giovedì 27 settembre 2012

Oggi proponiamo due recensioni, a firma di Carlo Pompei e  Teodoro Klitsche de la Grange, dedicate a libri apparentemente diversi,  anche nel genere: un romanzo e un  saggio politico-economico.  In realtà, lo sfondo comune dei testi resta la crisi della politica.  Questione che rinvia, innanzitutto, alla crisi dell’individuo. Alla quale Borni (Oltre l’arcobaleno) e Tremonti (Uscita di sicurezza) rispondono esaltando - per semplificare - il romanticismo esistenziale (il primo) e politico (il secondo): un occasionalismo, per  dirla con Carl Schmitt.  fatto di scelte  talvolta improvvise, talaltra improvvisate,   che tuttavia  vanno sempre  oltre la fredda ragione calcolante degli ingegneri dell'anima . 
Diciamo che la riposta di Borni   sembra essere più convincente, forse  perché coerentemente vissuta. Meno sincera appare   quella di Tremonti.  Il quale,  in modo   contraddittorio,  ora,  che è fuori dalla stanza dei bottoni,  invoca la politica. E per giunta  dopo aver spezzato  il pane  con i tecnocrati e introdotto, da perfetto ragioniere,  i tagli lineari di bilancio.  Certo,  quando  le idee di un libro (almeno alcune)  sono buone, si può anche prescindere   dalla coerenza  dell'autore...
 Buona lettura. (C.G.)

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Il libro della settimana: Fabrizio Borni, Oltre l’arcobaleno: non puoi smettere di essere quello che sei , Seneca Edizioni 2012, pp. 192, Euro 15,00 -   (recensione di Carlo Pompei).

http://www.senecaedizioni.com/index.php?pageid=collane&collanaid=4

 

Con Oltre l’arcobaleno: non puoi smettere di essere quello che sei  (Seneca Edizioni) - libro che ha sottili riferimenti in comune con il precedente Il Settimo Angelo - Fabrizio Borni si conferma romanziere nel più autentico senso del termine. Il genere letterario, infatti, non è ascrivibile a quello della scrittura di pura fantasia: Borni lascia intendere come l’autore sia - in parte - anche il protagonista dello scritto. Ma d'altronde qualsiasi uomo alla soglia dei “cinquanta” che abbia avuto una vita intensa e varia si riconoscerebbe più o meno in Marcello Terzi.
Ciò non banalizza affatto la composizione, anzi: l’abilità di Borni nello scrivere in maniera coinvolgente e fluida fa sì che il volume esiga e debba esser letto tutto d'un fiato. Se si vuole interrompere la lettura, occorre farlo dove l'autore stesso lo consiglia, con improvvisi cambi di scenario, peraltro ben strutturati.
La “trama” - a tratti sembra proprio di leggere la sceneggiatura di un film - è avvincente perché è un mix di descrizioni delle azioni e reazioni di un eroe d’altri tempi, ma anche di un “Uomo Qualunque” - quello pensato da Guglielmo Giannini, per intenderci - con le sue incertezze, debolezze e fragilità e con la dignità di “Un borghese piccolo piccolo”, la trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Vincenzo Cerami, prodotta per la regia di Mario Monicelli ed interpretata da Alberto Sordi.
La figura di Marcello Terzi oscilla come il Pendolo di Foucault: non passa mai esattamente per il centro e ha comportamenti diversi - se non opposti - a seconda delle latitudini: padre e marito affettuoso e protettivo, seppur scatenato sciupafemmine, per poi tornare inguaribile romantico e paladino di una “giustizia giusta” nonostante – e malgrado - i trascorsi non proprio cristallini.
Insomma, un personaggio in prima battuta enigmatico, sempre in bilico tra coerenza ed incoerenza che merita di essere conosciuto più a fondo, perché da lui possiamo imparare molto: possiamo capire che cosa fare in futuro e, forse, soprattutto, che cosa non fare…

Carlo Pompei 


Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena nato, non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura, illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.


http://rizzoli.rcslibri.corriere.it/


Il libro della settimana: Giulio Tremonti, Uscita di sicurezza, RCS Milano 2012, pp. 260, euro 12,00 -     (recensione di Teodoro Klitsche de la Grange). 


A chi scrive piace sottolineare di questo libro di Tremonti, in primo luogo la tesi che la crisi internazionale ha effetti (sicuramente) e natura (in parte) politica; cosa sostenuta da pochi, tra cui il qui recensore. Scrive infatti l’autore: «Una volta il pronunciamiento lo facevano i militari. Occupavano la radio-tv, imponevano il coprifuoco di notte eccetera. Oggi, in versione postmoderna, lo si fa con l’argomento della tenuta sistemica dell’euro, con il connesso capo d’accusa spiccabile contro un Paese di fare fallire per sua specifica colpa l’intero eurosistema, come se questo da solo e per suo conto fosse invece davvero stabile(!); lo si fa condizionando e commissariando governi e parlamenti; sperimentando la cosiddetta nuova governance europea ‘rafforzata’. Ed è la finanza a farlo, il pronunciamiento, imponendo il proprio governo, fatto quasi sempre da gente con la sua stessa uniforme, da tecnocrati apostoli cultori delle loro utopie, convinti ancora del dogma monetarista; ingegneri applicati all’economia, come era nel Politburo prima del crollo; replicanti totalitaristi alla Saint-Simon».
È chiaro che l’ex ministro si riferisce alla vicenda dell’intronizzazione di Monti, senza affrontare i connessi problemi – politici - di iniziativa, interessi e risultati (il pagamento del “tributo” per lo spread con l’aumento delle imposte): ma comunque la prospettiva è (almeno in parte) la medesima.
Nella stessa logica, Tremonti critica l’euro; questa moneta è nata in un “«vuoto di potere», con una banca centrale a poteri limitati e, soprattutto, senza un’istituzione politica alle spalle; onde è una moneta politicamente neutrale, debole di fronte ad attacchi esterni, a dispetto della potenza economica degli Stati dell’Unione. Mentre, in tale situazione «nessuno o pochi ancora si rivolgono al vero colpevole, e cioè la finanza».
La politica può uscire da questo stallo, da questa fase di colpevole abulia e complicità, e rimettersi al servizio dei popoli, solo se ha la forza di cominciare con una prima mossa concreta e decisiva, la forza di mettersi sopra la finanza”.
È necessario non dimenticare che prima delle riforme volte a realizzare il capitalismo assistenziale, “messe in opera” nella prima metà del secolo scorso, basate sui due capisaldi dell’aumento delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e della spesa sociale, lo scopo di evitare le crisi ricorrenti e di cambiare la politica, era stato già visto – decenni prima – da alcuni economisti. Scriveva J. A. Hobson, criticando l’imperialismo, causato dalla (troppo) diseguale distribuzione dei redditi e dall’eccesso di risparmio (inutilizzato). «L’imperialismo è il frutto di questa situazione; le “riforme sociali” sono il rimedio. Lo scopo principale delle “riforme sociali”, se si usa il termine nel suo significato economico, è quello di elevare il livello dei consumi pubblici e privati di una nazione, in modo da permettere ad essa di raggiungere i suoi più alti livelli di produzione».
Ora quel modello economico - sociale che ha dominato per quasi un secolo è finito. Occorre ripensarlo daccapo, e non pare che le linee siano state anticipate, come successo invece un secolo fa.
Tremonti propone due soluzioni: la riorganizzazione delle istituzioni europee, e il recupero delle leggi bancarie degli anni ’30, «sul tipo della legge Glass-Steagall del 1933, scritte per dividere l’economia produttiva dall’economia speculativa»; nuove regole per la finanza e la possibilità d’emissione degli eurobond. Il tutto al fine di rimuovere alla radice la causa della crisi, lo strapotere della finanza. Tornando così al primato della politica: per tempi in cui va di moda l’antipolitica, una posizione originale.

Teodoro Klitsche de la Grange


Avvocato, giurista, direttore del trimestrale di cultura politica“Behemoth" ( http://www.behemoth.it/  ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009).



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