. Almeno per ora. Piuttosto, vista la formazione upper class (public school, eccetera) del procuratore capo della International Criminal Court, ICC (Corte Penale Internazionale, CPI ), Karim Khan, parleremmo invece di pacifismo legalizzato e idealizzato. Aggiungiamo che è cittadino britannico, nato in una famiglia pakistana, di religione (semplificando) islamico-sunnita.
In che senso pacifismo legalizzato e idealizzato? Per capirsi subito, un tribunale può emettere un mandato di arresto, ma se non c’è polizia in grado di eseguire, si rischia di restare sul piano delle valutazioni giuridico-morali, umanitarie, prive però di conseguenze processuali, quindi reali, come giudizio, sentenza, eccetera.
Pertanto invitiamo i lettori a sorvolare, su quello che invece sembra essere questa mattina il cuore del dibattito: l’equiparazione tra Hamas e lo stato di Israele. Da alcuni vista come un offesa, da altri come un atto di giustizia.
In realtà, quando ci si pone sul piano del rifiuto della guerra, ogni attività, di varia intensità, all’interno di un conflitto bellico, può essere giudicata reato. Pertanto da questo punto di vista Hamas e Israele possono essere trattati come gruppi di gangster rivali in lotta nella Chicago degli anni Trenta.
Che poi, ci sia chi strumentalizzi politicamente, la decisione di un magistrato, è nell’ordine naturale delle cose politiche, fondate su una precisa regolarità metapolitica: la dinamica amico-nemico.
Andiamo avanti. Al momento, la situazione è la seguente: da un lato c’è il rifiuto della guerra (il giudice) dall’altro l’accettazione della violenza bellica come prosecuzione della politica con altri mezzi (gli stati). Due mondi che non comunicano.
Ora, sul piano dei nobili ideali, sarebbe lodevole rinunciare alla guerra. Come però? Alla stessa stregua della vita interna degli stati servirebbe una polizia mondiale, capace di prevenire e/o reprimere, come avviene con la polizia statale. Insomma, dal macro al micro, dal micro al macro. Un mondo perfetto.
Certo, è lecito augurarsi che le persone si convincano dell’inutilità della guerre e sposino la causa dell’estensione universale dell’idea Law and Order. Però per raggiungere lo scopo ogni stato dovrebbe cedere i propri poteri, anche giudiziari, a un governo mondiale, a una magistratura mondiale, a una polizia mondiale.
Purtroppo cinquemila anni di storia provano il contrario. Per carità mai dire mai. Non si può escludere nulla. Però l’istituzione di uno stato di diritto mondiale non è per l’ oggi e neppure per il domani. La dinamica metapolitica inclusione-esclusione, insegna che solo un pericolo proveniente da Marte potrebbe favorire inclusione dei popoli del pianeta Terra, nel quadro di un governo mondiale, contro i popoli del pianeta Marte.
E intanto cosa può succedere? Che i giudici idealisti come Karim Khan – per dirla con l’Amedeo Crivellucci, superbo stroncatore dell’opera storica di Alfredo ’Oriani – si dedichino “ alle ascensioni alpine” per tracciare “da quelle sommità, nello spazio, grandi linee dall’Oriente all’Occidente e dal Settentrione al Mezzodì. Ma sono sempre linee nel vuoto” (*).
L’opera di Karim Khan è giuridica, ma purtroppo ricorda quella di Alfreo Oriani. Opera storica. Con la differenza che un giudice che ignori la realtà delle regolarità metapolitiche rischia di combinare più guai di uno storico.
Carlo Gambescia
(*) Walter Maturi, Interpretazioni del Risorgimento. Lezioni di storia della storiografia, pref. di Ernesto Sestan, aggior. bibliogr. di Rosario Romeo, Einaudi, Torino 1962, p. 377.
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