Il libro della settimana: Franco Cardini,Arianna infida. Bugie del nostro tempo, Edizioni Medusa 2013, pp. 208, Euro 14.50 .
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A che serve la
storia? A cosa servono gli storici? A questo pensavamo leggendo il libro
di Franco Cardini. Arianna Infida. Bugie del nostro tempo (Edizioni Medusa), una raccolta di
articoli in larga parte di taglio giornalistico, apparsi tra
il 2005 e il 2012. A
cosa serve studiare il movimento crociato, la cavalleria
medievale, delineandone plasticamente glorie e
miserie, per poi non saper cogliere, anche quando si fa alta
divulgazione giornalistica, le proprie e le altrui contraddizioni? Fare
storia significa saper prendere le distanze dalla propria
"circostanza" , stabilendo che le cose possono essere
sempre giudicate da due punti di vista: quello di chi osserva e
quello di coloro che sono osservati. Lo
storico non deve scegliere tra le due prospettive, ma soltanto
tenere ben presente che quando si ricostruisce, come insegnavamo gli storicisti
tedeschi, è giusto rivivere dall’interno, mentre quando si interpreta,
come riteneva Tocqueville è altrettanto giusto porsi all’esterno. E
ci scusiamo per il ripassino.
Ovviamente, è un
equilibrio non facile da perseguire. Ed è probabile che non
sia neppure di questo mondo: la carne è debole. Insomma, sappiamo
benissimo che non esiste una storiografia pura fatta
di omini occhialuti dai cervelli-tabula rasa.
Ma chi pratica il métier d'historien
dovrebbe, almeno deontologicamente, essere sempre
consapevole della distinzione cognitiva ricordata. E quindi evitare
contaminazioni tra le cose come sono andate e i propri desiderata…
Altrimenti, storici e storia non servono a nulla, se non alla pericolosa causa
di un mondo dipinto in bianco e nero: i buoni di qua, i cattivi di
là.
Ora, la raccolta di
Cardini, non sembra opera di uno storico, ma di un agitatore
politico. Perché il punto di vista esterno del professore
fiorentino (anticapitalista e antiliberale), straripa e
prevale su quello interno (dei fatti ricostruiti). Perciò tutti
coloro che sono schierati dalla parte opposta ( a quella di Cardini)
sono ritenuti in malafede e confinati tra i bugiardi che
punteggiano quel filo rosso dell’ "Arianna infida" del titolo.
Non facciamo nomi.
Il lettore interessato all' "articolo" si comprerà il libro e
scoprirà per conto suo. Viceversa, chi segue Cardini per ragioni
professionali (storici, giornalisti, opinionisti ) già ne conosce le
idiosincrasie. Né desideriamo addentrarci nella discussione delle “prove”
addotte dal medievalista. Sarebbe fatica sisifica, perché
i vasi intellettuali non sono comunicanti. E
di conseguenza le bugie degli uni sono verità per gli altri e
viceversa. Siamo nell'ambito della politica della logica. Una
pseudo-scienza, già ottimamente maneggiata dai sofisti
greci. Ciò però significa che una
volta presa la strada dell' "antismo"
argomentativo (anti-questo, anti-quello), e non importa
da quale parte provenga, si finisce sempre per fare
cattiva storia. Al massimo, per tornare a Cardini, si
potrebbe valutare da necrofori della logica
la congruenza in termini di uso argomentativo tra premesse
ideologiche scelte e concetti che ne
discendono. Uso, a dire il vero, neppure sempre
lineare. Ad esempio, quando si tratta difendere la sua, di
“ortodossia” cattolica, Cardini critica il fatto “che per
troppi decenni, si è assistito allo spettacolo di atei che si sposavano in
chiesa e facevano battezzare i figli e delle feste religiose ridotte a
occasioni di consumo” (p. 143). Mentre quando le stesse tesi
sono sposate dagli avversari ideologici, le si
retrocede alle “vuote banalità retoriche del Dio-Patria- Famiglia”
(p. 150)…
Peccato,
perché parliamo dello stesso Franco Cardini, autore di
un immenso libro sulla cavalleria. Ma erano i primi anni
Ottanta. Quanta acqua è passata sotto i ponti. Chi scrive era molto
giovane e, come capita a quell'età, si sceglieva i maestri
ideali. Cosicché ogni volta che sfogliamo Alle
radici della cavalleria medievale ci
torna in mente la vecchia canzone di Charles Trenet: Que
reste-t-il de nos amours / Que reste-t-il de ces beaux jours /Une photo,
vieille photo/ De ma jeunesse. Che malinconia.
Versi che per giunta evidenziano quella sana nostalgia del passato che, per dirla con Adolfo Omodeo, deve costituire il punto di partenza ma non di arrivo del buon ricercatore storico. Versi che però, come riportano le cronache, piacciono anche a Berlusconi, il “Berluska” (come scrive il Cardini agit-prop…), sul quale lo storico spara alzo zero. E che probabilmente sono amati anche da Cardini... Il quale però, se fosse qui, ci risponderebbe, a proposito dei gusti musicali del Cavaliere, che anche a Hitler piacevano i fiori, gli animali e i bambini...
Versi che per giunta evidenziano quella sana nostalgia del passato che, per dirla con Adolfo Omodeo, deve costituire il punto di partenza ma non di arrivo del buon ricercatore storico. Versi che però, come riportano le cronache, piacciono anche a Berlusconi, il “Berluska” (come scrive il Cardini agit-prop…), sul quale lo storico spara alzo zero. E che probabilmente sono amati anche da Cardini... Il quale però, se fosse qui, ci risponderebbe, a proposito dei gusti musicali del Cavaliere, che anche a Hitler piacevano i fiori, gli animali e i bambini...
Forse Trenet
aveva più senso storico del professore fiorentino? Mah... Intanto,
godiamoci il romantico chansonnier francese. Così prosegue la
sua struggente canzone: Les
mots les mots tendres qu'on murmure/Les caresses les plus pures/ Les serments
au fond des bois/ Les fleurs qu'on retrouve dans un livre/ Dont le parfum vous
enivre/ Se sont envolés pourquoi? Già, perché,
professor Cardini?
Carlo Gambescia
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