“Presidente De Luca, quella stronza della Meloni. Come sta?” (*).
Questa l’espressione usata da Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, ieri a Caivano, nei riguardi di Vincenzo De Luca, Presidente della Regione Campania. Da carica istituzionale a carica istituzionale.
Già conosciamo la risposta degli aficionados, quelli del “Giorgia insegnaci la vita”. Ha cominciato per primo De Luca, definendola tale, in passato, con i giornalisti parlamentari.
De Luca è un ex comunista, che talvolta scivola nel macchiettismo. Fa sorridere e perfino ridere. Giorgia Meloni no. È truce. Come gli squadristi. E non fa nulla per nascondere questo lato tenebroso, che ultimamente sembra spiccare perfino sul piano delle normali relazioni istituzionali: dal “me ne frego” al turpiloquio. Per non parlare del suo rapporto speciale con un condannato all’ergastolo.
Che dire? "Mostra i denti il pescecane/E si vede che li ha/Un coltello, solo, ha Mackie...".
E i lettori, badino bene, questo è solo l’inizio. Purtroppo quel che si stenta a capire (e i mass media non aiutano) di questa nuova Opera da tre soldi, è che Mackie Messer ora fa lo squadrista, quantomeno sul piano della mentalità.
Che cos’era lo squadrismo? Un’organizzazione paramilitare che aveva lo scopo di intimidire e colpire fisicamente, ricorrendo alla violenza, gli avversari politici.
La caratteristica principale dello squadrismo fascista era l’intolleranza verso gli avversari politici, tramutati in nemici da eliminare. Squadrismo come strafottente, assoluta, convinta violazione delle regole dello stato di diritto. Nel dubbio menare. Anche solo verbalmente. Ecco il credo dello squadrista.
Per ora Giorgia Meloni si limita alla strafottenza. Cioè ad assumere un atteggiamento arrogante e irriguardoso nei riguardi degli avversari. Ovviamente in questo modo riesce a tirare fuori il peggio dai suoi interlocutori. Lavora per la guerra civile.
Chiunque abbia studiato con attenzione l’antropologia sociale dell’ estrema destra (cioè i suoi modelli di comportamento sociale), sa benissimo che il ricorso alla violenza verbale e fisica, in un mondo che ha sempre privilegiato l’azione al pensiero, è la norma. Pertanto Giorgia Meloni non può non “pensare” da squadrista: l’acqua della vasca politica in cui ha sempre nuotato è quella del militante che entrava in sezione armato, discuteva di linea politica, a colpi di insulti, per poi tirare fuori la pistola, minacciare gli astanti, a sua volta minacciato.
Per ora, Giorgia Meloni ricorre al manganello linguistico. In pubblico. Il lettore invece faccia mente locale sul privato: provi a immaginare che razza di comportamento la Meloni assumerà, una volta lontana dalle telecamere, con i suoi dirigenti e militanti: i retroscenisti, quelli che dei politici sanno tutto, si guardano bene dal riferirne.
Quel che è accaduto ieri a Caivano imporrebbe le dimissioni. Non ha precedenti nella storia repubblicana. Almeno in quella immortalata dalle telecamere. La Meloni non mostra alcun ritegno. Mattarella dove sei?
A prescindere dalle dimissioni, servirebbe, come minimo, una seria riflessione sui rischi di una simile deriva. E invece? Oggi la stampa, anche di sinistra, con rare eccezioni, parla genericamente di “scontro” con De Luca. Pari sono insomma… E questo purtroppo è l’effetto di ricaduta su destra e sinistra di trent’anni di populismo a colpi di piazze televisive e conduttori compiacenti.
In realtà, il punto non è, come titola “Domani”, che dietro le parolacce della Meloni c’è il nulla.
Non è vero: c’è lo squadrismo.
Carlo Gambescia
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