martedì 26 marzo 2013

Angoscia e politica




Il tema  della gestione politica dell’angoscia sociale è   discusso  da numerosi studiosi. Qui ricordiamo solo i nomi di Hannah Arendt, Franz Neumann, Harold D. Lasswell,  Sheldon S. Wolin, Ernst Nolte.
Qual è l’influenza dell’ angoscia collettiva - quale timore diffuso di un declassamento  sociale -  sulla decisione politica? Quali sistemi politici sono meglio ( o peggio)  attrezzati per contrastarla (o favorirla)?
Come si vede sono questioni di non facile soluzione,  dal momento che non esistono sistemi  politici perfetti, né l’uomo ha mai mostrato di essere storicamente e sociologicamente libero, come dire, da “turbe” psico-sociali. Infatti, per un verso,   la libertà è avvertita come  un peso, perché implica l’assunzione di un rischio per la sicurezza individuale  che non tutti gli uomini sono disposti a condividere; per l'altro,  anche la mancanza di libertà, pur in presenza di una condizione diffusa  di  sicurezza sociale,  non sempre viene tollerata da tutti.  L'uomo, insomma,  è una specie di complicato volatile dalle ali  talvolta  troppo pesanti.  

Si tratta perciò di   un problema di massimo e di minimo: all’interno di un sistema politico e sociale quanta libertà può essere tollerata? Quanta insicurezza può essere accettata? Ciascuno risponderà secondo la propria visione ideologica e istituzionale. Fatta salva,  come alcuni sostengono,  la pura constatazione de facto che le società, per autoconservarsi, oltre una certa soglia  minima  di libertà e sicurezza non possono scendere. Diciamo che,  ipoteticamente, da un lato abbiamo la società-carcere dove tutti i cittadini sono schedati e controllati, dall’altro la società-morente, dove cittadini, pur liberissimi, muoiono per inedia perché incapaci di procurarsi liberamente le risorse necessarie al sostentamento fisico. Mentre,  nel mezzo,  vanno  collocate le diverse esperienze storiche e sociologiche. Dalla cui conoscenza ci si potrebbe fare un’idea di quanto anche le stesse  idee di  massimo e minimo sociale e politico siano   relative. E così  valutare con  equanimità  il proprio tempo.  Purtroppo (ecco perché abbiamo usato il condizionale),  le cose vanno in modo diverso:  gli uomini reali  al capire preferiscono il  credere.  Di qui, al contempo,  lo sviluppo dell' angoscia  collettiva  e  del  tentativo politico di contrastarla… 

Carlo Gambescia

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