Rapporto Censis 2019
In
linea di massima la cosa non dovrebbe meravigliare, soprattutto
l’addetto ai lavori, il sociologo insomma. Eppure merita una spiegazione.
Di
che parliamo? Del 53° Rapporto Censis (*)
dal quale si evince che un italiano su due è favorevole all’uomo forte al
potere. E che quindi non vuole sentir parlare
di governo delle leggi. Detto altrimenti, di stato di diritto e democrazia rappresentativa
Qui si registra una continuità antropologica che va oltre il Rapporto. Attenzione, nulla di lombrosiano. Con il termine intendiamo continuità culturale. Un aspetto che rinvia alla condizione umana. Pensiamo a una specie di
“seconda natura” O se si preferisce un' antropologia acquisita nel tempo storico. Ci spieghiamo meglio.
Gli
uomini per migliaia di anni sono stati governati da altri uomini. Il governo
delle leggi, o meglio la teorizzazione compiuta del governo delle leggi, è cosa
moderna, che ha pochi secoli di vita (seppure con alcuni precedenti filosofici). Pertanto la sottomissione al “capo” è la regola sociologica non l'eccezione.
L’uomo, antropologicamente, vuole essere governato da altri uomini, meglio ancora se da un uomo solo al comando: un re, un imperatore, un principe, ma anche un tiranno, un dittatore, un duce.
L’uomo, antropologicamente, vuole essere governato da altri uomini, meglio ancora se da un uomo solo al comando: un re, un imperatore, un principe, ma anche un tiranno, un dittatore, un duce.
Esistono
ovviamente spiegazioni, etnologiche, psicanalitiche, mitografiche, storiche e
politologiche che qui è inutile richiamare. Il punto fondamentale resta quello della preferenza culturale verso
forme di obbedienza, spesso assoluta,
all’ uomo e non a leggi impersonali. Leggi,
queste ultime, create e codificate dagli uomini per altri uomini, alle quali
per convenzione tutti poi dovranno ubbidire: legislatori e cittadini. E per questo motivo sospette ai più. Perché, ci si chiede, fidarsi di uomini come me?
Che non hanno alcuna qualità speciale?
Per
contro, e a riprova, si pensi, in pieno Novecento, al delirio delle folle per figure ritenute
invece “speciali” come Mussolini, Stalin, Hitler. Oppure, ancora oggi, al fascino che esercita sulla gente uno strambo personaggio come Trump. Siamo dinanzi a qualcosa che travalica la forma stessa dei regimi politici. Un sedimento antropologico.
Inoltre, cosa non secondaria, lo stato di diritto, richiede
ragionamento e argomentazione, mentre l’appello
al popolo del “Cesare” di turno (il
Cesare “originale”, ad esempio, affossò lo “stato di diritto”
della Repubblica romana), è immediato e comprensibile per tutti: si procede per sì o no, senza dover argomentare. E a colpi di spada quando occorre.
Tra
lo stato di diritto e il culto del capo c’è la differenza che passa
tra la diligente applicazione che richiede lo studio e un schiaffo sferrato con violenza. Lo
studio impone tempi lunghi, uno schiaffo
può essere sferrato da chiunque in un attimo. Le regole sono faticose da
capire, la violenza, a cominciare da
quella verbale, è chiara per tutti.
Ovviamente, come insegna la sociologia, il potere è sempre gestito da pochi. Anche un sovrano assoluto ha necessità
dello stato maggiore: non esiste il
potere solitario. Però per molti uomini e donne è bello e facile crederlo. Di qui, il fascino del “capo” che come un dio, vede provvede.
Insomma,
la teorizzazione liberale (dello stato di diritto e della democrazia
rappresentativa) resta assai difficile da comprendere perché impone regole,
procedure, tempi lunghi, spesso errori e incertezze. E gli uomini, piaccia o meno, al capire preferiscono il credere.
E sembra essere ancora più incomprensibile in un momento come
questo, dove due italiani su tre, come asserisce il
Censis, dichiarano di vivere in stato di ansia per il futuro. Che l’ansia sia motivata da fatti reali o
meno, qui non interessa, il vero punto è la incombente (e ricorrente) deriva canina... Il fatto che la
metà degli italiani, come quei cani dagli occhi umidi, implori un padrone capace di accudirli.
In
qualche misura, se ci si passa la mediocre figura retorica, l’intonaco
liberale mostra segni di scrostature in più punti. Sotto la
vernice affiora la rozza pietra di un uomo per secoli abituato a obbedire a un uomo ritenuto come solo al comando.
Purtroppo,
ripetiamo, la sottomissione volontaria
al potere assoluto sembra essere la regola, il liberalismo l’eccezione. Un’eccezione che ha pochi secoli di vita. Il liberalismo è un vero e proprio esperimento antropologico. Quasi un miracolo.
Il
Censis sembra perciò confermare una regolarità sociologica, diremmo
metapolitica. Quale? Che gli
uomini alla libertà, sotto il governo
delle leggi, preferiscono la sicurezza regalata dal tiranno.
Il
liberalismo innanzitutto parla ai coraggiosi. Non ai codardi. Del resto, come osservava il pavido Don
Abbondio manzoniano, "il coraggio uno,
se non ce l’ha, mica se lo può dare"...
Carlo Gambescia
(*)
Qui, il comunicato stampa: http://www.censis.it/rapporto-annuale/il-furore-di-vivere-degli-italiani .
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